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RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE

Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le Nazioni

Pandemia e inflazione acuiscono le disparità all’interno del Paese: dal 2019 al 2021 è peggiorato l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile e permangono elevate differenze territoriali e di genere. Anche nel resto del mondo si amplia il divario tra ricchi e poveri: il 10% di popolazione più abbiente possiede il 76% della ricchezza globale.

Notizie

Vivere in un Paese ricco non è sinonimo di equità nell’istruzione

Nell’ultimo Report Card dell’Unicef, su 38 Paesi ricchi, l’Italia si piazza 13esima per uguaglianza nella scuola secondaria. I bambini dei Paesi meno ricchi registrano spesso performance scolastiche migliori. 7/11/2018

“Vivere in un Paese ricco non garantisce l’accesso equo a un’istruzione di qualità”. È quanto sostiene il nuovo “Report Card 15”, l’ultimo studio sviluppato dal Centro Ricerca Innocenti dell’Unicef, che prende il nome dallo Spedale degli Innocenti di Firenze, dove ha sede questa struttura. A differenza di quello che si pensa, il livello di ricchezza di una nazione non si traduce necessariamente in uguaglianza all’interno del settore scolastico.

Inoltre, i bambini che vivono nei Paesi meno ricchi, nonostante l’ampio divario esistente tra le risorse nazionali, spesso evidenziano rendimenti scolastici migliori, come dimostra pure lo studio condotto dall’Ocse sulle disuguaglianze a scuola, che mette a confronto 41 Paesi tra i membri dell’Unione Europea e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

Secondo l’Unicef, il tasso più alto di iscrizione prescolare (dato dai bambini che frequentano istituti per l’apprendimento almeno un anno prima dell’età ufficiale dell’inizio della scuola primaria) viene registrato da Lituania, Islanda e Francia. Turchia, Stati Uniti e Romania mostrano invece il tasso più basso.

Per quanto riguarda l’equità tra bambini nella capacità di lettura ai tempi della scuola primaria, ambito dove si comportano male Malta, Israele e Nuova Zelanda, sono Paesi Bassi, Lituania e Finlandia le nazioni con le performance migliori.

Lituania, Irlanda e Spagna garantiscono invece maggiore equilibrio per quanto riguarda la capacità di lettura dei 15enni (definita dall’Ocse la “capacità di lettura che permetterà loro di partecipare concretamente e produttivamente alla vita”), mentre Malta, Bulgaria e Israele presentano le maggiori disuguaglianze.

“Su 38 paesi ricchi l’Italia è 13esima per più alto livello di uguaglianza nella scuola secondaria, è 15esima su 41 per tasso di accesso all’istruzione prescolastica e al sesto posto su 29 per migliori capacità di lettura nella scuola primaria”, ha dichiarato Francesco Samengo, presidente dell’Unicef Italia, che ricorda l’impegno preso “pochi giorni fa, attraverso un Protocollo d’intesa insieme al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per promuovere azioni sinergiche e per diffondere la cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nelle scuole”.

In generale, l’equità non è garantita sempre allo stesso modo dal singolo Paese ma varia in base al tipo di scuola. C’è infatti chi fa meglio nella scuola prescolastica e chi in quella secondaria.

Irlanda e Slovenia, ad esempio, si trovano nella fascia definita a “elevata disuguaglianza” per il tasso d’iscrizione alla scuola prescolastica, poi passano alla fascia intermedia per la scuola primaria, e successivamente a quella a “bassa disuguaglianza” per la scuola secondaria. La Francia, invece, pur garantendo uno dei tassi più alti di iscrizione alla scuola materna, possiede elevate disuguaglianze tra i ragazzi che frequentano la scuola secondaria.

Il Rapporto esamina pure le relazioni presenti tra percorso scolastico e fattori esterni capaci di incidere sul futuro dei ragazzi. Fattori come livello occupazionale dei genitori, background migratorio, genere e caratteristiche dell’istituto di appartenenza.

A parità di tutte le altre condizioni, ad esempio, i ragazzi di 15 anni i cui genitori svolgono un lavoro qualificato hanno molte più probabilità di proseguire gli studi superiori rispetto a quelli con genitori che svolgono lavori di basso profilo.

Anche il fenomeno migratorio incide sulle prestazioni: i quindicenni immigrati di prima generazione tendono ad avere risultati inferiori rispetto ai non immigrati, e i bambini immigrati di seconda generazione tendono a conseguire risultati inferiori rispetto a quelli non immigrati. Fatto registrato quasi ovunque ad eccezione di Australia e Canada, a dimostrazione di quanto possano incidere le diverse politiche messe in campo in questo delicato settore.

Importante, poi, il peso legato alla differenza di genere: “all’età di 15 anni, In Irlanda le ragazze hanno una capacità di rendimento nella lettura superiore del 2% rispetto ai ragazzi, in Bulgaria questo divario supera addirittura l’11%”, si legge nel documento.

Lo studio, infine, suggerisce ai Paesi alcune misure volte a “garantire a tutti i bambini un’equa opportunità di inizio, fondamentale per raggiungere uguaglianza e sostenibilità”. Tra le raccomandazioni troviamo: garantire istruzione e cure di alta qualità nella prima infanzia a tutti i bambini; assicurare che tutti i bambini raggiungano un livello minimo adeguato di competenza di base; ridurre l’impatto delle disuguaglianze socio economiche; colmare i divari di genere nel raggiungimento degli obiettivi; produrre dati di alta qualità, comparabili e transnazionali che includano studi longitudinali per colmare le lacune facendo attenzione al dato sul divario dell’uguaglianza e non solo al dato statistico della media.

 

di Ivan Manzo

 

mercoledì 7 novembre 2018

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