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RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE

Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le Nazioni

Pandemia e inflazione acuiscono le disparità all’interno del Paese: dal 2019 al 2021 è peggiorato l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile e permangono elevate differenze territoriali e di genere. Anche nel resto del mondo si amplia il divario tra ricchi e poveri: il 10% di popolazione più abbiente possiede il 76% della ricchezza globale.

Notizie

L'Italia e il Goal 10: ancora profonde le diseguaglianze territoriali

Mezzogiorno lontano dalla media italiana per disuguaglianza di reddito e rischio di povertà. L’ASviS propone una riforma fiscale che riequilibri il carico delle imposte e la definizione di politiche di sviluppo rivolte ai luoghi.[VIDEO] 18/10/2019

Il Goal 10 (Ridurre le disuguaglianze) in sintesi

Le forti diseguaglianze che interessano il nostro Paese riguardano molteplici dimensioni della vita umana, dice il Rapporto ASviS: economiche, anzitutto, e sociali, che si manifestano nell’accesso iniquo ai servizi fondamentali e alla ricchezza comune (ambiente, paesaggio, risorse naturali e conoscenza). La situazione dell’Italia relativamente al Goal 10, dopo un periodo altalenante, a partire dal 2015 migliora grazie alla ripresa del tasso di variazione del reddito familiare pro capite per il 40% più povero della popolazione e a quello per il totale della popolazione. Aumenta invece il rischio di povertà e permangono elevate le diseguaglianze territoriali e il divario di genere. In particolare, si segnala una considerevole distanza del Mezzogiorno dalla media italiana, soprattutto per quel che riguarda l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile e il rischio di povertà. 

Sul piano legislativo, non emerge una visione organica e programmatica del contrasto alle diseguaglianze. La lotta alle diseguaglianze è presente principalmente in relazione al “Reddito di cittadinanza”, ma il contrasto alla povertà sembra connesso principalmente al reddito del lavoro, e non anche alle differenti opportunità di formazione.  

Secondo il Rapporto, è necessario attuare una riforma fiscale che riequilibri il carico delle imposte, incoraggiare politiche che favoriscano l’accesso delle persone con competenze imprenditoriali al governo delle imprese, consolidare la responsabilità nazionale nel raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni, promuovere politiche di sviluppo nelle aree fragili del Paese e nelle periferie, orientare gli strumenti per la sostenibilità ambientale a favore dei ceti deboli, riqualificare il patrimonio edilizio e degli spazi pubblici, rafforzare i diritti di accesso per tutti i ceti sociali e investire nella pubblica amministrazione. 

Guarda la video intervista a Fabrizio Barca, Coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 10


L'indicatore composito per l'Italia 

L’indicatore, dopo un lungo periodo altalenante, a partire dal 2015 migliora grazie alla ripresa del tasso di variazione del reddito familiare pro capite per il 40% più povero della popolazione e a quello per il totale della popolazione. Nel 2017, l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile risulta in aumento rispetto al 2010 ed è più elevato di quello medio europeo. Si evidenzia, infine, un peggioramento continuo per l’indicatore relativo al rischio di povertà.

Le regioni italiane e il Goal 10

L’indicatore composito elaborato dall’ASviS per il Goal 10 registra tra il 2010 e il 2017 un andamento positivo per tutte le regioni italiane. In linea generale la situazione appare migliore nel Nord e Centro Italia, rispetto al Mezzogiorno che segnala una considerevole distanza dalla media italiana. Questo divario risulta particolarmente evidente se si analizza l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile che nel 2016 si attesta ai valori 4,9 per il Nord, 5,4 per il Centro e 6,7 per il Mezzogiorno. L’Umbria e le Province autonome di Trento e Bolzano registrano nel 2017 i valori migliori. L’Umbria presenta valori particolarmente positivi per il tasso di variazione del reddito familiare pro-capite per il 40% più povero della popolazione (16% nel 2016 rispetto al 5% dell’Italia) e per l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile (pari a quattro nel 2016 rispetto a sei della media nazionale). Trento e Bolzano, si caratterizzano per i livelli relativi al reddito medio disponibile pro-capite, tra i più alti in Italia, e al rischio di povertà che nel 2017 si attesta al 6% a Bolzano e 12,6% a Trento, rispetto al 20,3% della media nazionale. Nonostante il netto miglioramento rispetto al 2010, la Sicilia, la Calabria e la Campania segnalano una profonda distanza dalla media italiana, dovuta sia ai livelli dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile, pari a 6,9 in Sicilia, 7,2 in Calabria e 7,3 in Campania, sia al rischio di povertà, pari al 41% in Sicilia, 36% in Calabria e 34% in Campania.

Il resoconto degli ultimi 12 mesi

Nel nostro Paese cresce la concentrazione della ricchezza privata: nel 1995, il 10% più ricco della popolazione italiana (circa 5 milioni di adulti) concentrava nelle proprie mani poco meno della metà della ricchezza netta del Paese. Nel 2016 questa quota superava il 60%. Eppure, l’evoluzione della legislazione relativamente al Goal 10 presenta una serie di provvedimenti dai quali non emerge una visione organica e programmatica del contrasto alle diseguaglianze. Nella Legge di Bilancio 2019 la lotta alle diseguaglianze è presente principalmente in relazione al “Reddito di cittadinanza”, ma il contrasto alla povertà appare connesso esclusivamente al reddito da lavoro, mentre nell’Agenda 2030 la lotta alle disuguaglianze non è limitata alla sola assenza di lavoro, ma riguarda le differenti capacità e risorse di capitale cognitivo, di formazione e di opportunità.

Tra i provvedimenti relativi all’accesso e alla qualità dei servizi essenziali, nella Legge di Bilancio 2019 il Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione (da 0 a 6 anni) è aumentato di 10 milioni di euro annui, a decorrere dal 2019. Un contributo di 400 milioni di euro è assegnato ai Comuni per favorire gli investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio culturale. In ambito sanitario, è prevista una spesa di 150 milioni di euro per il 2019 e 100 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, per implementare e ammodernare le infrastrutture tecnologiche relative ai sistemi di prenotazione elettronica al fine di ridurre le liste d’attesa delle prestazioni sanitarie. 

Il Fondo per le politiche della famiglia istituito dalla Legge di Bilancio finanzia interventi di sostegno alla natalità, alla maternità e alla paternità, alla tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, con particolare riferimento alle situazioni di vulnerabilità socioeconomica. Sono prorogati e rifinanziati per il triennio 2019-21 il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e il credito d’imposta concesso alle fondazioni di origine bancaria per i versamenti al predetto Fondo, riducendone l’entità dal 75% al 65% degli importi versati e abbassando il relativo limite di spesa da 100 a 55 milioni di euro annui. A decorrere dal 2019 è incrementato di 30 milioni il Fondo per le politiche giovanili, per promuovere la formazione culturale e professionale e l’inserimento nella vita sociale. 

Per le persone con disabilità sono previsti provvedimenti ampi e strutturati che riguardano il finanziamento di strutture e fondi. 

Il combinato disposto tra “Decreto Sicurezza” e Legge di Bilancio rischia di provocare lo smantellamento delle esperienze di accoglienza diffusa e di integrazione dei migranti (insegnamento della lingua italiana, formazione professionale, attività di volontariato, ecc.), la perdita di posti di lavoro, specialmente quelli più qualificati, per il sistema dell’accoglienza e dell’integrazione, e di favorire la concentrazione dei migranti in grandi centri adibiti alla mera assistenza e fornitura di vitto e alloggio. Infatti, viene demandato al Ministero dell’Interno di provvedere sia alla razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l’immigrazione (tenuto conto della contrazione del fenomeno migratorio), sia alla riduzione del costo giornaliero di accoglienza dei migranti.

Tra i principali interventi fiscali relativamente alle politiche redistributive, una delle maggiori novità della Legge di Bilancio 2019 è nell’estensione del regime forfettario - la cosiddetta Flat Tax per le partite Iva. La normativa prevede per i lavoratori autonomi che fatturano fino a un massimo di 65mila euro la possibilità di accedere al regime forfettario introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 (15% dell’imponibile, sostitutivo di Irpef e addizionali). Questo trattamento fiscale di favore crea iniquità: a parità di reddito, gran parte degli autonomi pagherà una minore imposta, rispetto ai dipendenti che rimangono interamente soggetti all’Irpef progressiva. Inoltre, la misura potrebbe anche avvantaggiare i contribuenti più ricchi (i limiti da rispettare per rientrare nel regime forfettario o sostitutivo sono relativi all’anno precedente quello a cui si riferisce il reddito dichiarato), registrando i ricavi ad anni alterni.

Le proposte dell’ASviS

Occorre disegnare una riforma fiscale complessiva che riequilibri il carico delle imposte fra i diversi ceti sociali e rafforzi la progressività effettiva del sistema fiscale nel suo complesso (come indicato dall’art. 53 della Costituzione), tenendo conto degli effetti redistributivi dell’attuale sistema di esenzioni, deduzioni familiari, detrazioni e regimi speciali. È inoltre necessaria una più efficace azione di accertamento della ricchezza sommersa.

Vanno incoraggiate politiche che favoriscano l’accesso delle persone con competenze imprenditoriali al governo delle imprese, nonché un maggiore coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni strategiche, promuovendo la sperimentazione dei Consigli del Lavoro e di Cittadinanza per riunificare la filiera del lavoro e realizzare un confronto fra interessi dell’impresa e del territorio. Vanno valutati e rafforzati gli strumenti di sostegno pubblico a favore di quei lavoratori o dirigenti che intendono rilevare la propria azienda in crisi, affrontare il ricambio generazionale di un’impresa familiare o rilanciare un’azienda sottratta alla criminalità organizzata, spesso usando la forma cooperativa.

Nell’accesso ai servizi fondamentali è indispensabile consolidare la responsabilità nazionale nel conseguimento dei livelli essenziali delle prestazioni, a cominciare da istruzione e salute, dove assai forte rimane l’influenza delle condizioni familiari e territoriali sulla capacità di accedere a servizi di qualità.

È necessario disegnare e attuare nelle aree fragili del Paese e nelle periferie politiche di sviluppo rivolte ai luoghi che traggano indirizzi e lezioni di metodo dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne.

È importante orientare gli strumenti per la sostenibilità ambientale a favore dei ceti deboli che vivono nelle aree fragili e nei territori più inquinati, anche attraverso sistemi di tariffazione dei servizi essenziali (energia, acqua, ecc.) che tengano conto della condizione sociale degli utenti e una rimodulazione dell’ecobonus per interventi di efficienza energetica e antisismici in modo da favorire l’accesso alle famiglie incapienti.

Occorre una forte azione di intervento a favore della riqualificazione del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici e il rafforzamento dei diritti di accesso per tutti i ceti sociali. Infine, ma non meno importante, occorre un forte investimento nella pubblica amministrazione, sempre più sottodotata in termini di risorse umane (al centro e nei territori), cogliendo l’opportunità storica del rinnovamento di circa mezzo milione di dipendenti pubblici, investendo in un continuo aggiornamento formativo e nell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche, con meccanismi incentivanti basati su competenze e professionalità, nella trasparenza dei processi amministrativi, per promuovere decisioni discrezionali e monitorate dai cittadini.


Leggi l’Analisi del Goal 10 nel Rapporto ASviS 2019 e le proposte dell’Alleanza su Povertà e disuguaglianze

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venerdì 18 ottobre 2019

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