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Italia superpotenza nell’economia circolare: 100 storie di qualità e innovazione

Dalle calzature al tessile, dai computer agli arredi, ecco le aziende made in Italy che puntano su sostenibilità e innovazione in chiave di riciclo. Fondazione Symbola ed Enel le hanno raccolte in uno studio. 30/12/2021

“L’Italia può dare un contributo importante alla sfida alla crisi climatica in tanti settori, il recupero di materia nei cicli produttivi permette un risparmio pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno e circa 63 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti”. Con questa parole Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, introduce il rapporto “100 Italian circular economy stories 2021”,  realizzato da Fondazione Symbola ed Enel, in collaborazione con l’Istituto Sant’Anna di Pisa. Un documento che racchiude una piccola parte dei numerosi esempi virtuosi di economia circolare realizzati nel nostro Paese, capaci di mettere in luce le potenzialità di sviluppo e offrire spunti di riflessione per future nuove occasioni di crescita.

Numeri da record. L’Italia, rispetto alla media dei Paesi dell’Unione europea, ha il doppio della percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti, il 79,4% a fronte del 49%. Questa componente di rifiuti riciclati, sommata ai materiali derivanti dal recupero interno delle industrie e a quelli importati, permette all’industria italiana di raggiunge un tasso di circolarità, inteso come rapporto tra materie seconde da riciclo e totale delle materie - prime e seconde - impiegate, pari a circa il 50%. Con 270,5 tonnellate di materiali utilizzati per milione di euro prodotto, dato relativo al 2019 e molto inferiore rispetto a quello della Germania (333,9), siamo il Paese più efficiente tra i grandi dell’Unione europea nel consumo di materia.


“La carenza di materie prime ci ha spinto ad utilizzare quella fonte di energia rinnovabile e non inquinante che è l’intelligenza umana”, ha osservato Realacci. La ricerca ha interessato diversi settori di attività, selezionati rispetto al contesto economico nazionale. Per garantire una selezione organizzata e ordinata, il criterio di analisi adottato si basa su quelli che la letteratura di settore considera i cinque principali modelli di business dell’economia circolare, che fungono da “pilastri”:

I.  input circolari: modello di produzione e utilizzo basato su input rinnovabili o da precedenti cicli di vita (riuso e riciclo);

II. estensione della vita utile: approccio alla progettazione e alla gestione di un asset o di un prodotto, volto ad estenderne la sua vita utile (ad esempio attraverso progettazione modulare, riparabilità facilitata, manutenzione predittiva);

III. prodotto come servizio: modello di business in cui il cliente acquista un servizio per un tempo limitato, mentre l'azienda mantiene la proprietà del prodotto, massimizzando il fattore di utilizzo e la vita utile;

IV. piattaforme di condivisione: sistemi di gestione comune tra più utilizzatori di prodotti, beni o competenze;

V. nuovi cicli di vita: ogni soluzione finalizzata a preservare il valore di un bene al termine di un ciclo di vita grazie a riuso, rigenerazione, upcycling o riciclo, in sinergia con gli altri pilastri.

Best practices. Tra le aziende virtuose, Acbc, acronimo di Anything can be changed (tutto si può cambiare) è stata la prima azienda italiana di calzature certificata B-corp. Le sue calzature sono realizzate con materiali riciclati, bio-based, animal-free e dal basso impatto ambientale. Per le sue calzature Acbc utilizza materiali come poliestere riciclato da bottiglie in plastica, oppure scarti della produzione delle mele del Tirolo. Da un mix tra scarti di produzione delle proprie lavorazioni e colla a base di acqua, invece, l’azienda ottiene una schiuma espansa per realizzare suole e tomaie grazie alla quale riesce a chiudere il cerchio nel processo di produzione e raggiungere l’obiettivo zero waste.

Nel tessile, un esempio virtuoso è rappresentato da Aquafil, leader nella produzione di fibre sintetiche. In particolare Aquafil, con il filo Econyl, riesce a ottenere un nylon con le stesse qualità di quello da fonte fossile riciclando tappeti dismessi, reti da pesca in disuso, sfridi di tessuto. Per alimentare l’impianto di riciclo con solo materiale contenente nylon, è stata sviluppata una tecnologia che, ad esempio, permette all’azienda di separare nelle reti da acquacoltura il nylon 6 dall’ossido di rame presente nell’antivegetativo, consentendo di alimentare l’impianto con la parte di nylon in esse contenuto, riuscendo a recuperare il rame, che può essere così rivenduto. Un caso di processo circolare, dove ogni componente della rete da pesca trova una destinazione industriale e non finisce in discarica.

Arper è un’azienda di arredi a conduzione famigliare che nel giro di pochi anni ha avuto una crescita esponenziale, diventando uno dei più noti marchi di design italiano a livello internazionale. Nel 2005 si è dotata di un dipartimento ambientale, con l’obiettivo di veicolare i princìpi di circolarità e sostenibilità attraverso il design. L’ecoprogettazione è alla base dei prodotti Arper: tutti i materiali sono uniti tra loro riducendo al minimo l’uso di colle per permettere una facile sostituzione dei componenti, allungando la vita del prodotto o agevolandone il disassemblaggio per un corretto smaltimento a fine vita. Tra i suoi prodotti c’è Kata, una sedia lounge in legno massello (certificato Fsc) e filato di poliestere ricavato da plastica riciclata. Per produrre un chilo di filato viene utilizzato circa un chilo di rifiuti (circa 48 bottigliette in plastica). La fibra riciclata, utilizzata per il rivestimento della sedia, è prodotta tramite stampa 3D, tecnologia che riduce al minimo gli scarti di materiale. Il sedile della sedia Mixu è in polipropilene riciclato da scarti post-industriali, mentre la sua base in acciaio contiene fino al 70% di materiale riciclato.

Il Banco informatico tecnologico e biomedico (BITeB) di Milano è nato allo scopo di recuperare computer e stampanti in via di dismissione da parte di privati o aziende, per ricondizionarli e consegnarli perfettamente funzionanti a famiglie in difficoltà o associazioni. Un circuito virtuoso che intercetta ciò che viene dismesso e considerato rifiuto prima che venga smaltito, in questo caso un rifiuto speciale, valorizzandolo nel pieno della sua vita utile. Nel 2020, con gli studenti impegnati nella didattica a distanza e i detenuti impossibilitati a ricevere visite, il BITeB ha donato più di mille computer a scuole, famiglie in difficoltà e carceri, dopo che ne era stata verificata la funzionalità e curato il ripristino da parte degli informatici volontari del Banco.

La startup marchigiana Edilmag ha realizzato un’applicazione gratuita, grazie alla quale le aziende del settore delle costruzioni possono condividere in rete il proprio magazzino. L’idea di una gestione smart del magazzino attraverso la prima piattaforma italiana di sharing economy per l’edilizia è stata sviluppata da un giovane team di ingegneri, sviluppatori e grafici: qualunque azienda di costruzioni può mettere in rete l’inutilizzato (merce avanzata, macchinari, scarti di lavorazione) e caricarlo sul proprio inventario online. Si entra così a far parte di una rete di imprese edili sparse in tutta Italia (570mila piccole e medie imprese), in cui ognuna mette a disposizione delle altre ciò che non le serve. In questo modo, l’inutilizzato diventa un guadagno per chi condivide e una risorsa a basso costo per le altre imprese.

 

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di Tommaso Tautonico

giovedì 30 dicembre 2021

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