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La sostenibilità secondo gli italiani: il sondaggio di Astarea e Plef

La paura diffusa per il danno ambientale domina l’approccio comune alla sostenibilità, secondo la ricerca. La popolazione si aspetta dalle imprese rassicurazione con mission e vision aziendali trasparenti e azioni verificabili.   12/7/22

“Che cosa gli italiani intendono per sostenibilità: di che cosa si parla, che cosa si dovrebbe fare, dove si vorrebbe arrivare? Quali informazioni chiedono affinché le imprese siano credibili? Su quali canali di comunicazione desiderano riceverle?”. 

È con questi interrogativi che apre il comunicato stampa sull’indagine quali-quantitativa “La sostenibilità nelle parole degli italiani”, svolta e presentata da Astarea il 23 giugno in collaborazione con Plef – Planet life economy foundation, che ha risposto ai quesiti raccogliendo e analizzando la percezione comune del concetto di sostenibilità su un campione di 1.000 casi rappresentativi della popolazione italiana 18-64 anni, cui è stato proposto un questionario con domande aperte.

“Se cito l’espressione “Sostenibilità”, può dirmi come la definirebbe nel modo più completo possibile?”. Le risposte sono state analizzate applicando un modello di tipo linguistico, che ha organizzato i contenuti attraverso tre ruoli sintattici: i temi in gioco, le azioni da intraprendere, i fini da raggiungere. L’obiettivo era quello di raccogliere informazioni utili alle imprese per orientare meglio la comunicazione sul loro impegno nella sostenibilità.


Valentina Rizzoli, psicologa sociale all'Università La Sapienza


I temi in gioco. Le risposte alla domanda hanno rilevato, secondo Astarea e Plef, una “diffusa incompetenza sull’argomento”: tra non rispondenti, definizioni incomprensibili, non pertinenti o chiaramente “rubate” da internet, si raggiunge il 30%. L’ambiente è la tematica a cui viene associato il concetto di sostenibilità dal 26% dei rispondenti. L’approccio è dominato dal senso di degrado determinato dall’attività umana, più che da un atteggiamento proattivo verso soluzioni. Il concetto di risorse (11%) entra in gioco per auspicare una riduzione del loro uso, mentre si parla di un modello di sviluppo per un utilizzo più intelligente solo quando si introduce una visione più olistica, a livello di sistema (10%). Il tema della produzione (9%) è associato alla riduzione del danno e alla sostenibilità sociale; quello del consumo (7%) a prodotti specifici o a uno stile di vita. Il 6% parla di pianeta, soprattutto per mitizzarne la salvezza.

Le azioni da intraprendere. Se invitati a riflettere sulle azioni da intraprendere, il 29% degli intervistati si orienta su attività votate al decremento delle negatività, per limitare il danno, raggruppate sotto il concetto di controllo. Il 26% ritiene invece che per fare sostenibilità sia necessario ripensare, con strategie inedite e più razionali, il nostro modo di approcciare il mondo. L’azione del rispetto (16%) è legata ad un’esigenza cautelativa di mantenimento, mentre quella della cura (11%) sottende un atteggiamento quasi affettivo nei confronti delle attuali e possibili situazioni di sofferenza-disagio. I rispondenti suggeriscono l’azione del processare (10%) per introdurre le questioni del riciclo, riuso, ricostruzione e quella del ridurre (8%) intesa come modalità del fare basata sul decremento dell’utilizzo e del dispendio.

I fini da raggiungere. L’obiettivo prioritario, per gli intervistati, è la protezione, che significa una richiesta di rassicurazione per l’ambiente, le persone, i lavoratori, i Paesi e anche gli animali (34%). Il 23% si dichiara preoccupato per le generazioni future e desideroso di garantire loro le stesse condizioni di vita attuali, mentre una buona parte degli intervistati auspica un’esistenza dell’uomo sulla terra in condizioni di equilibrio (22%) e benessere (15%). Sono in pochi a pensare di dover promuovere (6%) una riqualificazione delle prassi, dei prodotti e del contesto di vita. 

 

Le informazioni chieste alle imprese. “Quali informazioni vorrebbe ricevere da parte delle imprese su questo argomento per considerarle credibili e interessanti?

Dalle risposte degli intervistati emerge una sostanziale e diffusa richiesta di rassicurazione, che si esprime nella domanda di argomentazioni credibili (11%), dati reali e pertinenti, concretezza, trasparenza, documentazioni corredate da video e foto, comprese certificazioni, bilanci e rapporti di sostenibilità.

Il 7% esprime l’esigenza di comprendere meglio le intenzioni aziendali sulla sostenibilità, chiedendo di chiarire quale siano la vision e la mission, alla base delle azioni specifiche. In questo contesto alcuni si appellano esplicitamente ai valori della comunicazione come verità, chiarezza, trasparenza e “andare al sodo” (3%).


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Solo l’1% diffida totalmente della possibilità di ricevere informazioni credibili (1%).

Quanto alla richiesta di informazioni specifiche sulle attività aziendali, l’interesse della popolazione si concentra sui processi produttivi (17%): filiera, sicurezza, ingredienti utilizzati, modalità di lavorazione delle materie, riduzione di plastica e carta, nonché origine delle materie prime, dei materiali, dei prodotti che entrano nei processi (7%). 

Il 6% della popolazione mostra interesse anche per le informazioni di carattere sociale (6%): rispetto per i dipendenti, perseguimento delle normative vigenti, benessere animale, e in forma minoritaria per le attività di esternalità positiva (Csr).

Sull’ambiente si focalizza il 9% degli intervistati: chiedono informazioni sulla compatibilità ambientale delle attività, sulle emissioni di C02 e sull’impatto complessivo generato dall’impresa.

 I canali di informazione desiderati. “Dove vorrebbe trovare queste informazioni?”

In base alle risposte emerge che oltre la metà delle informazioni dovrebbe provenire dall’impresa stessa: il 31% vorrebbe vederle su confezioni, etichette e imballaggi; il 17% sui siti web aziendali. Il 5% desidera ricevere email e newsletter informative, il 2% trovare queste informazioni su brochure, libretti esplicativi, il 3% integrata nella comunicazione commerciale. Il 10% si aspetta di trovare queste informazioni disponibili sul web e altrettante presso i punti vendita, soprattutto con cartellini e/o espositori nella distribuzione moderna. I media tradizionali e i canali televisivi sembrano essere considerati meno adatti a questo tipo di comunicazione (4%). 

 

Cosa dire e come dirlo. “Comunicare la sostenibilità delle imprese non è cosa facile, perché occorre integrare elementi diversi che esigono strumenti di analisi e generativi, quindi modelli specifici”, secondo la ricerca.

Dall’indagine emerge che a fronte di un approccio fortemente connesso a un racconto della sostenibilità focalizzato sui danni e minacce all'ambiente e al pianeta, le imprese sono chiamate a spiegare e incoraggiare il cambiamento di paradigma, oltre il contenimento dell'impatto, in una concezione sistemica della sostenibilità verso una possibilità di vita migliore e di benessere. Concetti che devono essere espressi non attraverso tecnicismi o argomenti ambigui, ma con argomenti diretti, esplicitando anche la trasparenza dell’impegno aziendale.

 

di Monica Sozzi

martedì 12 luglio 2022

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