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Rapporto sullo stato dell’energia in Ue
Settimana 25-31 ottobre. Stato dell’energia nell’Ue tra effetti del Covid-19 e prospettive della transizione energetica. Nuove regole dell’Unione per rafforzare la resilienza del sistema bancario e criteri di finanza sostenibile. 2/11/21
Stato dell’energia dell’Unione
Il 26 ottobre la Commissione ha presentato il rapporto annuale sullo stato dell’energia dell’Unione.
Pubblicato alla vigilia della Cop 26, dunque in un momento topico, il rapporto è accompagnato da ulteriori relazioni che approfondiscono l’analisi della situazione dell’Ue rispetto a:
- sussidi all’energia (fonti fossili e non fossili);
- progressi nelle azioni per il clima;
- progressi nella competitività delle tecnologie pulite;
- qualità dei carburanti;
- funzionamento del mercato del carbonio (sistema Ets).
I risultati del rapporto sono sintetizzati come segue.
- Nel 2020 le emissioni di gas serra si sono ridotte del 31% rispetto al 1990 e del 10% rispetto al 2019. Il risultato dell’ultimo anno è un evidente effetto dei lockdown e della crisi economica collegata al Covid-19. Considerando anche gli assorbimenti di gas serra dal suolo e dalla forestazione, la riduzione netta delle emissioni dal 1990 è del 34%.
- Nel 2020 le fonti rinnovabili nel mix elettrico per la prima volta diventano la prima fonte di energia in Ue (38% rinnovabili, 37% fonti fossili, 25% nucleare). Nella media è atteso che le rinnovabili al 2020 rappresentino il 22%, nonostante alcuni Stati membri non abbiano raggiunto i loro rispettivi target.
- La domanda di energia primaria si è ridotta dell’1,9% nel 2019 rispetto al 2018, mentre la domanda di energia finale dello 0,6% nello stesso periodo.
- La dipendenza energetica è comunque salita al 60,6% nel 2019 rispetto al 58,2% nel 2018 e al 56% nel 2000; il più alto livello negli ultimi trent’anni, dunque registrando un dato negativo.
- I sussidi ai combustibili fossili sono leggermente diminuiti nel 2020 a 52 miliardi di euro rispetto ai 56 miliardi di euro del 2019. Ciò è dovuto al calo dei consumi a causa delle restrizioni legate al Covid-19. Senza alcuna azione degli Stati membri, è probabile che i sussidi ai combustibili fossili riprendano con la ripresa dell'attività
- 9 Stati membri hanno dismesso il carbone, 13 hanno fissato un termine per la dismissione, 4 lo stanno valutando, e solo 1 non ha ancora cominciato a discutere alcuna ipotesi.
- Con la ripresa delle attività economiche i prezzi dell'energia elettrica all'ingrosso sono aumentati del 230% su base annua con un impatto più moderato sui prezzi al dettaglio fino a settembre 2021 (+11% media Ue). Ciò è stato in gran parte determinato dall'aumento dei prezzi del gas che ha avuto un effetto sul prezzo dell'elettricità nove volte maggiore dell'effetto dell'aumento del prezzo del carbonio osservato nello stesso periodo.
- La spesa pubblica in ricerca e innovazione in energie pulite risulta più bassa rispetto al 2010 (0,027% del Pil nel 2019). Tuttavia, con le misure di ripresa e resilienza dal Covid-19 è atteso un incremento.
- La povertà energetica colpisce 31 milioni di cittadini nell’Ue, con sensibili differenze tra Stati membri. Ciò sollecita l’adozione di politiche di protezione dei più vulnerabili nell’attuale fase di aumenti dei prezzi dell’energia e di giusta transizione nel processo di decarbonizzazione.
- I Piani nazionali di ripresa e resilienza stanziano almeno 177 miliardi di euro per investimenti relativi al clima, imprimendo un’accelerazione alle necessarie riforme a supporto della transizione energetica e climatica.
Il rapporto richiama in particolare le iniziative ultime intraprese a livello di Unione, dalla legge europea per il clima, al pacchetto attuativo “pronti per il 55%”, alle misure di risposta al rialzo dei prezzi dell’energia.
E non manca di ricordare i co-benefici della decarbonizzazione, quale la riduzione dell’inquinamento dell’aria che dagli ultimi dati disponibili al 2019 causa ancora 400mila morti premature in Ue, e come queste possono in particolare essere ridotte dal maggior impiego di energie rinnovabili non-combustibili quali il solare e l’eolico.
É attesa una maggior occupazione e crescita economica. Gli ultimi dati disponibili prima del Covid-19 mostrano che l’occupazione diretta nel settore delle energie pulite rappresenta 1,7 milioni di posti di lavoro nel 2018, con una crescita media del 2%, il doppio del resto dell’economia.
In particolare, è nel settore delle costruzioni e della ristrutturazione edilizia che la maggior parte del lavoro nella transizione energetica viene creato. Il calcolo è di 13-28 unità ogni milione di euro investito.
La stima annuale di investimenti extra necessari è di 390 miliardi di euro ogni anno rispetto al precedente decennio, generando un forte impulso alla crescita economica.
Lo stesso empowerment dei consumatori e l’incremento dei cosiddetti prosumer (produttori-consumatori), le comunità rinnovabili e le comunità energetiche che saranno promosse con la transizione energetica, proteggeranno meglio i cittadini dell’Ue dalle fluttuazioni dei prezzi dell’energia.
Tra gli aspetti critici la Commissione individua la necessità di affrontare le barriere non-finanziarie rappresentate dalla burocrazia amministrativa per l’installazione di fonti rinnovabili, contando sul fatto che entri efficacemente a regime quanto previsto dalla direttiva sulle rinnovabili del 2018, che stabilisce che le relative procedure siano gestite da un unico punto di contatto che guidi gli investitori nel processo amministrativo. Nel 2022 si prevede comunque l’adozione di una specifica guida agli Stati membri per agevolare permessi e procedure.
La Commissione indica inoltre gli ulteriori prossimi strumenti strategici, quali la revisione della direttiva sulla performance energetica degli edifici e l’iniziativa sulla decarbonizzazione del mercato del gas, l’idrogeno e il metano, previste entro il 2021.
Nel 2022 si programmano l’adozione di una strategia sull’energia solare e raccomandazioni specifiche sui Piani nazionali integrati energia e clima per la dismissione dei sussidi alle fonti fossili.
Nuove regole dell’Ue per rafforzare la resilienza del sistema bancario
Il 27 ottobre la Commissione ha adottato un pacchetto di revisione di regole delle attività bancarie perseguendo lo scopo di assicurare che le banche dell'Ue diventino più resilienti a potenziali shock economici futuri, contribuendo allo stesso tempo alla crescita dell’Europa ripresa dalla pandemia di Covid-19 e alla transizione verso la neutralità climatica.
Le nuove regole sono articolate in tre proposte:
- una proposta legislativa per modificare la direttiva sui requisiti patrimoniali (direttiva 2013/36/UE);
- una proposta legislativa per modificare il regolamento sui requisiti patrimoniali (regolamento (UE) 575/2013);
- una proposta legislativa distinta volta a modificare il regolamento sui requisiti patrimoniali nel settore della risoluzione (denominata proposta del "daisy chain" o "collegamento a catena”).
Il pacchetto implementa gli accordi internazionali di Basilea III, definiti a seguito della crisi finanziaria del 2007-2009, e il rafforzamento della resilienza del settore bancario ai rischi ambientali, sociali e di governance (cosiddetti fattori Esg) quale dimensione fondamentale della rinnovata strategia per la finanza sostenibile.
Le nuove regole prevedono l’effettuazione di regolari stress-test climatici per supervisori e banche; le banche avranno obblighi di rendicontare sul grado di esposizione ai rischi Esg.
Una più forte capacità e compiti di supervisione delle attività bancarie prevederanno anche una valutazione sul personale di alto livello per verificare che sia in possesso delle competenze e conoscenze necessarie per gestire una banca.
di Luigi Di Marco