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PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI SOLIDE

Promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l'accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli

Aumentano gli omicidi di attivisti per i diritti umani, giornalisti o sindacalisti: tra gennaio e ottobre 2018, in 41 Paesi ne sono stati uccisi 397. Peggiora sensibilmente la situazione italiana, dovuta soprattutto a un aumento del sovraffollamento delle carceri (114 detenuti per 100 posti disponibili nel 2017). A livello regionale, la maggior parte delle variazioni negative si registrano nel Nord e nel Centro Italia, mentre nel Sud questa tendenza è invertita.

Approfondimenti

Investire nell’economia di pace, con l’educazione, a beneficio di tutti

di Filippo Salone, coordinatore del Gruppo di lavoro sul Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide) dell'ASviS

In occasione della Giornata internazionale del multilateralismo e della diplomazia per la pace una riflessione sul rapporto tra investimenti “costruttivi” di bene comune e le spese militari, tratto dal Quaderno ASviS sull’Enciclica Fratelli Tutti e il Goal 16.

22 aprile 2022

In occasione della Giornata internazionale dell'Onu dedicata al multilateralismo e alla diplomazia per la pace, che si celebra oggi 24 aprile, di fronte ad uno scenario tragico e drammatico quale quello dell’irruzione della guerra in Europa, riteniamo importante dare linfa all’ispirazione visionaria che esattamente un anno ha portato l’ASviS a pubblicare il Quaderno dedicato alla lettura ragionata dell’Enciclica Papale Fratelli tutti, alla luce dell’Obiettivo 16 dell’Agenda Onu 2030.

L’iniziativa, nata su impulso della Fondazione Prioritalia, ente coordinatore del Gruppo di lavoro dell’ASviS sul Goal 16 (Pace, giustizia e Istituzioni solide), è stata realizzata grazie ai contributi di diversi aderenti che partecipano alle attività del Gruppo e di autorevoli esperti esterni che - ciascuno per la propria area di competenza - hanno analizzato un tema del testo papale mettendolo in relazione ai target e ai principi del Goal 16, volto a promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile.

Come emerso durante la presentazione nel giugno 2021, i primi capitoli del Quaderno esaminano i principali punti di convergenza tra l’Enciclica e i temi relativi al Goal 16 quali la centralità della pace e della democrazia come leve abilitanti per lo sviluppo sostenibile, l’importanza dei diritti, delle politiche di integrazione per dare sostanza alla convivenza pacifica tra popoli, la necessità di una governance solida e multilaterale che metta al centro il benessere diffuso tra i popoli sulla base di una società aperta e inclusiva.

Oggi che l’attualità ci pone davanti, anche in Europa, al dilemma etico del riarmo, assume una straordinaria rilevanza il terzo capitolo del Quaderno[1] che presenta un focus sulla “misurazione” della pace sia nella dimensione presente, attraverso il Global Peace Index (Gpi) 2020[2] , sia nella visione futura basata sul rapporto tra educazione e spese militari, ovvero sulla necessità di investire in attività produttive capaci di aumentare il capitale umano anziché di distruggerlo. Si tratta di una riflessione più profonda sulla natura multidimensionale della pace e della sua capacità di modificarsi nel tempo. In particolare, il Gpi pone una sfida alle classi dirigenti perché queste adottino strumenti idonei a comprendere l’insieme dei fattori che informano in maniera decisiva la vita delle nostre società.

Accanto alla misurazione corrente della “dotazione di pace” presente nei diversi Paesi, elaborata attraverso l’indice Gpi, c’è tuttavia la necessità di una misurazione prospettica, vale a dire di una misura che sia in grado di suggerirci quali strategie di policies adottare per garantire livelli futuri di pace. In particolare, lo studio riportato nel Quaderno[3] rileva una semantica della pace più orientata ad un parametro economico, un criterio abbastanza condivisibile se si ricorda che la maggior parte delle problematiche che gli Obiettivi di sviluppo sostenibile intendono affrontare sono in realtà sempre associate a uso della violenza e conflitti armati, vale a dire all’assenza di pace.

La pace, infatti, non è solamente uno scenario di assenza di conflitti ma è, dal punto di vista economico, uno scenario in cui le attività produttive eccedono in maniera sostanziale le attività improduttive e quelle distruttive. La pace è quindi definibile come quell’assetto istituzionale che favorisce il consolidarsi delle attività produttive nel lungo periodo, limitando nel contempo il peso delle attività improduttive, in particolare quelle distruttive.

In questa prospettiva, la pace è un bene pubblico globale poiché produce benefici per tutti al contrario delle produzioni militari che generano soprattutto benefici privati. Il primo investimento per costruire la pace, secondo tale modello, sarà pertanto quello che incrementerà le attività produttive a discapito delle attività improduttive e distruttive. Di conseguenza, gli investimenti in educazione sono largamente i più auspicabili in un’ottica di lungo termine, specialmente se si considera, sotto la lente della politica economica, il bilanciamento tra tale fattore di sviluppo e uno di declino, quale quello delle produzioni militari.

Utilizzando come indicatore il rapporto tra l’investimento in educazione e la spesa militare risulta evidente che l’incremento della politica di spesa improduttiva come quella militare va a discapito degli investimenti pubblici in educazione e futuro capitale umano, creando distorsioni e decrementi nell’accumulazione dello stesso.

Certo parlare oggi di riduzione di spese militari può essere percepito come navigare controcorrente. Vanno chiaramente considerate gli aspetti evolutivi di scenario e gli obblighi vigenti dei trattati; tuttavia, se si considera il rapporto tra l’investimento in educazione e la spesa militare è acclamato che dal risultato di questo rapporto si evidenzia il peso attribuito al benessere futuro rispetto alle pur legittime esigenze tattiche e di contenimento dei giorni nostri. In un dato momento zero il valore del rapporto tra l’investimento in educazione e spesa militare risulta associato a più elevati livelli di pace negli anni successivi e questo suggerisce che è possibile elaborare una politica per la pace a partire dalla politica economica.

D’altra parte, se si applicasse questo modello e questa interpretazione alle recenti scelte di programmazione economica e finanziaria in corso nei diversi Paesi, tra le quali molte democrazie europee, gli esiti non sarebbero confortanti. La questione delle spese militari permane nelle agende dei policy maker, considerando che dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina si è fatta largo una tendenza in Europa, e non solo, a espandere le strutture di difesa militare, e in un certo senso a riarmarsi, dando seguito a livello interno ad alcuni impegni negoziali sottoscritti in ambito Nato che prevedono un aumento delle spese militari fino al 2 per cento del pil.  Il raffronto con l’ambito educazione/istruzione non è intuitivo certo e non basta rilevare che la media della spesa sulla scuola in Ue è di circa il 4,7% del pil, per essere fiduciosi.

Di sicuro c’è che l’opinione pubblica, in particolare quella giovanile, è tendenzialmente contraria ai processi di riarmo. Chissà se non siano proprio i giovani, come accaduto per il fenomeno del riscaldamento globale, a orientare l’agenda dei governi verso un nuovo rilancio della diplomazia della pace, garantendo, per dirla con le parole del Pontefice, “l’infaticabile ricorso al negoziato”[4], vero cardine di duratura sostenibilità globale.

 

Del resto, cosa è la pace se non la forma più autentica ed integrale di diritto al futuro?

 

 

Filippo Salone

Coordinatore del Gruppo di lavoro sul Goal 16, ASviS

Responsabile delle relazioni istituzionali, Fondazione Prioritalia

 

 

[1] “Indice di comparazione e rilevazioni quantitative: il Global Peace Index 2020”, capitolo del 3 del Quaderno ASviS “Fratelli tutti alla luce dell’obiettivo 16 dell’agenda 2030 dell’Onu”.

[2] Institute for Economics and Peace di Sydney a partire dal 2008 pubblica il Global Peace Index (Gpi), Indice di comparazione e rilevazioni quantitative.

[3] “Definire e misurare la pace”, di Raul Caruso, professore di Politica economica presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Si vedano anche Caruso R., (2017a), Economia della pace, Il Mulino, Bologna. Caruso R., (2017b), Peace Economics and Peaceful Economic Policies, The Economics of Peace and Security Journal, vol. 12, n.2.

[4] “Bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale… dando nuovo impulso ai principi dichiarati nel Preambolo per la forza del diritto contro il diritto alla forza”. (FT 257).

 

 

 

 


Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti. 

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