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Bes 2022: molti indicatori in miglioramento, ma non per i più giovani
Il rapporto dell’Istat sul Benessere equo e sostenibile delinea un quadro articolato. Italia ancora distante dall’Europa su Neet, istruzione e occupazione. Migliorano gli indicatori per le donne. Ma ragazzi e ragazze non hanno fiducia nel futuro. 28/4/23
L’Istat ha pubblicato la decima edizione del suo Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes), un documento che “offre un quadro integrato dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali che caratterizzano il nostro Paese”, presentato in un convegno nella sede romana dell’Istituto lo scorso 20 aprile.
Il rapporto è stato stilato sulla base di 152 indicatori che analizzano 12 differenti “domini”, ovvero: salute; istruzione e formazione; lavoro e conciliazione dei tempi di vita; benessere economico; relazioni sociali; politica e istituzioni; sicurezza; benessere soggettivo; paesaggio e patrimonio culturale; ambiente; innovazione, ricerca e creatività; qualità dei servizi. Particolare risalto in questa edizione è stato dato all’evoluzione del benessere sulla base degli squilibri territoriali, le differenze di genere e di età. Partiamo dalle buone notizie. I dati più recenti che permettono di fare confronti con il 2019 (e che riguardano 109 indicatori paragonabili, su un totale di 152) ci dicono che 58 indicatori di benessere (ovvero più della metà) sono migliorati, un terzo sono peggiorati, mentre il 13,8% si sono mantenuti stabili sui livelli pre-pandemici. I progressi più significativi si sono registrati nei campi della sicurezza, della qualità dei servizi e del lavoro e conciliazione dei tempi di vita; seguono poi politica e istituzioni, innovazione, ricerca e creatività. I campi invece più critici riguardano le relazioni sociali, il benessere soggettivo, l’istruzione e la formazione, il benessere economico. Nel mezzo si trovano salute e ambiente, ma anche paesaggio e patrimonio culturale.
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Come stiamo messi rispetto all’Europa
In un confronto tra l’andamento degli indicatori Bes italiani e quelli europei il nostro Paese non fa una gran figura. Parliamo in particolare di alcuni settori, come l’istruzione e la formazione, o il lavoro e la conciliazione dei tempi di vita (ormai dei talloni d’Achille italiani), che registrano risultati peggiori rispetto alla media europea. Spiccano in particolare i Neet, ovvero i ragazzi e le ragazze tra i 15 e i 29 anni che non studiano o lavorano, che in Italia ammontano al 19,0% del totale – contro l’11,7% della media Ue. Discorso simile per la quota di 30-34enni che hanno completato l’istruzione terziaria – in Italia siamo al 27,4% mentre in Europa al 42,8%. Sul lavoro non va meglio: il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza molto accentuata tra le donne (55,0% in Italia rispetto al 69,4% per la media Ue).
Siamo però molto coriacei: uno degli indicatori per cui l’Italia si colloca ai vertici della graduatoria Ue è la sopravvivenza, con una speranza di vita alla nascita pari a 82,5 anni (mente la media Ue si ferma a 80,1). Inoltre, l’Italia è uno dei Paesi europei con il minor tasso di omicidi – 0,5 per centomila abitanti nel 2020, molto al di sotto del resto d’Europa (dove la media è 0,9).
Come stiamo messi in Italia: differenze regionali, di genere e di età
Sui 131 indicatori Bes analizzabili a livello regionale, 27 mostrano una disuguaglianza elevata, mentre più della metà una disuguaglianza più contenuta. I primi riguardano i settori di ambiente; paesaggio e patrimonio culturale; benessere economico; sicurezza. I secondi invece salute; istruzione e formazione; relazioni sociali; politica e istituzioni; benessere soggettivo. L’analisi sul lungo periodo ci dice che le differenze tra regioni per 51 indicatori si stanno assottigliando (parliamo di indicatori in generale miglioramento), mentre dei 42 indicatori che peggiorano a livello nazionale una metà converge (quindi la differenza tra regioni si assottiglia) e l’altra diverge (quindi si allarga). Il miglioramento degli indicatori nazionali e la riduzione delle disparità territoriali vanno di pari passo nei domini del benessere soggettivo; innovazione, ricerca e creatività; sicurezza; lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Al contrario, un terzo degli indicatori (riguardanti soprattutto le relazioni sociali) ricade nello scenario più tetro – un peggioramento dei valori combinato con un aumento delle distanze territoriali.
Parliamo invece di genere: tra il 2019 e il 2022 la maggior parte delle misure di benessere (54,1%) ha fatto registrare un miglioramento per le donne, a fronte di un 39,2% per gli uomini – per i quali invece le misure sono rimaste perlopiù stabili oppure sono peggiorate.
Il fatto che per le donne gli indicatori aumentino non vuol dire però che arrivino al livello degli uomini. Infatti per la gran parte degli indicatori continua a registrarsi una disparità di genere (su 86 complessivi, solo 26 fanno registrare una parità di genere, mentre 34 evidenziano una condizione di svantaggio femminile e 26 di svantaggio maschile).
Salute, istruzione e formazione sono i campi in cui la condizione delle donne è migliore di quella degli uomini. Nella sicurezza, innovazione, ricerca e creatività c’è una sostanziale eterogeneità, “con una parte di indicatori che segnano un vantaggio femminile e una parte un vantaggio maschile”. Mentre gli uomini registrano condizioni migliori nei settori di lavoro e conciliazione dei tempi di vita, politica e istituzioni, relazioni sociali, benessere economico e benessere soggettivo.
Ma ci sono anche sensibili differenze intergenerazionali. Il 52% degli indicatori di benessere per gli adulti (tra 45 e 54 anni) migliora rispetto al livello pre-pandemia, mentre il 40% peggiora. Anche per i giovani adulti (25-34 anni) la situazione è abbastanza buona: metà degli indicatori migliorano e il 41% peggiorano. Non se la passano bene invece i più giovani (14-24 anni): solo il 44% degli indicatori Bes migliora, mentre il 43% peggiora e il 13% resta stabile (per le altre classi di età è l’8%).
Per gli adulti il miglioramento è stato più diffuso (80% degli indicatori) nel lavoro, nella sicurezza, nel paesaggio e nell’ambiente, seguiti poi da innovazione, ricerca e creatività e qualità dei servizi. Nella parte bassa della classifica si collocano invece la salute e le relazioni sociali, che registrano un miglioramento solo per il 20% degli indicatori. Il campo del lavoro migliora anche per i giovani, mentre vanno male gli indicatori che riguardano le relazioni sociali (la fiducia negli altri e la presenza di persone su cui poter contare, valore stabile tra gli adulti) e l’atteggiamento di ottimismo verso il futuro, in calo tra i giovani e in aumento tra i più adulti.
di Flavio Natale