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PARTNERSHIP PER GLI OBIETTIVI

Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile

Nel 2021 l’aiuto allo sviluppo (Aps) è aumentato del 4,4% in rispetto al 2020, per via degli aiuti ai Paesi ricchi hanno fornito ai Paesi fragili per fronteggiare il Covid-19. Anche in Italia nel 2021 l’Aps è cresciuto dallo 0,22% allo 0,28%, ma si tratta in parte di “aiuto gonfiato” ovvero di risorse spese nei Paesi donatori e si è ancora molto lontani dall’obiettivo dello 0,70% del Reddito nazionale lordo (Rnl).

Notizie

L’Italia si allontana dall’ambizione dello 0,4% all’Aps entro il 2021

Un appello alle forze politiche e al settore finanziario affinché gli investimenti della finanza per lo sviluppo sostenibile supportino la cooperazione internazionale allo sviluppo, essenziale per il raggiungimento dell’Agenda 2030 dell’Onu. 1/3/2019

Un vero e proprio appello lanciato alle forze politiche quello del nuovo dossier “Cooperazione Italia, ritorno al passatodiffuso il 29 gennaio da Openpolis e Oxfam il quale illustra e spiega come le previsioni riguardo alle risorse che il governo avrebbe dovuto destinare all’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) e dunque alla cooperazione internazionale, sono state disattese dalla legge di bilancio approvata il 30 dicembre 2018.

Per la pima volta dal 2012, calano le risorse destinate all’aiuto pubblico, segno tangibile che per il governo il tema della cooperazione non è tra quelli prioritari” ha detto Francesco Petrelli, senior policy advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia, e ha aggiunto: “non si tratta solo di mancare gli obiettivi, effettivamente ambiziosi, che il governo si era posto con la nota di aggiornamento al Def, ma di un significativo calo dell'Aps. Secondo le nostre proiezioni potrebbero essere quasi 730 milioni in meno nel 2019, 1,7 miliardi nel 2020 e 2,4 miliardi nel 2021”.

Di questa delusione avevamo già parlato in questa analisi della legge di bilancio causata dalle false aspettative create nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Infatti nel Def era previsto che il rapporto dell’aiuto pubblico con la ricchezza nazionale (Aps/Rnl) si sarebbe assestato allo 0,33% nel 2019, per poi crescere allo 0,36% nel 2020 e addirittura allo 0,40% nel 2021, mostrando l’impegno dell’Italia a voler superare lo 0,30% sottoscritto in sede Nazioni Unite e raggiunto nel 2017 con tre anni di anticipo rispetto a come accordato.

Niente di tutto ciò è però accaduto: le tabelle presentate dal ministero delle finanze parlano di 5.077 milioni di euro nel 2019, 4.654 milioni nel 2020 e 4.702 milioni nel 2021. Con queste cifre, nel 2020 il rapporto Aps/Pil, secondo alcune previsioni, potrebbe calare allo 0,26 tornando a livelli inferiori al 2016.

 

 

 

Secondo i dati 2017 dell’Ocse, emerge anche che dal 2012 al 2017 l’Italia ha destinato crescenti risorse all’Aps ma si può notare facilmente che questo aumento consiste principalmente nell’investimento nella voce "rifugiati nel Paese donatore". Si tratta del cosiddetto “aiuto gonfiato”, destinato a coprire le spese per l’accoglienza dei rifugiati ma non per la lotta alla povertà e il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Agenda 2030. Questo significa che la crescita dell’aiuto allo sviluppo del nostro Paese in anni recenti è in gran parte dovuta a risorse che non escono dai confini italiani.

Nonostante tra il 2017 e il 2018 lo sbarco di migranti in Italia sia calato di oltre l'80%, la legge di bilancio mantiene per il triennio 2019-2021 consistenti stanziamenti per la parte della cooperazione internazionale gestita dal ministero dell’interno: al Viminale infatti continueranno in media ad essere destinati 1,6 miliardi di euro all'anno.

Dall’analisi dei dati definitivi del Comitato di aiuto allo sviluppo dell’Ocse per il 2017, oltre la metà dell’Aps bilaterale nel 2017 è andato all’accoglienza dei rifugiati, mentre all'agricoltura l'Italia ha destinato solo l'1,7%; non godono di finanziamenti significativi neanche istruzione e sanità di base che ricevono complessivamente poco più del 10%. Inoltre, non risulta confermato l’impegno preso nei confronti dei Paesi agli ultimi posti nei livelli di sviluppo (Least developed countries, Ldcs): l’Italia è tra gli stati che donano meno a tali Paesi, con un misero 0,06%, del proprio aiuto pubblico, percentuale lontanissima dallo 0,15% raccomandato dall’Onu ai Paesi donatori. 

Le organizzazioni firmatarie rivolgono quindi al Governo e al Parlamento le seguenti raccomandazioni:

  • riprogrammare le risorse dell’Aps in ambito triennale in modo tale da garantire almeno il raggiungimento dello 0,30% nel 2020;
     
  • rafforzare il coordinamento e la coerenza a livello interministeriale nella definizione di una strategia corrispondente a un uso appropriato delle risorse;
     
  • garantire che le risorse progressivamente rese disponibili dalla diminuzione dei flussi migratori vengano utilizzate in modo efficace e coerente per gli obiettivi propri della cooperazione e dell’agenda 2030;
  • aumentare le risorse da destinare ai Paesi ultimi nella classifica dei tassi di sviluppo (Ldcs) e garantire la coerenza tra obiettivi dichiarati, temi, Paesi prioritari e risorse effettivamente allocate.

A sottolineare l’importanza degli investimenti nell’ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo era stato anche il rapporto “Sector financing in the SDG era” rilasciato dall’Ocse il 20 novembre 2018.

“Perché misuriamo gli investimenti della finanza per lo sviluppo sostenibile? Perché la finanza per lo sviluppo sostenibile influenza la nostra capacità di raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030”, così esordisce Jorge Moreira da Silva, direttore del consiglio amministrativo della cooperazione allo sviluppo dell’Ocse. “Per capire se siamo sul giusto percorso per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e individuare le lacune” continua, “dobbiamo capire dove vengono indirizzati gli investimenti per lo sviluppo”.

Sebbene la natura interconnessa dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile ne renda difficile una diretta e solida connessione con i settori tradizionali (quali salute, energia, educazione o agricoltura), è necessario sfidare il sistema tradizionale di investimenti basato ancora sulle singole aree al fine di seguire un sentiero di sviluppo sostenibile.

Questo Rapporto vuole fornire una fotografia il più dettagliata possibile agli operatori del settore della cooperazione allo sviluppo affinché possano supportare in maniera efficace l’Agenda 2030 scegliendo gli strumenti, i canali e gli approcci finanziari giusti. È preso in analisi sia il cosiddetto “Official development finance (Odf)”[1], ossia i tradizionali investimenti di ogni Paese divisi per settore dal 2012 al 2016, sia altre forme di assistenza allo sviluppo, “Other official flows” (Oof), compresi gli investimenti del settore privato e le donazioni.

Di seguito le principali conclusioni rilevate dal Rapporto.

  • Complessivamente gli investimenti ufficiali della Finanza per lo sviluppo sostenibile (Odf) sono cresciuti del 35% tra il 2012 e il 2016. Nel 2016 gli investimenti hanno raggiunto 293,6 miliardi di dollari; di questa crescita il 64% è stato supportato da investimenti bilaterali[2], mentre il 36% da istituzioni multilaterali.
     
  • I fornitori della cooperazione allo sviluppo hanno mobilitato gli investimenti privati soltanto in un gruppo ristretto di settori. Circa 22,7 miliardi di dollari ogni anno sono stati investiti in interventi per lo sviluppo dal 2012 al 2016, ma inaspettatamente gli investimenti privati non hanno incluso settori come acqua, agricoltura, trasporti e stoccaggio.
     
  • Gli operatori del settore della cooperazione devono mappare l’impatto in ogni settore analizzandolo secondo gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, allineare i target definiti da ogni Paese partner e rendere ogni intervento più mirato. Gli SDGs chiedono risultati, non settori d’intervento. I fornitori di cooperazione allo sviluppo dovranno aggiustare le strategie finanziare dei loro settori per allinearsi con i target dei Paesi partner.
     
  • L’uso degli strumenti di debito come supporto al settore commerciale e delle infrastrutture sta crescendo, richiamando l’attenzione sulla sostenibilità fiscale dei Paesi in stato di maggiore necessità. Infatti, mentre le donazioni dei fornitori della cooperazione allo sviluppo stanno crescendo in maniera moderata, i prestiti sono cresciuti tre volte più velocemente delle donazioni negli ultimi anni. La vulnerabilità da debito sta diventando un problema nelle economie più fragili. Il numero dei Paesi in via di sviluppo in pericolo di debito o ad alto rischio di debito è raddoppiato da 12 a 24 tra il 2013 e il 2017.

     

di Alice Rinalduzzi

Scarica il dossier Openpolis-Oxfam “Cooperazione Italia, ritorno al passato”
Scarica il rapporto Ocse “Sector financing in the SDG era”

Consulta anche:

La tabella 6 del ddl sulla cooperazione internazionale
Il Documento di economia e finanza 2018
La nota di aggiornamento del Def 2018

 


[1] Comprende investimenti nei seguenti settori: sociale (educazione, salute, governo e società civile e altri servizi sociali), infrastrutture (trasporti, stoccaggio, comunicazione ed energia), produzione (agricoltura, industria, attività mineraria e costruzione, commercio e turismo), banking and business, multisettoriale (ambiente e multisettori).

[2] I fondi dell’Aiuto pubblico allo sviluppo raggiungono i Paesi destinatari principalmente tramite due canali: il canale bilaterale (flusso diretto di risorse che va da fonti istituzionali del Paese donatore alle istituzioni pubbliche del Paese ricevente) e il canale multilaterale (flusso di risorse che il Paese donatore destina ad organizzazioni internazionali specializzate in cooperazione).

 

 

venerdì 1 marzo 2019

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