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L'Europa e la sostenibilità globale: strategie e politiche per una crescita in linea con i limiti del Pianeta
Quali sono le politiche europee in programma in materia di sviluppo sostenibile? Che visione hanno del futuro i Paesi membri? Cosa si aspettano e chiedono i cittadini? Spunti e riflessioni nel rapporto dell'European Political Strategy Centre “Sustainability Now! A European Vision for Sustainability”
La necessità di un cambiamento non più focalizzato solo sui Paesi in via di sviluppo ma che abbracci una visione globale, riconoscendo la priorità anche a livello europeo di riconciliare l'economia di mercato con un concetto di crescita che tenga conto dei limiti del Pianeta.
E' in quest'ottica che si pone il rapporto Ue a cura di Karl Falkenberg, consulente allo sviluppo sostenibile per il presidente della Commissione europea, e dell'European Political Strategy Centre (Epsc) “Sustainability Now! A European Vision for Sustainability”, pubblicato il 20 luglio.
Quali sono i prossimi passi da compiere? Quali le politiche europee per metterli in atto? Che visione hanno i Paesi membri rispetto all'attuazione di futuro che metta al centro la sostenibilità? Cosa si aspettano e chiedono i cittadini in merito?
A queste domande il rapporto cerca di offrire risposte, idee e spunti di riflessione, sia in ambito europeo che mondiale, a partire dalla Strategia Globale Europea adottata in giugno, nella quale vengono integrati gli Obiettivi di sviluppo sostenibili dell'Onu, coerentemente con la politica estera e di sicurezza dell'Unione.
In questo senso la Commissione nel suo programma di lavoro per il 2016 si è impegnata nell'iniziativa “Next steps for a sustainable European future”, a “Stabilire un nuovo approccio che assicuri all'Europa una crescita economica, una sostenibilità sociale e ambientale in una prospettiva temporale fino al 2020 che si muova nel contesto dell'accordo Europa 2020 e della implementazione degli SDGs delle Nazioni Unite”.
La società sostenibile alla quale l'Europa deve fare riferimento è un contesto in cui la crescita economica sia compatibile con i limiti del Pianeta ma anche equamente distribuita tra i cittadini del mondo.
Se infatti il Vecchio continente è diventato nelle ultime sette decadi un buon posto in cui vivere per 500 milioni di persone grazie al mantenimento della pace, al riconoscimento dei diritti e regole uguali per tutti, prosperità, salute e riduzione dell'inquinamento, le sfide future non possono non trovare un'attenzione prioritaria da parte di istituzioni, governi, stakeholders e attori sociali.
Affinché quasi dieci miliardi di persone entro il 2050 adottino uno standard di vita europeo, considerando la produzione e i consumi attuali, saranno necessarie le risorse naturali di due Pianeti: gli europei sono ancora responsabili di una quantità di emissioni di Co2 nell'atmosfera non compatibile con la capacità della Terra di riassorbirla. Inoltre utilizzano troppe materie prime, attuano una pesca sfrenata negli oceani e continuano a perdere ogni giorno segmenti di biodiversità.
La crisi economica scatenata dal fallimento della banca Lehman Brothers ha poi dimostrato che il sistema finanziario globale non è sostenibile e che quello europeo manca di flessibilità e resilienza.
Concetti chiave come quello di solidarietà hanno rapidamente guadagnato un ruolo centrale, sottolineando le disparità economiche e sociali all'interno del continente, anche a causa dell'aumento del numero di disoccupati. Nonostante questo l'Europa continua a essere vista da milioni di immigrati e rifugiati come un posto sicuro in cui vivere, lontano da guerre e distruzione.
Così il rapporto sottolinea che: “L'Ue si rende finalmente consapevole di non essere un'isola felice slegata dal contesto mondiale e comprende l'urgenza di agire sul piano globale. Già alla fine degli anni '70 Willy Brandt avvertì che l'Europa non sarebbe potuta sopravvivere come un'isola di ricchezza in un mare di povertà”.
di Elis Viettone