Approfondimenti
Educazione alla sessualità sconosciuta, eppure renderebbe la società più sana
di Valeria Bruno (La Sapienza) e Silvia Moriconi (ASviS)*
Il Ministero dell'Istruzione e del merito promuove la lotta alla violenza e agli stereotipi di genere, ma educare alla sessualità è ancora oggi un’aspirazione, inserita nell’Agenda 2030, per promuovere rispetto e benessere.
20 settembre 2023
La cultura, sia come prodotto sia come forma della società che ne riflette valori, usi e costumi, e la società sono in continua e mutua trasformazione. Ad oggi, la nostra società vive di continui stimoli e numerose informazioni, veicolate e ricercate, grazie allo sviluppo di Internet (principale fonte di informazione per i giovani), media e divulgazione scientifica. L’attuale elevata disponibilità di risorse è per molti funzionale all’autonoma educazione su questioni relative alla sessualità, anche se, quando non consapevolmente gestite e comprese, possono condurre a confusione, miti e credenze che influenzano lo sviluppo psicosessuale, rafforzando tabù e oggettivazioni. Nonostante i diversi tentativi di introdurre l’educazione alla sessualità nelle scuole italiane, sembra non sia ancora possibile una sua sistematizzazione.
In un contesto in cui la sessualità è soggetta a silenzio e imbarazzo, non vi sono altro che sensi di colpa, paure, ansie, e comportamenti a rischio (Petruccelli, 2002). La sessualità è parte integrante di ogni individuo, e risulta in grado di influenzare diversi aspetti della vita di una persona. La salute sessuale, definita “uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale legato alla sessualità; non riducibile all'assenza di malattia, disfunzione o infermità” (Who, 2006), di fatto non vien da sé. Andrebbe accompagnata, supportata, educata. Ma educare alla sessualità risulta un compito arduo, soprattutto quando attorno la tematica si evidenzia maggiormente la dimensione fisica e attiva di un rapporto sessuale, le sue conseguenze e la prevenzione, a discapito di tutte le sfere emotive, psicologiche, personali, sociali e culturali che ne fanno parte.
Quando si parla di educazione alla sessualità (ES), spesso si utilizzano termini quali educazione sessuale o educazione sessuo-affettiva. “Educazione sessuale”, seppur fedele alla terminologia internazionale - sex o sexuality education - potrebbe indurre a considerare l’ES un insegnamento di attività sessuali. In realtà, quando si parla di educazione su tematiche sessuali si fa riferimento al rispetto, al consenso, alla conoscenza e consapevolezza, allo sviluppo di atteggiamenti positivi, a educare alla vita (Veglia, 2004). Il termine sessuo-affettiva, invece, sottintende una separazione tra sessualità e affettività, che sembrerebbe esistere solo nelle traduzioni in italiano.
In breve, l’ES è un processo di apprendimento continuo dalla prima infanzia che prosegue per l’intero sviluppo. Mira ad aumentare le conoscenze, trasmettendo informazioni; le competenze, rendendo in grado di attuare le proprie conoscenze; a sviluppare atteggiamenti positivi e rispettosi di sé e dell’intera comunità (Plan International, 2020; Unesco, 2018; Who, 2010). Ciò vuol dire introdurre un’educazione comprensiva e inclusiva, che non si limiti alla prevenzione di rischi e conseguenze o a sole informazioni su reti sociosanitarie. L’ES rientra nei diritti dell’individuo (diritto sessuale n. 10, Was, 2014), e si pone altresì come strumento di promozione di una società rispettosa, sana e inclusiva. Promuove benessere.
Tuttavia, nei recenti documenti internazionali l’Italia non figura tra i Paesi a confronto, e non viene presa in considerazione la presenza di sperimentazioni (Ippf, 2018; Unesco, 2021). In Italia esistono infatti vari progetti che tentano, seppur vincolati a fondi e tempistiche, di introdurre le tematiche sessuali nelle classi scolastiche (Chinelli, 2022). Se nel 2004 l'Italia era una Cenerentola (Stettini, 2004), oggi è considerata il fanalino di coda in Europa. L’ES è dunque ancora oggi un’aspirazione, inserita negli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Mario Puiatti, presidente dell'Associazione italiana per l'educazione demografica – Aied, cita l'Obiettivo 3 “Salute e benessere”, trattandosi di informazione e educazione sulla salute riproduttiva (Onu, 2015). A tale obiettivo seguono il 4 e il 5, rispettivamente “Istruzione di qualità” e “Parità di genere”, nei quali si affrontano tematiche legate all’educazione alla sessualità, come l’apertura e la sensibilità del contesto scolastico, della società e delle politiche alla parità di genere, alla non violenza e all’inclusione.
Ad agosto 2023, a fronte di continue richieste e alla luce di ennesimi aberranti casi di violenza sessuale, il Governo ha proposto di inserire nelle scuole superiori di secondo grado lezioni di educazione alla sessualità. Queste sarebbero svolte da studenti e studentesse, con il supporto di esperti ed esperte esterne (psicologi, rappresentanti di associazioni in difesa delle vittime di violenza, avvocati, ecc.), proprio per promuovere parità di genere e rispetto e combattere stereotipi e violenze di genere. Il progetto ministeriale rappresenta un passo avanti nel percorso di introduzione di un’educazione alla sessualità adeguata. Rispetto alla proposta, tuttavia, si notano ancora differenze rispetto ai corrispettivi programmi europei. Infatti, non si cita l’ampio ventaglio di tematiche che afferiscono all’educazione alla sessualità, non si prendono in considerazione percorsi nei gradi scolastici precedenti, tanto meno la formazione e la partecipazione di insegnanti, educatori e educatrici. L'inserimento dell'educazione contro gli stereotipi e la violenza di genere, per quanto importante e significativo primo passo, non evidenzia il vero scoglio da affrontare nella nostra società: non la violenza estrema, l'abuso, ma le sue forme di origine. Se la violenza nelle sue forme più estreme, finanche il femminicidio, è trasversale a classi di età e ceto sociale, quello che sembra accomunare i vari episodi protagonisti delle cronache delle ultime settimane è una profonda incomprensione degli altri e di se stessi.
L’ES, se posta esclusivamente come strumento di prevenzione - gravidanze indesiderate, infezioni e malattie sessualmente trasmissibili, violenza e discriminazione di genere e/o orientamento sessuale - anziché come strumento di promozione di salute e benessere, non argina le difficoltà visibili nella nostra società. Si pensi a un recente dato riguardo i comportamenti a rischio tra giovani: il fenomeno divenuto noto come Sex Roulette nei primi mesi del 2023. O ancora, la possibilità di utilizzare la sessualità per danneggiare una reputazione, anche solo parlando della vita sessuale di un singolo individuo (Vallauri, 2020); e, a risentirne maggiormente, è ancora il genere femminile. Negli ultimi mesi sono divenuti casi mediatici diverse denunce di violenza sessuale. In questo caso, però, la cultura che ha negli anni permesso e rafforzato il concetto di violenza sessuale, non ha allo stesso modo promosso un benessere sessuale.
Sorge dunque la necessaria riflessione e domanda su quale strumento possa sostenere e accompagnare un cambiamento radicale. La risposta a cultura e società in continua trasformazione per loro natura, non può essere punitiva. Non può concretizzarsi in reclusione, repressione, silenzio. In molti casi, ciò che con più forza contribuisce allo sviluppo del singolo e della comunità è l’educazione. Educazione che non passa per una mera trasmissione di nozioni a colmare lacune di un destinatario che si ipotizza deficitario, ma che si inserisce in un percorso formativo che supporti e accompagni bambine e bambini, ragazze e ragazzi, in un processo di scoperta e gestione di sé e delle relazioni con gli altri, nel rispetto delle proprie e altrui emozioni, corpi e sessualità.
La scuola – luogo di promozione della salute, di riflessione e di crescita e punto di incontro tra famiglia, territorio e comunità educante (Drago, 2016; Pizzi, 2020; Psaroudakis, 2020) – si pone come miglior contesto per affrontare l'educazione alla sessualità in modo acritico, rispettoso e riflessivo (Ippf, 2010, 2016, 2017; Unesco, 2018; Who, 2010). Svolta sin dalla prima infanzia, offre la possibilità al singolo di scegliere e sviluppare consapevolmente uno stile di vita salutare anche nell’ambito della sessualità, e si pone altresì a supporto dello sviluppo sano della società tutta (Ziglio, 1995).
* di Valeria Bruno, dottoranda presso il dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione de La Sapienza - curriculum in Psicologia dello sviluppo e ricerca educativa ed esperta in educazione sessuale, e Silvia Moriconi, Area Educazione ASviS e referente GdL Goal 4 “Istruzione di qualità” e trasversale “Educazione allo sviluppo sostenibile”
Bibliografia
Chinelli, A., Salfa, M. C., Cellini, A., Ceccarelli, L., Farinella, M., Rancilio, L., Galipò, R., Meli, P., Camposeragna, A., Colaprico, L., Oldrini, M., Ubbiali, M., Caraglia, A., Martinelli, D., Mortari, L., Palamara, A. T., Suligoi, B., Tavoschi, L. (2022), Sexuality education in Italy 2016-2020: a national survey investigating coverage, content and evaluation of school-based educational activities, Sex Education, DOI: 10.1080/14681811.2022.2134104.
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Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti.