Approfondimenti
Educare per una cittadinanza globale
Il compito di “Educare alla cittadinanza globale nella scuola” in tutto il mondo sarà guidato nei prossimi 15 anni dall’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile 2030, che indica come Obiettivo 4: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti.
Luglio-Agosto 2016
“Education gives us a profound understanding that we are tied together as citizens of the global community, and that our challenges are interconnected", Ban Ki-moon, UN Secretary-General
Il compito di “Educare alla cittadinanza globale nella scuola” in tutto il mondo sarà guidato nei prossimi 15 anni dall’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile 2030, che indica come Obiettivo 4: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti.
Anche la scuola e la società italiana saranno impegnate ad “assicurarsi che tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l'educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, per i diritti umani, per l'uguaglianza di genere, per la promozione di una cultura di pace e di non violenza, per la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile” (Obiettivo 4.7.)
A che punto siamo in Italia su questo target?
Nel Seminario Nazionale del 23 giugno 2016 all’Università Lateranense (1), promosso da FOCSIV e da 22 ong italiane, unite nel progetto “Un solo mondo, un solo futuro”, ne abbiamo discusso insieme all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, la DGCS del MAECI, il MIUR, le Università, le Fondazioni e le scuole, a partire dalle lezioni apprese nel corso del progetto (2). Nel passato anno scolastico hanno lavorato con noi 600 istituti scolastici, 5.000 docenti, 45.000 studenti in 15 regioni italiane.
L’UNESCO ha richiamato tutti gli stakeholder a lavorare in modo congiunto sulla nuova definizione di Educazione alla Cittadinanza Globale, che, dopo il summit alle Nazioni Unite (3) di settembre 2015, è diventato il punto di riferimento interculturale e mondiale.
“Il concetto di cittadinanza si è evoluto nel corso del tempo. Storicamente, la cittadinanza non si estendeva a tutti: per esempio, per secoli solo uomini o proprietari sono stati ammessi a essere cittadini. Durante il secolo scorso, c'è stato un movimento graduale verso una comprensione più inclusiva della cittadinanza, influenzata dallo sviluppo dei diritti civili, politici e sociali.
Le prospettive sulla cittadinanza nazionale variano da paese a paese e riflettono le differenze di contesto politico e storico. Un mondo sempre più globalizzato ha sollevato domande su ciò che rende significativa la cittadinanza nonché sulle sue dimensioni globali. Anche se il concetto di cittadinanza che va al di là dello stato nazionale non è una novità, i cambiamenti nel contesto globale - per esempio, la creazione di convenzioni e trattati internazionali, la crescita delle organizzazioni transnazionali, delle imprese e dei movimenti della società civile e lo sviluppo del quadro internazionale per i diritti umani - hanno implicazioni significative per la cittadinanza globale. Si deve riconoscere che ci sono diversi punti di vista sul concetto di cittadinanza globale. Ad esempio la misura in cui può essere complementare alla cittadinanza tradizionale, definita in termini di stato nazione, o la misura in cui compete con essa.
Cittadinanza globale si riferisce a un senso di appartenenza a una comunità più ampia e ad una comune umanità. Il termine include interdipendenza politica, economica, sociale e culturale e interconnessione tra locale, nazionale e globale.
In Italia storicamente sono state le Ong di cooperazione internazionale a promuovere questo approccio come educazione permanente, sia nel contesto dell’educazione formale sia in quella non formale, grazie ai loro legami internazionali con centri innovativi in tutta Europa, e in partenariato con la società civile dei paesi partner dell’Europa.
Il Ministero Affari Esteri- DGCS ha dato attuazione alla legge 49/87 sulla Cooperazione allo Sviluppo dell’Italia, mettendo a bando per le ong idonee dei fondi per quello che veniva chiamata Educazione allo Sviluppo, traduzione del termine inglese Development Education che la Commissione Europea ancora usa per sostenere la necessità di creare consenso nell’opinione pubblica dei paesi aderenti sui Millennium Goals ed ora sugli SDGs.
Il MIUR ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel 2014 hanno proposto alle scuole italiane delle “Linee guida per l’Educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile” (4)
“L’educazione allo sviluppo sostenibile diventa oggi un obiettivo strategico per il presente e per il futuro del nostro Paese. La sfida ambientale, legata alla conservazione delle risorse del nostro Pianeta, rappresenta una sfida non più eludibile per le future generazioni. Ci troviamo in un’epoca che impone al mondo intero, ma in particolare all'Italia e all'Europa, scelte radicalmente diverse da quelle compiute in passato: lontane dal modello produttivo tradizionale, dirette verso un nuovo modello di economia che rispetti l'ambiente, orientate ad una società che non produca rifiuti ma sappia creare ricchezza e benessere con il riutilizzo e la rigenerazione delle risorse.
Perché questo accada, è necessario un profondo cambio di mentalità che coinvolga le istituzioni, le imprese e le singole persone.
E questa nuova consapevolezza nazionale non può che iniziare dalle scuole e dagli studenti, di tutte le età.
Soprattutto dai più giovani, quelli che potremmo chiamare “nativi ambientali”: una generazione che nella
quotidianità dei comportamenti trova già come prospettiva naturale il rispetto dell'ambiente in cui vive”.
Nell’apprendimento permanente si trova la base per lo sviluppo di una società sostenibile, e nelle “competenze degli educatori” il problema che spesso ne impedisce il diffondersi.
Ora tutti sono chiamati a rinnovare il vocabolario, ma soprattutto a innovare le pratiche e le alleanze per coniugare la sfida dell’Agenda Globale degli SDGs.
Per fare in modo che i dati raccolti dall’Eurobarometro nel 2015 (Anno Europeo per lo Sviluppo) segnino ulteriori passi avanti (5).
Rispetto al 2014, gli intervistati in Italia sono in genere molto più positivi nel loro atteggiamento e opinioni sullo sviluppo. Nove intervistati su dieci dichiarano che è importante aiutare le persone nei Paesi in via di sviluppo (90% contro una media UE dell'89%), un aumento di dieci punti percentuali dal 2014, il più elevato registrato in Europa. Inoltre ci sono stati aumenti di oltre dieci punti percentuali nella proporzione di persone che concordano sul fatto che affrontare la povertà nei Paesi in via di sviluppo debba essere una delle priorità principali della UE (+12 punti percentuali) o del governo italiano (+11 punti percentuali). Gli intervistati in Italia ora sono molto più propensi della media europea ad accettare che questa debba essere una delle priorità principali della UE (72% contro 69%) o del loro governo nazionale (56% contro 50%).
Due terzi degli intervistati in Italia pensa che gli aiuti allo sviluppo debbano essere accresciuti in qualche misura (66% contro una media UE del 68%). Questo risultato comprende anche un aumento di 11 punti percentuali nella proporzione di persone che pensa che gli aiuti debbano essere incrementati fino ai livelli promessi: si tratta dell'aumento percentuale più elevato in Europa.
Nella UE, gli intervistati più giovani (età 15-24) sono generalmente più positivi sulle tematiche relative allo sviluppo rispetto alle loro controparti più adulte. Questa tendenza è evidente anche in Italia, sebbene le differenze non siano così accentuate. Gli intervistati più giovani in Italia sono più propensi delle loro controparti più adulte a concordare sul fatto che affrontare la povertà nei Paesi in via di sviluppo debba essere una delle principali priorità della UE (78% contro 71%) o del governo italiano (63% contro 55%). Essi sono anche più positivi sul ruolo rivestito dai singoli nei problemi relativi allo sviluppo (61% contro 52%).
Nell’educazione si trova la base per lo sviluppo di una società sostenibile, e nelle “competenze degli educatori” il problema che spesso ne impedisce il diffondersi.
Lo sviluppo sostenibile, se ha un senso, è quello di un processo di continuo apprendimento, in cui l’umanità trova nuove maniere di convivere indefinitamente con il pianeta e tra le diverse culture e popoli di cui è composta la famiglia umana.
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1- www.focsiv.it/news/educare-alla-cittadinanza-mondiale-e-alla-cooperazione-internazionale/#more-20773
2 - www.unmondounfuturo.org
3 - unesdoc.unesco.org/images/0023/002329/232993e.pdf
4 - www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/LINEE_GUIDA.pdf
5 - (ec.europa.eu/COMMFrontOffice/PublicOpinion/index.cfm/Survey/getSurveyDetail/instruments/SPECIAL/surveyKy/206)