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Il tema divide, tra consenso familiare e autonomia educativa. Cresce l’urgenza di offrire alle giovani generazioni strumenti di consapevolezza e protezione per affrontare sessualità, relazioni e rischi sociali. 20/11/25
“Il disegno di legge AC 2278 affronta il tema del riconoscimento dell’identità di genere in ambito scolastico e introduce un meccanismo di consenso informato delle famiglie rispetto ad attività didattiche su sessualità e affettività. Si tratta di un provvedimento palesemente regressivo in termini di diritti e inclusione”. Così si esprime l’ASviS nel suo Rapporto annuale su un tema di estrema attualità, considerato il dibattito che vede da un lato chi ritiene che subordinare certi temi scolastici (identità di genere, sessualità, affettività) al consenso preventivo delle famiglie significa mettere un freno all’autonomia educativa della scuola, dall’altro chi la considera una misura legittima, vista come un modo per rispettare il primato educativo della famiglia, cioè che i genitori abbiano un ruolo attivo e informato nell’educazione dei figli su temi sensibili come sessualità, gender, affettività.
Quel che è certo è che bisogna accelerare per colmare il vuoto normativo, dal momento che l’Italia, con altri sei Paesi in Europa (Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania e Ungheria), non ha ancora una legge che renda obbligatoria l’educazione sessuale o affettiva nelle scuole. Dal 1975 ad oggi sono state avanzate, da schieramenti politici diversi, oltre 34 proposte di legge, ma nessuna è stata mai approvata. Ma perché è così importante e cosa pensano gli/le adolescenti?
“In un contesto in cui la sessualità è soggetta a silenzio e imbarazzo, non vi sono altro che sensi di colpa, paure, ansie, e comportamenti a rischio”, si legge in un approfondimento che avevamo pubblicato sul sito ASviS già a settembre 2023. L’articolo fa chiarezza sulla terminologia: “Quando si parla di educazione alla sessualità (ES), spesso si utilizzano termini quali educazione sessuale o educazione sessuo-affettiva. “Educazione sessuale”, seppur fedele alla terminologia internazionale - sex o sexuality education - potrebbe indurre a considerare l’ES un insegnamento di attività sessuali. In realtà, quando si parla di educazione su tematiche sessuali si fa riferimento al rispetto, al consenso, alla conoscenza e consapevolezza, allo sviluppo di atteggiamenti positivi, a educare alla vita (Veglia, 2004). Il termine sessuo-affettiva, invece, sottintende una separazione tra sessualità e affettività, che sembrerebbe esistere solo nelle traduzioni in italiano. In breve, l’ES è un processo di apprendimento continuo dalla prima infanzia che prosegue per l’intero sviluppo”. Ma ad oggi, in Italia, l'educazione alla sessualità rimane non obbligatoria alle elementari e alle medie, anche se in molte scuole si fanno progetti tramite enti esterni, ma non c’è un programma nazionale uniforme.
Educare alla sessualità vuol dire lavorare sulle parole con cui ci si offende, quelle con cui si giudica il corpo proprio e altrui, riflettere su gelosia e controllo, imparare a riconoscere amori tossici. Tematiche che, se affrontate a scuola, possono essere discusse in modo sano, anziché venire “scoperte” in modo non strutturato al di fuori o, peggio, non scoperte affatto. Ad esempio, in assenza di riferimenti educativi solidi, molti adolescenti si avvicinano alla sessualità attraverso i siti pornografici, che offrono una rappresentazione distorta, violenta o iper-performativa del rapporto tra i corpi. Nonostante i tentativi di limitarne l’accesso ai minori, si tratta di barriere facili da aggirare e quindi inefficaci: ciò significa che migliaia di ragazze e ragazzi si formano un’idea del sesso basata su modelli irreali, privi di consenso esplicito, cura reciproca ed emotività. Una lacuna educativa che rischia di generare aspettative erronee, pressioni psicologiche, difficoltà relazionali e una percezione alterata del rispetto tra partner. Riflettere su queste questioni può aiutare i giovani e le giovani a eliminare i comportamenti a rischio.
Si pensi al fenomeno della Sex Roulette, gioco sessuale estremo e pericoloso in cui più persone partecipano a un rapporto di gruppo senza protezione, e almeno una di loro potrebbe essere sieropositiva senza che gli altri sappiano chi. O ancora, il sexting, l’invio volontario di foto o video sessuali a partner o amici, con il rischio di diffusione non consensuale, ricatti e perdita di controllo dei contenuti. Talvolta, vengono circolate foto intime create con intelligenza artificiale a partire da volti di qualcun altro, per bullismo o ricatto (sextortion tramite deepfake). Ci sono poi le challenge sessuali, sfide virali che coinvolgono gesti o pose intime, a volte create senza consapevolezza del rischio. E ancora, i più noti revenge porn, ovvero la condivisione non consensuale di immagini intime da parte di ex partner o conoscenti, e il body shaming, i commenti sul corpo e sulla performance sessuale che possono influenzare autostima e comportamenti a rischio.
Secondo un’indagine ActionAid-Ipsos, condotta del 2023 su un campione di circa 800 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 19 anni, quattro adolescenti su cinque pensano che una donna possa sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole, uno su cinque pensa che l’abbigliamento o un comportamento provocante delle ragazze possa scatenare una violenza sessuale e uno su tre crede che molte persone si identifichino come non binarie/fluide/trans per una moda del momento. Per questo ActionAid ha proposto un’educazione all’affettività e sessualità che non si concentri solo sugli aspetti biologici, ma anche su quelli psicologici, sociali ed emotivi, come raccomandato dall’Unesco e dall’Oms, e “una formazione obbligatoria co-progettata per docenti e studenti di tutti i cicli scolastici con personale esperto autonomo e laico, la presenza a scuola di tutor per la prevenzione e la gestione dei casi; vanno introdotti codici anti-molestia, bagni neutri e Carriere Alias [strumenti che permettono agli studenti di usare a scuola un nome e/o un genere diverso da quello anagrafico, ndr]”.
Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, che oltre a essere un’occasione per ricordare le vittime di violenza e l’importanza della prevenzione, dovrebbe svolgere il ruolo di acceleratore sulla proposta di legge. “Dove non arriva la famiglia a trasmettere valori sani, non resta che la scuola”, sostiene Stefania Matteuzzi, sorella di Alessandra, vittima di femminicidio, intervistata da La Stampa, “molti autori di femminicidio, anche quelli che confessano, cercano poi di farsi scudo dietro l’infermità mentale. Non è un problema di salute, ma la conseguenza di un’impronta culturale, che implicitamente fa sentire autorizzati a comportamenti possessivi”.
La ricerca “Educazione all’affettività”, della Fondazione “Una nessuna e centomila”, ricorda come una ragazza su tre subisca violenza psicologica in una relazione affettiva, ogni tre giorni in Italia una donna venga uccisa da un uomo che diceva di amarla, e gli adolescenti imparino il sesso da YouPorn, non dal dialogo. La Fondazione propone anche alcuni “perché” a cui l’educazione all’affettività nelle scuole potrebbe provare a rispondere: “Perché se una bambina picchia è un ‘maschiaccio’? E se un bambino piange è una ‘femminuccia’? Perché le ragazze possono camminare mano nella mano e i ragazzi no? Perché si studia Gabriele D’Annunzio e non Sibilla Aleramo? Perché se mamma non lavora è accettabile, ma se non lavora papà è una vergogna? Perché se ho dei chili in più tutti mi prendono in giro? Perché se le ragazze pubblicano sui social una foto in costume da bagno sono delle troie e i ragazzi invece sono dei fighi?”
Sono domande che impongono riflessioni ai giovani, ma anche agli adulti, e quindi agli educatori. In questo contesto, diventa chiaro che la scuola non può limitarsi a trasmettere nozioni, ma deve svolgere un ruolo educativo proattivo e inclusivo. Una legge sull’educazione sessuale e affettiva non rappresenta un’imposizione ideologica, ma un investimento sulla salute, sulla sicurezza e sul benessere dei e delle giovani. È una risposta concreta a comportamenti a rischio, discriminazioni e violenze, e un passo fondamentale per costruire una società in cui ogni adolescente possa crescere rispettato, informato e protetto, indipendentemente dal proprio genere o orientamento.
Copertina: 123rf
