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Il rapporto Onu per l’High level political forum 2018: luci e ombre degli SDGs
Acqua, energia, città, consumi, biodiversità terrestre e partnership internazionale sono i temi particolarmente approfonditi quest’anno, ma il documento presenta anche una panoramica su tutti i 17 SDGs.
A 12 anni dalla scadenza degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, c’è ancora molta strada da fare. Nonostante gli enormi progressi compiuti in molti settori dell’Agenda 2030, in alcune aree non saranno raggiunti i target fissati. Serve un cambiamento radicale nei modelli politici e nei modelli di business, serve più efficacia e maggiore responsabilità.
È la sintesi del Rapporto 2018 dedicato agli Obiettivi di sviluppo sostenibile diffuso dalle Nazioni Unite in vista dell’High level political forum 2018 che si aprirà a New York il 9 luglio. Un rapporto in chiaroscuro dove ad alcuni ottimi risultati, si alternano situazioni ancora drammatiche. Ad aggiungere nuove sfide ci sono i conflitti, i cambiamenti climatici e le crescenti disuguaglianze.
Il rapporto di quest’anno dedica specifici capitoli ai Goal che sono oggetto della prossima riunione a New York e cioè 6 (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari), 7 (Energia pulita e accessibile), 11 (Città e comunità sostenibili), 12 (Consumo e produzione responsabili), 15 (Vita sulla terra) e 17 (Partnership per gli Obiettivi), ma nella introduzione traccia una panoramica su tutti i Goal. Eccone una sintesi.
1. Sconfiggere la povertà. Il tasso di povertà estrema è diminuito, nel 2013 era un terzo rispetto al 1990. Secondo le ultime stime l’11% della popolazione mondiale (circa 780 milioni di persone) vive al disotto della soglia di povertà.
Negli ultimi vent’anni la percentuale di lavoratori che vivono con le loro famiglie con meno di 1,90 dollari a persona al giorno è passata dal 26,9% del 2000 al 9,2% nel 2017. Per porre fine alla povertà è necessario implementare sistemi di protezione sociale e misure che riducano la vulnerabilità nei confronti dei disastri ambientali. Il 2017 è stato uno degli anni peggiori, si stima che le perdite economiche causate dai disastri superino i 300 miliardi di dollari.
2. Sconfiggere la fame. La fame nel mondo, dopo un periodo di declino, è tornata ad aumentare. Siccità, conflitti e disastri legati ai cambiamenti climatici tra i fattori determinanti della ripresa. Crescono la percentuale di persone sottonutrite nel mondo e il numero di bambini che arrestano la crescita per colpa della fame.
In calo gli aiuti all’agricoltura nei Paesi in via di sviluppo, che passano dal 20% degli aiuti totali negli anni ’80 al 6% nel 2016.
3. Salute e benessere. Sempre più persone vivono una vita più sana rispetto a dieci anni fa. Tuttavia sono ancora molte le persone che soffrono di malattie prevenibili e troppe persone muoiono prematuramente.
Il tasso di mortalità materna è diminuito del 37% rispetto al 2000, così come è dimezzato il tasso di mortalità dei bambini sotto i 5 anni. Anche nelle regioni più critiche, come l’Africa sub-sahariana, si registrano grandi passi in avanti sui tassi di mortalità neonatale e infantile.
Buone notizie anche per la malattie infettive e non trasmissibili: diminuiscono Hiv, tubercolosi ed epatite B.
Cattive notizie per la malaria, che nel 2016 registra un aumento del numero di casi rispetto al 2013. Di questo passo, difficilmente si riuscirà a debellarla entro il 2030.
Le malattie cardiovascolari, il cancro, il diabete e le malattie respiratorie croniche hanno causato 32 milioni di morti nel 2016. Nello stesso anno l’inquinamento atmosferico ha causato sette milioni di decessi.
4. Istruzione di qualità. Pur registrando un aumento del tasso di partecipazione nell’istruzione primaria, più della metà di bambini e di adolescenti in tutto il mondo non soddisfano gli standard minimi di competenza in lettura e matematica. Occorrono grandi sforzi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove è necessario investire nelle infrastrutture scolastiche. Nel 2016 solo il 34% delle scuole primarie nei Paesi meno sviluppati disponeva di elettricità e meno del 40% era dotato di lavamani.
5. Parità di genere. Nonostante le discriminazioni registrano una diminuzione, l’ineguaglianza continua a privare le donne dei loro diritti di base e di molte opportunità.
Calano i tassi di matrimonio infantile, che registra un 40% in meno rispetto al 2000, e i casi di mutilazione genitale femminile.
In ambito domestico le donne trascorrono il triplo del tempo in più rispetto agli uomini, senza percepire alcuna retribuzione.
In ambito politico invece aumentano le percentuali di quote rosa, passate al 23% nel 2018.
6. Acqua pulita e servizi igienico-sanitari. Sono ancora tante le persone che non hanno accesso a risorse idriche sicure. La scarsità dell’acqua è un problema in molti paesi dell’Africa settentrionale e dell’Asia, dove il livello di stress idrico è superiore al 70%. Nel 2015 solo il 27% dei Paesi meno sviluppati disponeva di servizi idrici base. Poiché la cattiva gestione della risorsa idrica ostacola lo sviluppo sociale ed economico, solo migliorando l’efficienza e la gestione dell’acqua sarà possibile garantire il continuo aumento della richiesta globale.
7. Energia pulita e accessibile. Dal 2000 al 2016 la percentuale di popolazione con accesso all’elettricità è passata dal 78% all’87%. Nello stesso periodo, nei Paesi in via di sviluppo, la percentuale di persone con accesso all’energia è più che raddoppiata. Scende a poco meno di un miliardo il numero di persone che vivono senza corrente. Segno positivo per le rinnovabili, che continuano a crescere, seppur di poco.
8. Lavoro dignitoso e crescita economica. A livello globale cresce la produttività procapite e diminuisce il tasso di disoccupazione. Nel 2016 il prodotto interno lordo pro capite è cresciuto all’1,3% mentre nello stesso anno il 61% di tutti i lavoratori era impegnato in lavori precari.
È necessario aumentare le opportunità lavorative per i giovani, promuovere ambienti di lavoro più sicuri e ridurre le disuguaglianza del mercato del lavoro. In media la retribuzione oraria degli uomini è più alta del 12% rispetto alle donne.
9. Imprese, innovazione e infrastrutture. Crescono le imprese innovative e sostenibili che rappresentano il 44,7% del valore totale della produzione.
Grazie alla rapida crescita della produzione in Asia, aumenta la quota del manifatturiero al PIL globale.
Parallelamente diminuisce l’utilizzo del carbone nelle industrie, che scende del 19% nel periodo 2000-2015.
Segno positivo anche per la banda larga di terza generazione (3G) che copre l’84% della popolazione globale.
10. Ridurre le disuguaglianze. In molti Paesi sono stati compiuti enormi progressi per ridurre le disparità di reddito. Grazie alle politiche basate sulla eliminazione dei dazi per le esportazioni dai paesi meno sviluppati, è stato possibile aumentare del 40% i redditi dei più poveri.
Nel 2016 i Paesi in via di sviluppo hanno ricevuto dall’Ocse, dalle agenzie multilaterali e da altri fornitori più di 300 miliardi di dollari.
11. Città e comunità sostenibili. Molte città in tutto il mondo stanno affrontando la delicata sfida di garantire infrastrutture adeguate a sostegno della crescita demografica. Dal 1990 al 2013 il 90% dei decessi attribuiti a disastri naturali si è verificato nei paesi a basso e medio reddito, con danni alle abitazioni in crescente aumento dal 1990 in poi.
Tra il 2000 e il 2014 la percentuale della popolazione urbana che vive in baraccopoli è diminuita dal 28,4% al 22,8%.
Nel 2016 il 91% della popolazione urbana mondiale respirava aria non conforme ai requisiti minimi di qualità imposti dall’Oms, livelli di PM 2.5 su tutti. Più della metà era esposta al doppio del livello di inquinamento permesso, causando 4,2 milioni di decessi.
12. Consumo e produzione responsabili. Coniugare crescita economica ed utilizzo razionale delle risorse è una delle sfide più grandi che l’umanità deve affrontare. Entro quest’anno 108 nazioni introdurranno politiche nazionali relative al consumo e alle produzioni sostenibili. Secondo un rapporto della società di revisione Kpmg, il 93% delle più grandi società al mondo (in termini di entrate) stanno puntando sulla sostenibilità.
13. Lotta contro il cambiamento climatico. Il 2017 è stato uno degli più caldi mai registrati. Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale la temperatura media nel quinquennio 2013-2017 è stata la più alta di sempre.
L’innalzamento dei livelli dei mari, le condizioni meteorologiche estreme e l’aumento della concentrazione dei gas serra sono ostacoli da superare. Rispetto ai 175 Paesi che hanno ratificato l’Accordo di Parigi, 168 hanno comunicato all’Un, i primi contributi nazionali utili a contrastare i cambiamenti climatici. Anche i Paesi in via di sviluppo, grazie anche al contributo economico dei Paesi più industrializzati, stanno pian piano integrando nelle loro politiche di crescita misure concrete di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici.
14. Vita sott’acqua. Pesca eccessiva, acidificazione crescente e eutrofizzazione sono i le problematiche più importanti da affrontare entro il 2030. La quota globale di stock ittici in situazione di sostenibilità biologica è diminuita dal 90% nel 1974 al 69% nel 2013 ma l’acidità marina è aumentata del 26%.
A causa dell’inquinamento e dell’eutrofizzazione le acque costiere si deteriorano sempre più. Senza sforzi concreti entro il 2050 l’eutrofizzazione costiera aumenterà del 20%.
Ottime notizie per le aree marine protette e per la loro biodiversità: a gennaio 2018, il 16% delle acque marine nazionali è tutelato da aree protette, mentre la protezione delle aree essenziali per la tutela della biodiversità al loro interno è passata dal 30% nel 2000 al 44% nel 2018.
15. Vita sulla Terra. Nonostante il tasso di perdita delle foreste si è ridotto del 25% dal 2000-2005, le foreste continuano a ridursi. Circa un quinto della superficie terrestre coperta da vegetazione registra un calo vistoso della produttività, minacciando il sostentamento di oltre un miliardo di persone. La deforestazione è una delle cause principali della diminuzione dell’indice globale della lista rossa delle specie a rischio, segno allarmante che mammiferi, uccelli, anfibi, coralli ed altre specie sono in declino.
Nel 2016 gli aiuti economici in favore della tutela della biodiversità sono diminuiti del 21% rispetto all’anno precedente.
16. Pace, giustizia e istituzioni solide. Le guerre e le violenze all’interno della società continuano a registrare numeri spaventosi. Tra il 2005 e il 2017 quasi otto bambini su dieci di età compresa tra 1 e 14 anni sono stati sottoposti ad una qualche forma di aggressione fisica o psicologica. Tra il 2012 e il 2014 sono stati individuati numerosi flussi di traffico di persone, soprattutto donne e bambini, per sfruttamento sessuale o lavoro forzato.
In molti Paesi la promozione dei diritti e l’accesso alla giustizia non registrano grandi progressi. La percentuale di detenuti incarcerati senza essere condannati è rimasta invariata negli ultimi 10 anni: 31%.
Nel 2015 più di mille tra difensori dei diritti umani, giornalisti e sindacalisti sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro di divulgazione per costruire un mondo libero dalla paura.
Dal 1998 ad oggi oltre la metà dei Paesi ha istituito una struttura nazionale dedicata ai diritti umani.
17. Partnership per gli obiettivi. Rafforzare le partnership nazionali, internazionali, tra i soggetti della società civile e i privati è fondamentale per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.
Gli aiuti verso i Paesi in via di sviluppo sono rimasti invariati dal 2010, circa 20 miliardi di dollari all’anno. Dopo un lungo periodo di crescita la quota delle esportazioni da parte dei Paesi meno sviluppati è diminuita dall’1,1% del 2013 allo 0,9% del 2016.
Crescono i Paesi che implementano i piani statistici nazionali, con l’Africa sub-sahariana che rimane all’avanguardia: ben 31 paesi hanno attuato tali piani. Gli aiuti internazionali in campo statistico sono stati pari soltanto allo 0,3% del totale, al disotto di quanto necessario per monitorare adeguatamente i programmi di sviluppo.
di Tommaso Tautonico