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PARITÀ DI GENERE

Raggiungere l'uguaglianza di genere e l'empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e le ragazze

In Italia, solo il 16,2% delle laureate ha una laurea Stem (discipline scientifiche), contro il 37,3% degli uomini, nonostante un +5% delle iscrizioni femminili. Rimane al di sotto della media europea la padronanza di competenze digitali e finanziarie. Nell’Ue il 17% circa degli specialisti Ict (Information and communications technology) e un laureato Stem su tre è donna.

Notizie

Alta sostenibilità: la guerra impatta gravemente sulla disuguaglianza di genere

Servono dati chiari per costruire politiche di integrazione rivolte a chi fugge dalle zone di guerra. Se ne è discusso su Radio Radicale nella rubrica ASviS condotta da Manieri e Viettone, ospiti Coccia, Bonino, Noury.    19/4/22

La guerra è anche una storia di diritti negati e di violenza di genere. Quanto quella in Ucraina sta impattando sulla parità di genere e quali rischi corrono donne e bambine con la prosecuzione del conflitto? L’argomento è stato fonte di dibattito durante la puntata di “Alta sostenibilità” andata in onda su Radio Radicale il 18 aprile e condotta da Valeria Manieri ed Elis Viettone. Al programma hanno preso parte Emma Bonino (senatrice +Europa), Giuliana Coccia (statistica e referente del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5, Parità di genere), Riccardo Noury (portavoce Amnesty international Italia).

Giuliana Coccia, referente del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5, Parità di genere

In apertura Coccia si è interrogata sul ruolo dell’ASviS: “In occasione anche di altre guerre ci siamo posti la domanda: cosa possiamo fare? Il futuro, anche delle rifugiate, si costruisce oggi. Noi siamo bravi nell’emergenza ma poi ci perdiamo nell’integrazione. C’è una mancanza di informazioni adeguate, non sappiamo quanti e quali figure sono arrivate nel nostro Paese, le nostre politiche nazionali devono rafforzarsi e avere un rapporto molto più diretto con quelle locali che hanno il compito di agire. Bisogna tirar fuori un sistema informativo adatto. Con l’ASviS facciamo azione di advocacy su questo, anche nell’analisi fatta sulla legge di Bilancio e del Pnrr abbiamo evidenziato l’importanza, per esempio, dei presidi territoriali diffusi, che ci ricordano il ruolo dei consultori e il diritto alla salute riproduttiva che per gli immigrati incontra maggiori complicazioni. Per garantire un’integrazione sociale dobbiamo anche garantire un percorso linguistico diverso e una prospettiva di formazione per l’ingresso nel mercato del lavoro”.

Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia

Noury ha invece evidenziato in che condizione si trovano le donne ucraine, partendo da un dato relativo alla partecipazione femminile alla vita politica e istituzionale: “Con la sola eccezione di Yulia Tymoshenko la politica ucraina in questi anni ha espresso delle leadership solo maschili. Questo ha contribuito a mettere in secondo piano l’accesso delle donne nel Paese ai diritti economici e sociali. La militarizzazione, prima nel Donbass e poi nell’intero Paese a partire dagli ultimi otto anni, ha prodotto degli effetti negativi. Molte donne sono state sfollate in questi anni e altre sottoposte a violenze sessuali. Inoltre, la legge marziale che prevede che gli uomini in età per combattere siano costretti a rimanere nel proprio Paese o che comunque trovino grandi ostacoli nel lasciarlo, costringe le donne a fuggire dall’Ucraina da sole, spesso con figli a carico, molte sono anche minorenni non accompagnate. Abbiamo denunciato il rischio del traffico di essere umani. Tuttora in Polonia non esiste ancora un registro centrale degli arrivi, e non è chiaro chi si prenda carico di queste persone. Un fattore che complica la situazione”

Emma Bonino, senatrice +Europa

“Non sono un’esperta di Ucraina e non so come stessero le donne prima della guerra in corso. Quello che però ora sta succedendo, che sia in Africa, a Sarajevo o in Cecenia, è tutto già visto”, ha infine sottolineato Bonino. “Dopo la caduta di Srebrenica (in Bosnia, ndr) mi sono recata nel campo di Tuzla dove c’erano solo donne anziane e bambini, erano scomparsi 8 mila uomini. Il modello degli uomini che rimangono obbligati, o volontari, in guerra si è sempre visto. Ma con l’Ucraina potremmo agire in modo diverso. La comunità ucraina in Italia prima della guerra era di circa 280 mila persone, di cui l’80% donne. Le famose ‘badanti’ e ‘operatrici agricole’ di cui io non riesco ad avere i numeri dal Viminale per conoscere lo stato della loro regolarizzazione. In questa situazione è chiaro che ci sia grande richiesta da parte di queste donne di ricongiungimenti familiari. A me piacerebbe conoscere la situazione dopo i 92 mila arrivati in Italia ora. Mi rendo conto che siamo di fronte a una situazione mobile, però sarebbe utile conoscere quante regolari e quante irregolari abbiamo nel Paese. La situazione è confusa ovunque, io ancora non sono riuscita a capire che fine abbiano fatto i migliaia di profughi portati da Lukashenko al confine con la Polonia e accolti con idranti, polizia ed esercito. Sono morti? Li hanno riportati indietro? Non si sa, non ci sono dati chiari”. 

 

di Ivan Manzo

 

Vai all'archivio delle puntate di Alta sostenibilità, la trasmissione di ASviS a cura di Valeria Manieri, Ruggero Po ed Elis Viettone, in onda il lunedì dalle 12:30 alle 13:00 su Radio Radicale.

mercoledì 20 aprile 2022

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