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PARITÀ DI GENERE

Raggiungere l'uguaglianza di genere e l'empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e le ragazze

In Italia, solo il 16,2% delle laureate ha una laurea Stem (discipline scientifiche), contro il 37,3% degli uomini, nonostante un +5% delle iscrizioni femminili. Rimane al di sotto della media europea la padronanza di competenze digitali e finanziarie. Nell’Ue il 17% circa degli specialisti Ict (Information and communications technology) e un laureato Stem su tre è donna.

Notizie

Senza parità di genere non è a rischio solo l’Obiettivo 5 ma tutta l’Agenda 2030

L'ultimo Rapporto dell'Un Women mostra come il superamento delle diseguaglianze tra uomini e donne sia alla base dei 17 SDGs. Solo un’azione su più livelli può portare all'empowerment femminile nel mondo.

Più che del cielo, le donne sono l'altra metà dello sviluppo sostenibile: senza il loro vitale supporto e partecipazione il raggiungimento dell'Agenda 2030 risulta un traguardo improbabile. Non lascia spazio a molte interpretazioni il nuovo Rapporto “Trasformare le promesse in azione: la parità di genere nell’Agenda 2030” presentato a New York il 14 febbraio da Phumzile Mlambo-Ngcuka, direttore di United Nations Women. Attraverso dati, statistiche, proiezioni e casi di studio, l'Agenzia dell'Onu ha infatti mostrato come per il raggiungimento di quasi ogni singolo Target degli Obiettivi di sviluppo sostenibile la posizione di donne, bambine e anziane sia fondamentale per la costruzione di società più giuste e inclusive e una crescita economica stabile e duratura.

Le diseguaglianze di genere infatti restano saldamente una realtà nel mondo, con 4,4 milioni di donne in più rispetto agli uomini che sono costrette a vivere con meno di 1,90 dollari al giorno, ovvero al di sotto del limite di estrema indigenza definito dalle Nazioni Unite. Non si tratta però di questioni inerenti solo i Paesi più arretrati: negli Usa, ad esempio, il tasso di povertà delle donne nere, indigene americane e abitanti dell'Alaska è il doppio di quello delle donne bianche e asiatiche. Sempre in tema di diseguaglianze all'interno della stessa società, la situazione dell'India evidenzia un grave divario tra le giovani dai 20 ai 24 anni nate in una famiglia benestante e quelle di origini più povere che, rispetto alle prime, hanno ben 21,8 volte in meno la possibilità di frequentare una scuola. 

Lo studio si concentra anche sul filo rosso che, attraverso i 17 Goals, percorre i diversi aspetti della sostenibilità e il legame inscindibile con l'empowerment e la partecipazione femminili, sottolineando come ad esempio nelle famiglie nelle quali mancano le possibilità di nutrirsi adeguatamente (Goal 2) o permettere di studiare a tutta la prole (Goal 3), saranno proprio le bambine e le giovani le prime a rimanere senza cibo o a non ricevere una formazione. Saranno sempre le bambine provenienti da realtà più svantaggiate (Target 1.2) e obbligate al matrimonio precoce (Target 5.3) che avranno più probabilità di abbandonare gli studi (Target 4.1), avere dei figli in giovanissima età (Target 3.7), rischiare complicazioni durante il parto (Target 3.1) ed essere vittime di violenze (Target 5.2) rispetto alle ragazze ricche che si sposano più tardi. Questa serie di eventi aiuta a comprendere perché una bimba nata in povertà difficilmente avrà nel corso di tutta la sua vita gli strumenti per uscirne ed è spesso condannata passivamente ad assistere a un perpetuarsi delle diseguaglianze. Ecco perché la risposta di istituzioni e politica deve valutare le soluzioni in maniera integrata, prevedendo più piani di intervento: una donna che denuncia degli abusi, per esempio, deve poter fare ricorso al sistema giudiziario (Target 16.3), vivere in un posto sicuro (Target 11.1), accedere a cure mediche (Target 3.8) e contare su un lavoro dignitoso (Target 8.5).

Ancora: nonostante siano proprio le giovani a ottenere risultati migliori sui banchi scolastici, questa loro superiorità tarda a essere tradotta in migliori salari una volta giunte sul mercato del lavoro,  ricevendo in media nel mondo il 23% di remunerazione in meno rispetto ai colleghi; senza una netta azione di contrasto, sottolinea Un Women, serviranno altri 68 anni perché questo divario venga colmato. Discorso analogo e speculare per il lavoro non pagato di cura domestica e familiare, svolto dalle donne 2,6 volte in più degli uomini: sono proprio queste nelle case più disagiate dove mancano fonti idriche ed energia pulita a dover provvedere all'acqua e ai combustibili, mettendo a volte a repentaglio la propria salute e incolumità.

Guardando agli 89 Paesi per i quali sono disponibili i dati, infatti, più del 50% di donne e bambine residenti in città nei Paesi in via di sviluppo sono deficitarie di acqua pulita, servizi igienico-sanitari di base, case resistenti e spazio sufficiente per vivere. La violenza di genere risulta ancora un tema su cui è urgente intervenire: i numeri parlano chiaro. Una donna su cinque sotto i 50 anni ha subito abusi fisici o sessuali dal proprio partner negli ultimi 12 mesi, mentre in 49 Paesi non è presente una legge contro le violenze domestiche, in 45 non ne esiste una specifica sulle molestie sessuali e addirittura 37 Paesi non riconoscono il reato di stupro quando questo viene perpetrato all'interno di un matrimonio. Sul piano politico la rappresentazione nei parlamenti nazionali del genere femminile è fortemente squilibrata e in media solo il 23,7 dei seggi è occupato da donne.

Grazie a dei focus a livello macroregionale, è possibile analizzare alcune caratteristiche del sistema italiano, inquadrato nella cornice più ampia dell'Europa e del Nord America. Si può così osservare che, a fronte di una media regionale della quantità di lavoro non pagato di assistenza e cure a carico delle donne quasi doppia (1,9 volte), in Svezia il dato si attesta a 1,3 mentre in Italia è di addirittura tre volte. Nonostante il benessere diffuso, nel Paese esiste anche un divario nella sicurezza alimentare di uomini e donne dello 0,94%, con una percentuale dei primi a rischio fame del 7,01% e delle seconde del 7,95%. Inoltre fatica a decollare la percentuale di ricercatrici nel mondo accademico: solo il 36% del totale.

A chiudere il Rapporto, alcune idee e proposte affinché il Goal 5 e l'avanzamento dell’Agenda 2030 intraprendano velocemente una svolta significativa; ad esempio la riduzione del carico di lavoro non pagato che grava sulle donne, attraverso un sistema di cura e sostegno alla maternità che permetta loro di lavorare dignitosamente e provvedere così al mantenimento dei propri figli, oppure la necessità di avere a disposizione migliori e più numerose statistiche, perché la mancanza di dati regolari e raccolti in maniera costante compromette la possibilità di un adeguato monitoraggio.

Leggi il Rapporto “Trasformare le promesse in azione: la parità di genere nell’Agenda 2030”

di Elis Viettone

martedì 20 febbraio 2018

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