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Sussidi ambientalmente dannosi: il Mattm si confronta con la società civile
Analizzare diverse tipologie di sussidi e includere l’aspetto tecnologico nella misurazione: queste le proposte di associazioni, sindacati e fondazioni in audizione al ministero dell’Ambiente per la nuova edizione del Catalogo. 25/10/2019
In vista della redazione della terza edizione del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad) e dei sussidi ambientalmente favorevoli (Saf), il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm) ha invitato il 21 ottobre associazioni di imprese, sindacati, ong ambientali, think tanks e fondazioni per raccogliere commenti tecnici sulla seconda edizione del Catalogo 2017, ma anche suggerimenti e informazioni utili per l’edizione 2018.
Il coordinatore del gruppo di economia ambientale del Mattm ha esposto la metodologia di analisi dei sussidi e gli elementi del catalogo rispetto alla prima edizione, come:
- l’aumento delle misure analizzate da 131 a 161 (dal 2016 al 2017);
- la stima dei Sad è salita da 16,2 a 19,3 miliardi di euro, mentre quella dei Saf passa da 15,7 a 15,2 miliardi di euro;
- i sussidi incerti sono stimati in 6,6 miliardi di euro.
Nel confronto delle parti a cui è stato richiesto di intervenire sull’analisi del catalogo, è emersa più o meno in maniera diffusa la necessità di includere l’aspetto tecnologico nella misurazione dei sussidi. Gli interlocutori all’assemblea hanno fatto presente la mancanza di analisi di diverse tipologie di sussidi. Tutte le proposte sono state registrate ed è stato richiesto, a chi interessato, di scrivere una propria proposta di miglioramento del catalogo 2018 da inviare a SVI-1@minambiente.it.
La presentazione del catalogo a luglio
Alla presentazione della seconda edizione del catalogo tenutasi a luglio, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha dichiarato che “con questo catalogo il ministero dell’Ambiente prosegue nel suo impegno di fornire ai cittadini, alle imprese e agli studiosi un importante strumento di conoscenza, al parlamento e al governo uno strumento di conoscenza ma anche di decisione”. “Molti sussidi sono stati adottati nel nostro Paese in favore dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile” ha proseguito il ministro, “ma molti altri hanno effetti negativi, danno segnali di prezzo sbagliati rispetto alle scelte di consumo, produzione e investimento di cittadini e imprese”.
Molti Paesi, oltre l’Italia, fanno infatti ancora un utilizzo significativo di sussidi ambientalmente dannosi. Per questa ragione sono fondamentali gli impegni per la rimozione entro il 2025. “Non tragga in inganno la discussione tesa a limitare la definizione di sussidi alle fonti fossili a quelli ritenuti inefficienti” specifica il ministro. Infatti, “tutti i sussidi alle fonti fossili devono ritenersi economicamente e ambientalmente inefficienti”. Senza la loro rimozione diventerà infatti difficile, se non impossibile, “raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati come comunità globale a Parigi e all’Onu”. Il catalogo, trasmesso nella sua prima edizione nel febbraio 2017, in questa seconda ha provveduto ad aggiornare e arricchire i dati rilevati nel primo documento.
Ma fornire sussidi vuol dire anche aiutare i gruppi sociali in difficoltà economica, poiché “rifiuti zero” vuol dire anche “impatti sociali negativi zero”, essendo doveroso “garantire la transizione energetica ed economica a settori imprenditoriali vulnerabili alla concorrenza internazionale”.
Ma cosa si intende esattamente per “sussidi”?
“I sussidi comprendono gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati e le esenzioni da tributi direttamente finalizzati alla tutela dell’ambiente” si legge nel documento.
A livello di classificazione, il catalogo suddivide i sussidi in due principali categorie: sussidi diretti (leggi di spesa) e indiretti (o spese fiscali). Sono stati inclusi anche i sussidi “impliciti” come parte dei sussidi indiretti, ossia sussidi che possono emergere dalla tassazione ordinaria a danno o favore dell’ambiente. A questi si accompagnano una non ancora univoca definizione di Saf (Sussidio ambientalmente favorevole) o Sad (Sussidio ambientalmente dannoso): l’identificazione di questi due campi richiederebbe infatti la conoscenza di tutti gli impatti ambientali che derivano dai sussidi, informazione non ancora calcolabile nella sua interezza. Il documento rivela inoltre che nel 2017 sono stati identificati Saf pari a 15,2 miliardi di euro e Sad pari a 19,3 miliardi di euro.
L’obiettivo, dunque, è fornire le informazioni utili tramite diverse metodologie (ad esempio, quickscan e checklist) per una rimozione dei Sad e l’adozione e rafforzamento dei Saf.
Un’altra importante novità del 2018 è costituita dalla nuova pubblicazione, da parte dell’Ocse, dell’“Inventory of Support Measures for fossil fuels”, ovvero una banca-dati aggiornata ogni due anni che tende a misurare il sostegno globale, sia dal lato del consumo che della produzione, dei sussidi ai combustibili fossili.
Il G7 Ambiente, tenutosi a Bologna il 12 e il 13 giugno 2017 sotto la presidenza italiana, ha inoltre ribadito l’impegno a un lavoro accurato sui sussidi, e gli stessi Paesi appartenenti al G7 hanno riconosciuto l’importanza dei “benefici derivanti dal monitoraggio dei progressi compiuti nella rimozione progressiva degli incentivi, compresi i sussidi, non coerenti con gli obiettivi di sostenibilità”. In ambito G20, ci sono stati inoltre notevoli passi avanti rispetto alla prima edizione con la pubblicazione della peer review sui sussidi ai combustibili fossili per Usa, Cina, Germania e Messico e con la partecipazione all’esercizio, nel 2018, di Indonesia e Italia. A questo proposito, nel 2017, l’Italia, tramite il ministero dell’Ambiente, ha ospitato il primo incontro del gruppo esperti Onu sul Goal 12, contribuendo a sviluppare una metodologia per quantificare a livello globale i sussidi ai combustibili fossili, al fine di garantirne una tracciabilità in termini di riforma o rimozione degli stessi.
Da questo punto di vista, sostiene Francesco La Camera, direttore generale per lo sviluppo sostenibile, per il danno ambientale e per i rapporti con l’Ue e gli organismi internazionali, i policy maker possono offrire, ispirati da Ocse e Ue, almeno cinque opzioni principali:
a) abbattere altre forme di fiscalità maggiormente distorsive del mercato e della produzione (ad esempio lavoro e imprese);
b) finanziare attività ambientalmente rilevanti, a cominciare dall’eco-innovazione;
c) finanziare altre attività non-ambientali rilevanti ai fini dello sviluppo sostenibile (ad esempio scuole, ospedali, mobilità);
d) contribuire alla riduzione del debito pubblico accumulato;
e) finanziare la cooperazione ambientale internazionale (ad esempio clima e biodiversità) e gli SDGs;
f) un mix delle precedenti.
In conclusione, seguendo e ampliando gli argomenti affrontati nella prima edizione, sono stati introdotti nuovi temi, come: una prima ricognizione sui sussidi presenti nelle tariffe per servizi pubblici (bollette per energia elettrica, gas, acqua e rifiuti); il confronto con ministeri e autorità per approfondire le agevolazioni in materia di oneri generali di sistema per le imprese a forte consumo di energia; un’estensione dell’analisi alla tariffa dei rifiuti e alle tariffe idriche sia a livello nazionale che regionale.
di Flavio Natale e Giulia D’Agata