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Prometeia: usare la carbon tax come strumento complementare verso il 2030
Un “discussion paper” analizza la politica europea e propone di affiancare al sistema di scambio delle quote di emissione (Ets) una tassa per accelerare la transizione alle energie rinnovabili. 31/12/19
“Il cambiamento climatico sta procedendo più velocemente di quanto ci aspettassimo, e il leader globali devono agire per ridurre le emissioni carbon fossili”. Prometeia, società di consulenza italiana di Bologna, presieduta da Angelo Tantazzi e specializzata nel campo del risk management, wealth management e consulenza finanziaria, ha pubblicato il documento The European Roadmap to Carbon Neutrality, rapporto che analizza le politiche europee alla luce del Green Deal. Questo testo, discussion paper aperto ai contributi esterni, si pone il fine di sviluppare la discussione sulle future politiche europee.
Secondo le ultime previsioni, infatti, se non verranno compiute ulteriori azioni, la temperatura media salirà fino ai 4°C oltre i livelli preindustriali (entro la fine di questo secolo), e anche l’implementazione degli Accordi di Parigi non basterà a tenere il mondo al di sotto dei 2°C.
“Gli sforzi dell’Unione per combattere il cambiamento climatico sono abbastanza soddisfacenti, ma la Commissione europea ha alzato l’asticella” scrive Prometeia. Attualmente, l’Unione si è infatti impegnata a tagliare le emissioni del 40% entro il 2050, aumentando gli investimenti nell’energia rinnovabile e implementando la propria efficienza energetica. Questi target, però, diventeranno più ambiziosi negli anni a venire grazie agli impegni dell’European Green Deal.
Il Green Deal della Commissione europea pone tra i suoi obiettivi primari quello di estendere l’attuale sistema di scambio di quote di emissioni (Ets). Secondo questo sistema (attualmente in funzione), viene fissato un tetto alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti nazionali. Per restare entro questo limite, le imprese ricevono o acquistano quote di emissione che, se necessario, possono scambiare, o acquistare finanziando progetto sostenibili nel mondo.
“L’idea è quella di affiancare agli Ets delle carbon tax (Cbt)” afferma Prometeia. “Una carbon tax può infatti essere introdotta in un sistema di tassazione nazionale, portando il Paese in linea con i target dell’Agenda. Inoltre, la carbon tax ha il vantaggio di prevenire lo spreco o le emissioni di carbonio in eccesso”.
“Il Cbt resta comunque uno strumento complementare” sottolinea il documento, favorendo il passaggio alle risorse sostenibili nei Paesi che hanno ancora restrizioni insufficienti sulle emissioni, garantendo inoltre le risorse economiche per una transizione verde. Un approccio basato sia su Ets che Cbt, garantirebbe una riduzione delle emissioni dal 50 al 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
Ma qual è il prezzo che l’emissione di carbonio dovrebbe raggiungere per arrivare in linea con gli obiettivi del 2030?
Il Fondo monetario internazionale (Fmi) stima che il prezzo medio dovrebbe arrivare a 75 dollari. Lo studio dimostra che per molti paesi del G20 è anche sufficiente un prezzo di 25 dollari per raggiungere gli obiettivi di Parigi, ma per altri, come Italia e Australia, anche un prezzo di 75 dollari potrebbe non bastare. Per assicurare una riduzione globale di emissioni del 35% rispetto al livello attuale, il prezzo medio globale delle emissioni di carbonio dovrebbe comunque salire a 75 dollari per tonnellata entro il 2030, trovandosi oggi solo a due dollari per tonnellata.
A livello europeo, ricorda il documento di Prometeia, ci sono al momento quattro tipi di tasse ambientali che vengono applicate a energia, trasporti, inquinamento e risorse, e vengono utilizzate per influenzare il comportamento dei produttori e proteggere le risorse naturali. Nel 2017, le tasse ambientali nell’Unione europea ammontavano a 369 miliardi, comparati ai 264 del 2002, con un tasso di incremento annuale del 2,2%.
Le tasse energetiche sull’elettricità e sui consumi hanno costituito i tre quarti delle tasse ambientali nel 2017 (76,9%), mentre quelle sui trasporti hanno costituito il 19,8% e quelle sull’inquinamento il 3,3%. Le industrie e i cittadini hanno contribuito quasi equamente alle tasse energetiche (rispettivamente 51% e 47%), mentre quelle sui trasporti hanno gravato maggiormente sui secondi (65%, contro il 33% delle industrie), principalmente per il maggior quantitativo di veicoli posseduto dai cittadini.
Ma c’è bisogno di Stati capaci di dare vita a questi cambiamenti. “I policy maker giocheranno un ruolo cruciale, avendo il compito di rendere il passaggio a una società low carbon economicamente vantaggioso” conclude Prometeia. “Gli introiti delle tasse potrebbe essere riutilizzati per aiutare le famiglie in difficoltà economica e i lavoratori disoccupati, e promuovere investimenti diretti e sussidi per la transizione verso l’energia pulita, in particolare nelle regioni dove ancora le emissioni di carbonio sono ancora alte”.
di Flavio Natale