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LAVORO DIGNITOSO E CRESCITA ECONOMICA

Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un'occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti

Nel 2022 il tasso di disoccupazione nell'Unione europea era del 6%, mentre in Italia era del 7,9%. Gli effetti della crisi pandemica sono stati gravi e perdurano, specie tra i giovani, le donne e al Sud. L'Italia continua a detenere il primato negativo di giovani disoccupati che non studiano né si formano (Neet).

Il progresso verso l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne si vede ma è molto lento

a cura di Giuliana Coccia, Segretariato ASviS

La fine della discriminazione delle donne e delle ragazze di ogni età e la loro condizione è essenziale per il raggiungimento di molti altri SDGs. L’implementazione, il monitoraggio e la valutazione dei progressi dell’Agenda 2030 devono essere realizzati secondo una prospettiva di genere.
Luglio-Agosto 2017

“Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne e delle ragazze” è il quinto Goal dell’Agenda 2030 approfondito nell’ambito dell’High Level Political Forum (Hlpf), tenutosi lo scorso luglio a New York. Il progresso nel raggiungimento di questo Obiettivo si vede, ma è lento. Negli ultimi decenni la legislazione e le politiche a favore delle donne hanno fatto molti passi avanti, tuttavia la disuguaglianza di genere persiste in molti Paesi del mondo, impedendo alle donne di accedere in modo paritario a diritti di base ed opportunità e frenando il loro contributo allo sviluppo sociale ed economico dei singoli territori. L'approccio di genere è ancora basato soprattutto su una visione delle donne come parte della popolazione bisognosa di protezione (spesso si parla di donne insieme ai bambini, anziani e portatori di handicap) e certamente non c'è alcuna visione o considerazione delle donne come agenti dello sviluppo.

Gli ultimi dati disponibili per 87 Paesi mostrano, per il decennio 2005-2016, che il 19% delle donne tra i 15 e i 49 anni di età ha sperimentato violenza fisica e/o sessuale da parte di un partner intimo nei 12 mesi precedenti l’indagine. I matrimoni precoci stanno diminuendo ma non abbastanza velocemente: nel 2015 circa una donna su quattro tra i 20 e i 24 anni di età dichiarava di essersi sposata prima dei 18 anni di età; la pratica delle mutilazioni dei genitali femminili, sebbene diminuita di circa il 24% negli ultimi quindici anni, rimane molto alta nei 30 Paesi sui quali si hanno dati rappresentativi (nel 2015 più di una ragazza su tre tra i 15 e i 19 anni di età è stata sottoposta a tale pratica). Poco più della metà delle donne (52%) tra i 15 e i 49 anni di età sposate o in una unione stabile sono in grado di decidere liberamente sulle relazioni sessuali consensuali e sull’uso di contraccettivi e di servizi per la salute sessuale e riproduttiva. Le donne sono impegnate nel lavoro domestico e di assistenza non retribuito almeno tre volte in più rispetto agli uomini, con scarse opportunità di accesso ad un lavoro decente e con limitata partecipazione alla vita pubblica: meno di un quarto la componente femminile dei parlamenti nazionali (anche se in 46 Paesi, le donne detengono oggi oltre il 30% dei seggi) e alle cariche manageriali (meno di un terzo).

In ambito agricolo le donne contribuiscono in modo determinante alla produzione alimentare globale, anche se persistono importanti differenze nel possesso di terreni rispetto agli uomini; il guadagno derivante dall’eliminazione di questo gap potrebbe aumentare la produzione nazionale dal 2,5 al 4% e avere effetti anche sul problema della denutrizione (con una diminuzione del tasso di denutrizione stimato di oltre il 12%). Infine il digital divide è aumentato di oltre l’1,2% dal 2013, con un gap globale stimato di oltre 257 milioni di uomini con accesso a internet in più rispetto alle donne.

Negli ultimi anni alcuni progressi in ambito legislativo, politico e pratico sono stati realizzati, ma al momento non si dispone di una panoramica del quadro giuridico in vigore per promuovere e monitorare l’uguaglianza e la non discriminazione di genere. Questo progresso piuttosto lento suggerisce la necessità di un impegno politico molto più forte e di misure ambiziose e di un sistema di quote per spingere la partecipazione e l’empowerment politico delle donne.

Sin dall’adozione dell’Agenza 2030 gli Stati membri hanno attivato meccanismi per supportare l’implementazione degli SDGs, in molti casi già previsti da precedenti Trattati sottoscritti dai singoli Stati. Con lo scopo di sostenere questi Trattati, nel 2010 l’Onu ha creato UN-Women, unico organismo istituzionale per dirigere e coordinare le attività delle Nazioni Unite a favore di donne e ragazze per il raggiungimento della parità di diritti tra donne e uomini, come partner e beneficiarie anch’esse dello sviluppo, dei diritti umani, dell’azione umanitaria e della pace e sicurezza, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. UN-Women, principale attore per seguire e appoggiare l’attuazione dell’Obiettivo 5 e la trasversalità delle questioni relative alla disuguaglianza di genere e l’empowerment delle donne e ragazze negli altri Obiettivi dell’Agenda 2030, è stata molto attiva nella preparazione e svolgimento dei lavori dell’Hlpf.

La fine della discriminazione delle donne e delle ragazze di ogni età e la loro condizione, infatti, è essenziale per il raggiungimento di molti altri SDGs, come la piena partecipazione all’educazione a tutti i livelli (Goal 4) e l’accesso al mercato del lavoro (Goal 8). L’accesso ad un lavoro decente è spesso ostacolato dal troppo tempo dedicato al lavoro domestico e di cura e alla mancanza di infrastrutture disponibili e di tecnologia (Goal 9). Il Goal 5 deve quindi essere considerato tema trasversale a tutti gli altri 16 Goal e conseguentemente l’implementazione, il monitoraggio e la valutazione dei progressi dell’Agenda 2030 devono essere realizzati secondo una prospettiva di genere. In realtà, dei 230 indicatori SDGs, correntemente solo 53 (23%) hanno una disaggregazione per sesso. L’assenza di statistiche, attribuibile alla mancanza di risorse, indebolisce la capacità degli Stati di varare politiche basate sulle reali esigenze e di monitorarne gli effetti. I Governi e gli stakeholder possono contribuire ad aumentare gli investimenti per l’uguaglianza delle donne trasversalmente in molti settori, includendo la protezione sociale, le infrastrutture, l’agricoltura, la salute e l’educazione, la giustizia, i servizi di cura attraverso la mobilitazione di risorse nazionali, anche mediante modifiche dei sistemi di tassazione.

A livello globale e nazionale i Governi possono utilizzare i meccanismi esistenti per misurare il progresso verso la realizzazione dell’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne. A tal proposito si evidenziano i rapporti nazionali che scaturiscono dalla Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione delle donne (Cedaw) e le revisioni quinquennali della Piattaforma di Pechino per l’Azione del programma di Azione della Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo, che identificano trend territoriali ed opportunità di conoscere e modificare i gap nell’implementazione degli obiettivi del Goal 5. Questi ultimi sottolineati dalle discussioni nell’ambito della Hlpf tematic review del Goal 5, che, inoltre, hanno rimarcato la necessità degli sforzi dei Paesi per promuovere uguaglianza di genere mediante leggi e politiche idonee per proteggere i lavoratori nell’economia formale e informale; realizzare partnership intergenerazionale; misure per combattere la discriminazione, la violenza e atteggiamenti dannosi soprattutto per le donne; dare maggiore applicazione dei diritti sessuali e riproduttivi; la produzione di dati disaggregati per sesso per tutti gli obiettivi dell’Agenda 2030.

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