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LAVORO DIGNITOSO E CRESCITA ECONOMICA

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Nel 2022 il tasso di disoccupazione nell'Unione europea era del 6%, mentre in Italia era del 7,9%. Gli effetti della crisi pandemica sono stati gravi e perdurano, specie tra i giovani, le donne e al Sud. L'Italia continua a detenere il primato negativo di giovani disoccupati che non studiano né si formano (Neet).

Più occupazione per i laureati, ma il mismatch tra studi e lavoro resta un ostacolo

Secondo il XXVII Rapporto AlmaLaurea per i laureati italiani aumenta la soddisfazione per l’università.  Crescono i contratti a tempo indeterminato e migliorano gli stipendi, all’estero si guadagna molto di più. 26/6/25

giovedì 26 giugno 2025
Tempo di lettura: 5 min

Il 10 giugno, in occasione del convegno "Laureati e lavoro nel prisma del mismatch", organizzato in collaborazione con il Ministero dell’università e della ricerca e con il patrocinio della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), è stato presentato il Rapporto AlmaLaurea 2025. Il documento si articola su due principali indagini: la prima, dedicata al Profilo di chi consegue la laurea, ha coinvolto oltre 305mila laureati del 2024 provenienti da 80 atenei; la seconda, incentrata sulla Condizione occupazionale, ha analizzato quasi 690mila laureati di 81 università italiane.

Le indagini offrono uno spaccato articolato della condizione dei laureati italiani: più giovani soddisfatti del percorso universitario e in crescita sotto il profilo occupazionale, ma ancora alle prese con un mercato del lavoro che non sempre premia la coerenza tra studi e impiego. Il fenomeno del mismatch resta un tema multidimensionale e intrecciato con le dinamiche sociali, culturali ed economiche del nostro tempo.

Il profilo dei laureati

Dal Rapporto emerge un calo dell’età media alla laurea, che scende a 25,8 anni nel 2024, contro i 26,5 del 2014. Un calo graduale, anche se con un leggero aumento rispetto al 2022. L’età varia a seconda del tipo di percorso: si laureano in media a 24,5 anni gli studenti dei corsi triennali, a 27,1 quelli dei percorsi a ciclo unico e a 27,4 i laureati magistrali biennali.

Il mondo universitario italiano si conferma sempre più al femminile: le donne rappresentano il 59,9% dei laureati, una percentuale stabile da dieci anni. La presenza femminile raggiunge il 69,4% nei corsi magistrali a ciclo unico, ma rimane contenuta nelle discipline Stem (science, technology, engineering, mathematics), dove si ferma al 41,1%, percentuale rimasta invariata dal 2014.

Un ulteriore elemento emerso dall’indagine è l’influenza della famiglia d’origine: il 32,2% dei laureati ha almeno un genitore con titolo universitario, percentuale in crescita rispetto al 28% del 2014. Una tendenza che mostra come le scelte formative siano spesso coerenti con il background culturale e professionale dei genitori.

La soddisfazione per l’esperienza universitaria resta alta. Il 90,2% degli studenti si dichiara soddisfatto del corso di laurea frequentato, in netto aumento rispetto all’85,9% del 2014. Positivi anche i giudizi sui rapporti con i docenti (88,5%) e sull’adeguatezza delle aule (81,8%).

Positivo, infine, l’aumento della fruizione di borse di studio, dei tirocini curricolari e delle esperienze all’estero.

Occupazione e retribuzioni in crescita

Sul fronte occupazionale, i dati 2025 restituiscono un quadro positivo. A un anno dalla laurea, il tasso di occupazione raggiunge il 78,6% per entrambi i livelli di laurea, raggiungendo il valore più alto dell’ultimo decennio. Tuttavia, per ottenere un’analisi completa delle scelte e opportunità occupazionali offerte ai laureati bisogna considerare anche la consistenza della disoccupazione e dei laureati non occupati che non cercano lavoro. A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di disoccupazione è pari al 9,7% tra i laureati di primo livello e al 10,2% tra quelli di secondo livello.

Le retribuzioni mostrano segnali incoraggianti. A un anno dal conseguimento del titolo, ad esempio, i laureati triennali guadagnano in media circa 1.492 euro netti al mese, in aumento rispetto all’anno precedente (+6,9%). Si rileva, però, che oltre il 30% dei laureati ritiene la propria retribuzione poco o non adeguata rispetto al ruolo ricoperto.

In crescita anche la quota di contratti stabili: crescono i contratti a tempo indeterminato (39,5% tra i triennali, 29,8% tra i magistrali, ovvero rispetto al 2023 +4,6 punti percentuali per i primi e +3,3 punti per i secondi), che restano la forma di lavoro più diffusa; seguono i contratti a tempo determinato (28,0% e 23,6%, rispettivamente), i contratti formativi (15,3% e 22,3%, rispettivamente) e le attività in proprio (10,4% e 8,3%). A cinque anni dal conseguimento del titolo, la quota di chi è assunto con un contratto a tempo indeterminato supera la metà degli occupati e raggiunge addirittura il 73,9% tra i laureati triennali e il 54,6% tra i magistrali. Nella ricerca di lavoro, chi ha attribuito una rilevante importanza all’acquisizione di professionalità (+16,5%) presenta una maggiore probabilità di essere occupato a un anno dal titolo.

L’occupazione all’estero, infine, interessa il 4,1% degli occupati a un anno dalla laurea e il 4,6% degli occupati a cinque anni, che lavorano principalmente in ambiti come informatica, tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ingegneria, scienze e lingue. Le retribuzioni medie percepite all’estero sono notevolmente superiori a quelle degli occupati in Italia: a un anno dalla laurea superano i 2.200 euro mensili netti, +54,2% rispetto a quelle di chi è rimasto in Italia.

Il mismatch tra studi e lavoro

Nonostante il miglioramento generale, permane un importante disallineamento tra studi universitari e lavoro svolto, fenomeno noto come mismatch. Secondo AlmaLaurea, oltre il 30% dei laureati occupati a un anno dal titolo svolge un lavoro per cui la laurea non è formalmente richiesta o dove le competenze acquisite non vengono pienamente utilizzate. Il fenomeno riguarda in modo particolare chi ha studiato in ambiti umanistici, artistici, linguistici, psicologici ed economici.

Con riferimento al genere, si osserva che le donne ricoprono con maggiore frequenza ruoli per i quali è richiesto formalmente il titolo di laurea, ma nei quali non si fa un utilizzo elevato delle competenze acquisite durante gli studi. Anche l’origine sociale è un fattore determinante. I figli di genitori laureati sono meno esposti al rischio di mismatch, soprattutto se hanno seguito un percorso di studi coerente con quello familiare.

Infine, i laureati italiani appaiono oggi più selettivi nelle scelte occupazionali. A un anno dal titolo, infatti, tra i laureati triennali e magistrali, non occupati e in cerca di lavoro, la quota di chi accetterebbe una retribuzione inferiore a 1.250 euro è pari, rispettivamente, al 33,3% e al 26,2%.

 

di Ilaria Delle Carpini

 

Copertina: Unsplash

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