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Si diffondono i Green office, laboratori per la sostenibilità negli atenei
Dai Paesi Bassi arrivano anche in Italia le “le officine della sostenibilità” che uniscono studenti e personale universitario in un impegno di ricerca, formazione e cittadinanza attiva. Le prime iniziative a Torino e a Bologna.
Sono spuntati come funghi negli atenei europei ed ora arrivano anche in Italia; sono i Green office (Go), un’invenzione olandese che mette insieme giovani e sostenibilità. Si tratta di iniziative gestite da studenti che, con il supporto di amministratori e docenti dell’ateneo, mette in pratica progetti a impatto sociale e ambientale.
Con il Go si va al di là del solo associazionismo o del solo volontariato ma si lavora come in una Ong: con un budget, un proprio statuto e un gruppo di dirigenti, composto di studenti e ricercatori. Di Go ormai se ne contano diversi: 29 sparsi fra Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svezia, Regno Unito. Tutti differenti ma con sempre gli stessi “ingredienti”: un minimo di due studenti impiegati; almeno un membro del personale universitario (amministratore, professore o ricercatore); una ventina di studenti volontari; uno spazio per organizzare i progetti e le varie attività; un fondo per metterli in pratica e infine il mandato dall’ateneo per dare il via al tutto.
Ma cosa fanno davvero i Go? Le attività coprono diversi campi della sostenibilità, come la mobilità sostenibile, il riciclaggio dei rifiuti, il consumo di prodotti biologici o l’utilizzo di energia rinnovabile. Il Go dell’ateneo di Maastricht per esempio, il primo a lanciare l’iniziativa, ha contributo ad aumentare il riciclaggio dei rifiuti elettronici del 185%. In Germania invece, a Hildeshein, gli studenti hanno dato origine ad una piattaforma di car-sharing mentre a Ghent sono riusciti a piantare due ettari di foresta. In UK invece si affronta il problema dello spreco del cibo: con il FoodCycle project, l’Università di Exeter è riuscita a prevenire circa 250 Kg di sprechi alimentari.
Il network è gestito da rootAbility, un social business no-profit che connette i vari Gos e supporta studenti e staff nella fase di avvio. Quello che era iniziato come un esperimento si è sviluppato in un modello open-source internazionalmente riconosciuto ed anche premiato: nel 2015, grazie al modello Go, rootAbility si è guadagnata l’Unesco Japan Prize per lo Sviluppo Sostenibile.
E in Italia? Il Go è arrivato anche qui nel 2016 con il supporto di rootAbility, precisamente a Torino dove è partito così: un budget annuale di 60mila euro ed un team di cinque ricercatori e cinque studenti. Oggi si chiama UniToGo (UniTo Green Office) e porta avanti progetti sulla sostenibilità con cinque gruppi di lavoro in: acquisti ecologici, cibo, energia, mobilità e rifiuti. “La potenzialità dell’UNIToGo” dice Egidio Dansero, il docente delegato del Rettore per la sostenibilità ambientale “sta nell’unire formazione, ricerca e cittadinanza attiva, una combinazione vincente per portare la sostenibilità dalla teoria alla pratica”.
Ora un altro “green fungo” sta per spuntare anche nell’Università di Bologna, partito dall’iniziativa di “Terracini in Transizione”, il Living-Lab della Scuola di ingegneria e architettura. Il primo Go, questo di Bologna, a essere fondato dall’Università insieme al Comune: vi parteciperanno infatti non solo studenti e docenti universitari ma anche i cittadini, con i quali si lavorerà per la promozione dell’eco-imprenditorialità e la riqualificazione del territorio.
“La creazione del Go nel nostro Paese non è semplice”, dice Giorgia Silvestri, coordinatrice del movimento Go in Italia, “gli studenti sono più scettici davanti a questo tipo di iniziative mentre gli atenei sono meno inclini a sostenerle. L’esperienza di Torino insegna però che il Go in Italia si può fare e si possono raggiungere dei risultati concreti. Ora stiamo lavorando per promuovere l’iniziativa: dal 30 Maggio al 2 Giugno si terrà il Southern European Green Office Summit a Torino e speriamo ci sia una grande partecipazione, sia da parte degli studenti che dei docenti universitari”.
Insomma, grazie alla passione e determinazione dei giovani del rootAbility, nei prossimi anni potremmo assistere alla comparsa, anche nel “più ostile” territorio italiano, di nuovi ed innovativi “funghi Go”.
di Francesca Cucchiara