Notizie
La crisi mette a nudo le forti disparità economiche e sociali presenti tra regioni
L’ultimo rapporto dell’Ocse mostra come le diverse zone degli Stati membri hanno reagito all’esplosione della pandemia. In Italia diverse fratture, come quelle su accesso ai servizi sanitari e digitalizzazione. 1/12/20
La crisi pandemica ha rivelato tutti i limiti dell’attuale modello di sviluppo evidenziando le forti disparità presenti non solo tra Nazioni, ma anche all’interno delle stesse. Disuguaglianze che generano malcontento tra la popolazione, innescando una serie di problemi sociali collegati con i temi della digitalizzazione, dell’economia e dell’accesso ai servizi sanitari, così fondamentali mentre si è nel bel mezzo di un’emergenza globale.
Una questione affrontata dall’Ocse nel suo ultimo rapporto “Regions and cities at a glance 2020”, presentato il 30 novembre nell’ambito di un evento in streaming a cui ha preso parte, tra gli altri, il portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini. “Alcune nostre città hanno scoperto di essere vulnerabili e ora si interrogano sul proprio futuro”, ha sottolineato Giovannini durante l’evento di lancio, “I dati dell’Ocse ci dimostrano chiaramente che i centri urbani devono affrontare grandi sfide, come l’evoluzione tecnologica e il cambiamento climatico. Le persone hanno realizzato che passare due ore nel traffico non è sostenibile, e questo avrà ripercussioni sui nuovi modelli di consumo e sulle nuove forme di mobilità. In generale, la crisi rafforza la necessità di andar oltre il Pil. Vulnerabilità e resilienza sono le parole chiave”.
Lo studio, che analizza come le diverse regioni dei Paesi Ocse hanno reagito nel momento in cui è esplosa la pandemia, mette in mostra numeri che non lasciano spazio a interpretazioni. Sebbene il diritto alla salute debba essere garantito a tutti, le aree metropolitane e le zone limitrofe con quasi il doppio dei posti letto ospedalieri posseduti (10 ogni 1.000 abitanti) rispetto alle zone remote, si sono dimostrate più resilienti agli impatti del Covid-19. Aspetto che si riflette nei tagli che negli ultimi decenni sono stati apportati al settore sanitario, basti pensare che mentre la riduzione dei posti letto per abitante nei Paesi Ocse è in media del 6% per le realtà urbane, sale al 22% per le aree remote.
Tra le zone in cui queste disparità sono apparse maggiormente evidenti, il Rapporto cita alcune parti della Colombia, della Spagna e dell’Italia, dove il numero dei decessi tra febbraio e giugno 2020 è stato di almeno il 50% più alto rispetto alla media dello stesso periodo nei due anni precedenti.
I tassi di mortalità della pandemia non sono però dettati dalla sola possibilità di accedere o meno al servizio sanitario nazionale, ma anche dalle condizioni di salute dei cittadini. L’Ocse, infatti, ricorda che in alcune regioni del Messico, del Cile e degli Stati Uniti quasi il 40% della popolazione vive una condizione di obesità, fattore che rende le persone più vulnerabili al Covid-19. Un esempio è dato dal Mississipi, dove proprio per via degli alti tassi di obesità la probabilità di sviluppare sintomi gravi del virus è in media del 23% in più rispetto al Colorado.
Altro aspetto che incide sul buono stato di salute della popolazione riguarda la qualità dell’aria. Nonostante al momento non sia possibile stabilire in modo certo se l’inquinamento atmosferico abbia fatto da “carrier” (veicolo/portatore del virus), lo studio evidenzia che vivere in zone dove si sforano costantemente i limiti imposti dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) sulla qualità dell’aria, può incidere negativamente sul proprio organismo rendendo così le persone più fragili alla malattia Covid-19. Anche qui l’Italia rappresenta un caso emblematico, basti pensare che nella Penisola si respira la peggior aria d’Europa e, in particolar modo, nella zona della Pianura Padana.
Altro capitolo dell’analisi Ocse è poi dedicato alle conseguenze economiche e sociali del lockdown. Una decisione giusta da parte dei governi, secondo l’Ocse, che ha contribuito a salvare più persone possibili mettendo in sicurezza il settore sanitario, ma che ha cambiato le abitudini dei cittadini e il modo di intendere i rapporti personali. La crisi, per esempio, ha dato il via a un cambio radicale nel mondo del lavoro rendendo necessaria in molte circostanze la pratica dello smart working. Tuttavia, non tutti i Paesi (e le regioni) si sono dimostrati all’altezza della sfida. “La quota di lavoratori che può potenzialmente lavorare da casa passa da oltre il 50% per chi vive in alcune capitali europee, come Londra e Stoccolma, a meno del 25% in alcune regioni dell’Italia, della Colombia, della Spagna e della Turchia”, si legge infatti nel Rapporto, che avverte: “una situazione che potrebbe dare luogo a uno shock economico nelle zone dove c’è meno possibilità di lavoro a distanza”.
Per agevolare lo smart working, ma in generale per rendere le nostre città più resilienti e a misura d’uomo, l’Ocse consiglia ai governi di non perdere l’opportunità offerta dal processo di digitalizzazione, in modo da connettere e donare le stesse opportunità anche a chi al momento non può usufruire dei benefici di una connessione veloce al web, sia per motivi legati all’infrastruttura e sia per la mancanza di strumenti digitali. In alcune parti d’Italia, per esempio, un quarto della popolazione non possiede un computer e non usa internet.
Resta poi da valutare il tipo di impatto che la diffusione del virus Sars-Cov-2 provocherà sull’economia e, in particolare, sul reddito pro capite delle persone. Negli ultimi anni in metà dei Paesi Ocse la differenza di reddito tra la parte più ricca e quella più povera della popolazione è cresciuta, e i primi trend ci dicono che la situazione non cambierà senza politiche a sostegno dei più svantaggiati.
È necessario dunque un cambiamento, che deve abbracciare tutti gli aspetti della nostra società e non focalizzarsi solo su determinati punti.
Per portare il mondo su un sentiero di sviluppo sostenibile, serve una visione sistemica in grado di rispondere alla forte richiesta di benessere che arriva dalla popolazione. Mentre infatti si sta combattendo l’emergenza del Coronavirus, non bisogna dimenticare che le città devono trasformarsi per costruire una società e un’economia basate sul principio della neutralità climatica (l’obiettivo al 2050 previsto dall’Accordo di Parigi). Motivo per cui l’Ocse, infine, raccomanda una ripresa basata su politiche resilienti ricordando che governi, città e territori sono in prima linea per rendere il mondo un posto più giusto, equo e inclusivo; in grado, così, di affrontare in modo più efficace ed efficiente gli shock economici, sociali e ambientali che ci aspettano nel prossimo futuro.
di Ivan Manzo