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Nel 2022 il tasso di disoccupazione nell'Unione europea era del 6%, mentre in Italia era del 7,9%. Gli effetti della crisi pandemica sono stati gravi e perdurano, specie tra i giovani, le donne e al Sud. L'Italia continua a detenere il primato negativo di giovani disoccupati che non studiano né si formano (Neet).

Notizie

Nel Pnrr mancano target, valutazioni d’impatto e riforme per guidare gli investimenti

In un’audizione alla Camera, Giovannini ha messo in luce le mancanze del Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Serve anche una revisione del Piano energia e clima e un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici”. 5/02/21

La bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), presentata dal governo, presenta diverse lacune. Lo ha spiegato il 4 febbraio il portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, Enrico Giovannini, durante un’audizione delle Commissioni Bilancio e Ambiente della Camera dei Deputati.

“Se confrontiamo le linee guida fornite dalla Commissione su come costruire il Pnrr, troviamo una corrispondenza elevata” ha esordito Giovannini, “tuttavia serve una ricomposizione delle missioni previste dal Pnrr italiano, in modo da dare coerenza al Next generation Italia”.

In sostanza, l’Europa ha reso i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile una priorità, e da questi sono stati derivati i sei pilastri su cui si poggiano le linee guida per l’utilizzo del Next generation Eu. Una connessione importante, che presuppone una piena coerenza tra le politiche da mettere in campo.

Attualmente nel Pnrr italiano manca la definizione di target e obiettivi quantificabili, come invece dovrebbe essere, e servono indicatori di risultato di tipo finanziario e non. Altro capitolo in cui è carente il Piano italiano è quello legato alle riforme, che sono necessarie e che devono guidare gli investimenti. Le risorse e gli investimenti che scaturiranno dal Next generation Eu devono, infatti, andare di pari passo con il Piano nazionale di riforme (Pnr) e, per questo motivo, quest’ultimo andrebbe riscritto con un’ottica diversa da quella usata negli ultimi anni.

“Elemento importante” ha continuato Giovannini, “è il fatto che i progetti presenti nel Piano devono rispondere al principio di non nuocere all’ambiente. Un principio fortissimo, coerente e in linea con il Green new deal. Questo nel Pnrr non si vede”. Risulta infatti assente la questione “biodiversità”, nonostante parliamo di un tema centrale a livello europeo.

Tutto deve procedere in maniera coerente: serve coerenza tra uso dei fondi europei e italiani, e tra i diversi altri Piani che l’Italia deve presentare con urgenza. Esempio è dato dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), ancora non in linea con l’ambizioso obiettivo europeo del taglio del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030, rispetto al 1990; e dal Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico che in Italia ancora manca. Due elementi, questi, di debolezza, che potrebbero indurre l’Europa a dubitare sulle serie intenzioni italiane.

Per quanto riguarda il mondo dell’occupazione giovanile “manca totalmente la citazione della garanzia giovani, nonostante le linee guida Ue ne chiedano esplicitazione”, ha dichiarato Giovannini.

Sempre sul principio di coerenza, dal Piano nazionale non si evince un cambio di direzione della programmazione finanziaria nazionale in favore dello sviluppo sostenibile. Per spiegarlo Enrico Giovannini ha portato questo esempio al tavolo di dibattito: “dei 209 miliardi di euro dobbiamo indirizzare circa 80 miliardi alla transizione ecologica, ma attualmente destiniamo 19 miliardi di euro del bilancio dello Stato nella direzione opposta (in sussidi dannosi all’ambiente). Uno scompenso che va corretto prima possibile”.

Senza una buona governance, pur ottenendo l’intera cifra che ci spetta, non saremo però in grado di spendere in maniera efficace ed efficiente le risorse. Su questo aspetto il Pnrr italiano non chiarisce come debbano essere ripartiti i fondi e, su temi che impattano su materie di competenza statali, regionali e delle città, serve una serio coordinamento di “governance multilivello” per raggiungere i risultati sperati.

Altro elemento da tenere in considerazione è la valutazione dell’impatto che il Pnrr avrà su ambiente e società; anche qui non sono presenti stime nel documento italiano, a parte quelle “importanti ma non esaustive” sull’andamento macroeconomico.

Infine, Giovannini ha ricordato come l’Italia sia avanti sugli indicatori sulle disuguaglianze di genere, “mi piacerebbe vedere per esempio l’impatto del Pnrr sui settori maschili e femminili. Perché, se per qualche ragione si investisse in settori ad alta occupazione maschile, allora bisognerebbe mettere in campo delle politiche compensative o formative per evitare aumenti di divari di occupazione, già drammatici nel Paese”.

 Rispondendo a una domanda della deputata Chiara Braga, il portavoce dell’ASviS ha detto: “Ho ascoltato oggi le parole di Giuseppe Conte che ha proposto alle forze che hanno sostenuto il suo governo una sorta di Alleanza per lo sviluppo sostenibile. A parte il fatto, e lo dico sorridendo, che l’ASviS ha compiuto proprio ieri cinque anni di attività, se questa è la prospettiva, allora va cambiato il Pnrr. C’è ancora tantissimo da fare su questi temi, e l’ASviS è a disposizione del Parlamento. Ricordo che, proprio sul Pnrr e sulla Legge di bilancio, presenteremo a fine febbraio un’analisi dettagliata che offre la visione integrata di tutte le nostre 300 organizzazioni”.

di Ivan Manzo

Guarda le slide presentate all’audizione

venerdì 5 febbraio 2021

Aderenti

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