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L’economia creativa cresce ma può diventare più inclusiva e sostenibile
L’Onu ha dichiarato il 2021 l'anno dell'economia creativa per lo sviluppo sostenibile. Un rapporto della piattaforma "Creativity, Culture & Capital” spiega come gli investimenti nel settore saranno cruciali per le grandi sfide globali. 10/03/2021
La creatività e la cultura sono stati riconosciuti settori chiave per la ripresa globale: contribuiscono al dialogo e alla comprensione dei popoli e allo stesso tempo sono ambiti fertili per l'innovazione e per una crescita inclusiva e sostenibile. Non più soltanto economia e tecnologia, ma per la prima volta l'Onu ha incluso anche creatività e cultura tra i settori determinanti per lo sviluppo a livello globale.
È quanto emerge da un rapporto intitolato "Impact investing in the global creative economy" pubblicato a gennaio all'interno della piattaforma online "Creativity, Culture & Capital", che riunisce stakeholder internazionali dell’industria della cultura e della creatività . Tale report fa riferimento alla risoluzione approvata il 19 dicembre 2019 dalla 74esima Assemblea generale delle Nazioni unite, e sostenuta da più di 81 Paesi, in cui si dichiara il 2021 l'anno internazionale dell'economia creativa per lo sviluppo sostenibile.
Le industrie creative rappresentano il 3% del Pil globale e includono: arti dello spettacolo, editoria, pubblicità, architettura, arti e mestieri, design, moda, film, video, fotografia, musica, ricerca e sviluppo, software, giochi per computer, editoria elettronica, Tv e radio. Tale percentuale è in rapido aumento, poiché cresce ogni anno del 9% e del 12% nei Paesi in via di sviluppo. Ciò significa che l'economia creativa è uno dei settori dell'economia mondiale in più rapida crescita e, secondo recenti previsioni, rappresenterà circa il 10% del Pil globale nei prossimi anni.
C'è la possibilità, quindi, ora - prima che il settore cresca ancora di più - di modellare l'economia creativa in modo da renderla più inclusiva e sostenibile, afferma il report. Per questo oggi si punta sul modello di “investimento a impatto” (“impact investing”), con cui si intende un approccio di investimento che, oltre a un ritorno finanziario, mira a generare un impatto sociale e ambientale positivo e misurabile. L'investimento a impatto premia quelle imprese che seguono gli standard di sicurezza, rispettano la dignità dei lavoratori, condividono i principi della diversità e dell'equità e dimostrano attenzione per la comunità locale e per l'ambiente.
Negli ultimi anni, le principali istituzioni finanziarie globali hanno aggiunto team di consulenti esperti in impact investing e hanno lanciato sempre più fondi a impatto in risposta alla crescente domanda dei clienti. A tal proposito, già nel 2018 Larry Fink, Ceo di BlackRock, il più grande asset manager del mondo, ha sottolineato il legame tra profitto e sostenibilità, e nel 2020 ha confermato e ribadito che “la sostenibilità dovrebbe essere il nostro nuovo standard per gli investimenti”.
Il Rapporto illustra, inoltre, le esperienze di numerosi Paesi nonché le opportunità offerte dall'economia creativa, e si articola intorno a due grandi tematiche: la “creatività al lavoro” e “la connessione del capitale d'impatto”. La prima sezione raccoglie le esperienze di collaborazione tra artisti innovativi, imprenditori culturali e investitori d'impatto, uniti al fine di dimostrare il potenziale dell'economia creativa. Tra i progetti si distingue il modello argentino di Potrero Digital, una rete di centri di educazione tecnologica che mira a generare opportunità di impiego per giovani sottoccupati nell'economia digitale. Il termine “potrero”, spiega il report, indica “un terreno abbandonato in un quartiere dove i bambini ancora oggi si riuniscono per giocare a calcio” ed è stato scelto per “incoraggiare quegli stessi adulti cresciuti giocando nel potrero” a trasmettere le proprie conoscenze nel campo digitale ai giovani esclusi dal settore. Le collaborazioni con i pionieri del digitale possono essere funzionali anche alle arti sceniche per reinventare la connessione con il pubblico. È ciò che è accaduto nel Regno Unito alla Royal Shakespeare Company: con l’arrivo della pandemia, la compagnia teatrale ha completamente riadattato gli spettacoli in forma digitale, grazie a finanziamenti che hanno permesso una ricostruzione online dello spazio scenico.
Riguardo al tema della connessione del capitale d'impatto, un importante esempio proviene dall'Italia. L'iniziativa “Fu/iNDING CULTURE - Finanza ad impatto per l’arte e la cultura” si ispira all'Arts Impact Fund di Nesta con il supporto della Compagnia San Paolo. Il progetto mira a sostenere opere italiane ad impatto sociale promosse da organizzazioni artistiche e culturali mediante l’erogazione di prestiti a medio-lungo termine. Non sono richieste garanzie da parte delle organizzazioni beneficiarie, ma un solido progetto che dimostri di produrre ritorni economici, finanziari e sociali. Lo scopo è quello di promuovere una mentalità imprenditoriale e un approccio sostenibile nel settore artistico e culturale.
Nel prossimo futuro, in un mondo che sta cercando di riprendersi da una pandemia e dai suoi effetti senza precedenti, il percorso della crescita economica è incerto. Secondo quanto si legge nel Rapporto, “ora più che mai, abbiamo bisogno del pensiero creativo, dell'innovazione e della capacità di problem solving per immaginare noi stessi fuori dal solco in cui ci troviamo”. Le industrie culturali e creative sono, quindi, da considerare parte integrante della ripresa globale e occorre incoraggiarne la promozione: se ciò accadesse, l'economia creativa sarebbe in grado di apportare benefici a lungo termine e contribuire sensibilmente al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
di Elisa Capobianco