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Per la parità di genere dovremo attendere un’altra generazione di donne
Allo stato attuale serviranno 135,6 anni per colmare il divario di genere. L’Islanda è per la 12esima volta il Paese con il miglior punteggio, l’Italia è al 63esimo posto. L’empowerment politico è il settore con il gap maggiore. 14/04/21
Giunto alla sua 15esima edizione, il “Global Gender Gap Report 2021” del World economic forum valuta l’evoluzione e tiene traccia dei progressi nei divari di genere in quattro dimensioni chiave: partecipazione e opportunità economica, rendimento scolastico, salute e sopravvivenza, empowerment politico. L’edizione di quest’anno, diffusa il 31 marzo, confronta 156 Paesi e misura i risultati tenendo conto dell’impatto della pandemia da Covid-19.
Secondo il Rapporto, l'emergenza sanitaria e la relativa recessione economica hanno avuto un impatto più grave sulle donne che sugli uomini, allargando i divari che erano stati, in parte, colmati. A livello globale, il punteggio sulla parità di genere è al 68%, 0,6 punti percentuali in meno rispetto alla passata edizione. A questi ritmi, sottolinea il Report, ci vorranno 135,6 anni per colmare il gap.
L'Islanda è per la 12esima volta il Paese con il miglior punteggio di parità di genere al mondo, seguito da Finlandia, Norvegia, Nuova Zelanda e Svezia. I cinque Paesi che hanno registrato maggiori progressi sono Lituania, Serbia, Timor Est, Togo ed Emirati Arabi Uniti, che hanno ridotto il divario di genere di almeno 4,4 punti percentuali. L'Europa occidentale rimane la regione che ha progredito maggiormente verso la parità di genere (77,6%), seguita da Nord America (76,4%), America Latina e Caraibi (72,1%) ed Europa orientale e Asia centrale (71,2%).
Tra le quattro dimensioni chiave esaminate, l’empowerment politico è il settore che presenta il divario maggiore, con solo il 22%. A livello globale, rispetto alla precedente edizione del Rapporto, è aumentato il numero di donne nei parlamenti e due Paesi (Togo e Belgio) hanno eletto il loro primo ministro donna. Tuttavia, nei Paesi analizzati solo il 26,1% di circa 35.500 seggi è rappresentato da donne e, su 3.400 ministri, le donne rappresentano il 22,6%. Inoltre, in 81 Paesi non c’è mai stata, fino al 15 gennaio 2021, una donna capo di stato.
Il divario nella partecipazione e nelle opportunità economiche è il secondo più grande fra i quattro monitorati, con una percentuale del 58%. Secondo il report, con questi ritmi, ci vorranno 267,6 anni per colmare il gap in questo ambito. Il lento progresso osservato nella riduzione del divario di partecipazione economica e opportunità è il risultato di due tendenze opposte: da un lato, il crescente numero delle donne tra le professioniste qualificate, così come i progressi verso la parità salariale; dall’altro, le disparità di reddito complessive sono state colmate solo in parte, ed è evidente la mancanza di donne in posizioni di leadership, percentuale ferma al 27% tra le posizioni manageriali.
I divari di genere nei due cluster rimanenti, istruzione e salute e sopravvivenza, sono quasi colmati, secondo il Rapporto. Nel livello di istruzione, il 95% del divario è stato colmato, con 37 Paesi che hanno raggiunto la parità. In Health and Survival, il 96% del gap è stato colmato con un calo marginale l'anno scorso non dovuto alla pandemia.
A tal proposito, sottolinea il Report, ci saranno importanti conseguenze sul divario di genere a causa del Covid-19. Secondo le prime proiezioni dell’Organizzazione internazionale lavoro (Oil), l'Agenzia del lavoro delle Nazioni Unite, il 5% di tutte le donne occupate ha perso il lavoro, rispetto al 3,9% degli uomini occupati. Inoltre, continua il Rapporto, la crisi pandemica ha accelerato alcuni settori come l'automazione e la digitalizzazione e portato a un crescente “doppio carico” di lavoro e cura familiare, con conseguenze maggiori soprattutto sulle donne.
I dati evidenziano importanti sfide per la parità di genere nel futuro del lavoro a causa della crescente segregazione professionale. I gap sono più probabili nei settori che richiedono elevate competenze tecniche, come ad esempio nel cloud computing, dove le donne rappresentano il 14% della forza lavoro; in ingegneria (20%) e nei settori legati all’intelligenza artificiale (32%). È probabile, conclude il World economic forum, che la pandemia possa danneggiare le future opportunità economiche per le donne, con prospettive di reimpiego inferiori e conseguente calo del reddito. Per affrontare queste sfide occorrerà introdurre politiche e pratiche attive per il superamento della segregazione occupazionale, con ulteriori investimenti nel settore dell'assistenza e nell'accesso equo al congedo di cura per uomini e donne. politiche efficaci di riqualificazione a metà carriera, assunzioni e pratiche di promozione imparziali, in modo da poter aprire la strada a un futuro del lavoro più equo tra i sessi.
di Tommaso Tautonico