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Rapporto Ispra: ecco dove la transizione ecologica è iniziata, e dove no

L’istituto rivela aspetti positivi e negativi dell’ambiente in Italia. Si utilizzano meno materiali e aumentano le foreste, male il consumo di suolo, l’inquinamento delle acque, il dissesto e le specie aliene.  16/12/21

Transizione ecologica: dove va l’ambiente italiano? A chiederselo è l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) attraverso lo studio “Transizione ecologica aperta”, pubblicato il 13 dicembre e indirizzato al mondo politico, dell’informazione e della società civile, per chi in sostanza intende vederci chiaro nell’attività di gestione del patrimonio ambientale italiano. Soprattutto in un momento storico dove ci si interroga sul futuro del Pianeta, e dove il nostro Paese è chiamato a spendere preziose risorse del Next generation Eu, orientate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), in favore di un nuovo paradigma economico.

Il Rapporto, oltre a fornire una panoramica sulle diverse questioni che mettono a rischio il buono stato della biodiversità italiana, ne sono un esempio il consumo di suolo e le specie aliene invasive, mostra i passi avanti che sono stati compiuti. Di particolare importanza è il dato relativo al “disaccoppiamento” che si è verificato a partire dagli ultimi anni fra crescita economica e uso di energia e materie prime: “all’aumento della prima, corrisponde la diminuzione del secondo”. Un fenomeno che l’Ispra, nella presentazione del Rapporto, sottolinea e identifica con “una bellissima espressione: sviluppo sostenibile”.

Ambiente Italia: cosa c’è di buono e passi avanti. “Il merito dei passi avanti compiuti è di tutto il Paese”, ha sottolineato il presidente dell’Ispra, Stefano Laporta, in apertura del rapporto, “I cittadini e le loro associazioni hanno chiesto un ambiente più pulito, la politica nazionale ed europea ha risposto, le aziende hanno innovato prodotti e processi”.

Oltre un terzo della superficie nazionale è ricoperta da boschi, dal secondo dopoguerra a oggi le foreste italiane sono aumentate passando da 5,6 a 11,1 milioni di ettari. Un dato importante, basti pensare che Germania e Svizzera hanno il 31% del territorio ricoperto da foreste mentre l’Italia il 37%.

Rispetto al 1990, invece, le emissioni gas serra si sono ridotte del 19% soprattutto per una contrazione nei comparti più impattanti, i quali hanno investito in tecnologie meno “sporche”. Questo ha per esempio permesso un taglio del 33% delle emissioni per le industrie energetiche e del 46% per l’industria manifatturiera. Va però ricordato che, in generale, siamo ancora lontani dall’obiettivo che si è posta l’Ue del taglio del 55% dei gas serra entro il 2030, sempre rispetto al 1990.

Anche se restano enormi i problemi che l’Italia ha con lo “smog” (soprattutto in pianura Padana), basti pensare che siamo primi nella triste classifica europea delle morti premature annuali per tale causa (circa 80 mila decessi), l’Ispra segnala che sono in costante diminuzione tutte le principali fonti di inquinamento atmosferico. Inoltre, la situazione a seguito di “normative sempre più stringenti, dei controlli quotidiani di Ispra e Snpa (Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente), e dell’innovazione tecnologica in ogni ambito”, dovrebbe continuare a migliorare.

Se guardiamo alla velocità che deve avere la transizione per combattere le crisi ambientali, l’economia circolare è ancora poco sfruttata per il suo potenziale, anche se “significativi sono stati i progressi nella raccolta differenziata, che è la premessa del recupero dei materiali: negli ultimi 20 è triplicata. Il conferimento in discarica è passato infatti da circa il 70% al 21% (ma deve arrivare al 10% entro il 2030)”.

In tema di consumo di materiali, dal 2006 (anno in cui c’è stato il picco italiano) i consumi di cemento, metalli, legna, pietra, combustibili, e altri ancora, si è quasi dimezzato. La produttività delle risorse, e cioè il rapporto tra il prodotto interno lordo (Pil) e il consumo di materiale interno (Cmi), è passata da 2,12 a 3,54 euro per chilogrammo.

Avanza la transizione energetica: in 15 anni è diminuito del 18% il fabbisogno di energia rispetto al picco del 2005 e sono più che raddoppiati i consumi da fonti rinnovabili (19%). Tuttavia c’è ancora tanto da fare per trasporti e usi residenziali.

Ambiente Italia: cosa c’è che non va e i problemi che ci portiamo dietro da molto, troppo, tempo. Il nostro Paese è fortemente urbanizzato, più di un terzo della popolazione vive in 14 città metropolitane. Troppa cementificazione e carenza di spazi verdi esacerbano il fenomeno delle isole di calore, il risultato è che già oggi le temperature nei centri urbani sono più calde di 4-5°C rispetto alle periferie. Nonostante una delle soluzioni sia “meno cemento”, nel nostro Paese cresce senza sosta il consumo di suolo: ogni anno vengono sottratti ai cittadini 60 chilometri quadrati di territorio. L’obiettivo europeo, di azzerare questo fenomeno distruttivo per la biodiversità e dannoso per la salute umana entro il 2050, di questo passo appare irraggiungibile. Fa poi pensare il dato assoluto: a fronte di una media europea della “cementificazione” del territorio del 4,2%, l’Italia si attesta al 7,11% della superficie nazionale.

Non è migliore la situazione delle acque interne: solo il 43% dei circa 7500 fiumi e il 20% dei 347 laghi italiani è in una condizione di “buono stato ecologico”. Fondamentale sarà potenziare la rete di monitoraggio.

Sempre in tema di acqua, il mare è tra gli ecosistemi messi peggio, basti pensare che il 90% delle popolazioni di pesci è sovrasfruttata, una intensità di uso che l’Ispra ci dice essere di due o tre volte superiore alla soglia di sostenibilità che garantisce la riproduzione delle specie. Critica è poi la condizione delle nostre spiagge e della plastica in mare: sono stati rinvenuti più di 300 rifiuti ogni 100 metri (per l’Ue non si deve superare il limite di 20).

In ambito agricolo si rileva un elevato impiego di pesticidi. La quantità utilizzata è di 114 mila tonnellate all’anno per oltre 400 sostanze diverse, che finiscono soprattutto nelle acque sotterranee e superficiali; basti pensare che nel 2019 le concentrazioni di queste sostanze nel 25% dei siti monitorati ha superato il limite previsto dalle normative. L’Ispra ricorda che la strategia europea Farm to fork punta a dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030.

Non poteva mancare una valutazione sul dissesto idrogeologico che negli ultimi 20 anni è costato oltre un miliardo di euro di danni l’anno ai cittadini. Cifra di gran lunga superiore a quella destinata a mettere in sicurezza il territorio, che si aggirava intorno ai 300 milioni di euro l’anno: “solo negli ultimi tre anni gli investimenti hanno raggiunto il miliardo l’anno. Ancora poco, tenuto conto che il fabbisogno per il territorio italiano è di 26 miliardi”.

Infine, il Rapporto Ispra affronta anche il tema delle specie aliene invasive, trascurato dalle misure di gestione del territorio. Parliamo di un fenomeno distruttivo per la biodiversità italiana e in forte crescita, visto che le specie aliene presenti sul nostro territorio sono aumentate del 96% negli ultimi 30 anni, “un trend superiore a quello registrato su scala europea (76%)”. In questo momento in Italia sono presenti 3367 specie aliene, circa il 15% provoca impatti sulla biodiversità̀ e su quei servizi ecosistemici necessari al nostro benessere.

 

Scarica il Rapporto

 

di Ivan Manzo

giovedì 16 dicembre 2021

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