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Sdsn Med report 2020: Paesi del Mediterraneo lontani dalla via della sostenibilità

Alti livelli di povertà, scarsa scolarizzazione, disuguaglianze di genere, divario digitale. Il rapporto delinea le criticità dell’area mediterranea, individuando le azioni per aggiustare la rotta. 12/11/20

“Siamo entrati nel pieno della Decade of Action, i dieci anni entro i quali raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu, ma nessun Paese del Mediterraneo è ancora sulla strada giusta per il raggiungimento di adeguati livelli di sostenibilità”. Queste le parole che aprono il rapporto “Sustainable development in the Mediterranean - Transformations to achieve the sustainable development goals (SDGs)”, prodotto dal Santa Chiara Lab, dal Sustainable development solutions network for the Mediterranean (Sdsn Med) e il Sustainable development solutions network (Sdsn), presentato in un evento di lancio il 12 novembre. Il documento studia il livello di avanzamento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) nei 24 Paesi del Mediterraneo, proponendo al contempo l'attuazione di strategie trasformative in grado di condurre a un effettivo sviluppo sostenibile regionale.

“I risultati dello studio confermano le grandi sfide e le enormi opportunità che caratterizzano l’area del Mediterraneo. Abbiamo bisogno di uno sforzo collettivo per dare attuazione a una reale transizione verso la sostenibilità” ha commentato Angelo Riccaboni, chair del Sustainable development solutions network mediterranean (Sdsn Med) e presidente del Santa Chiara Lab.

Nello specifico, il documento ha delineato sei centri geografici, i “Mediterranean Hubs”, suddivisi per macroaree tematiche: educazione e disuguaglianze sociali e di genere (Sdsn France); salute e benessere (Sdsn Spain); energia, decarbonizzazione e produzione sostenibile (Sdsn Greece); cibo, suolo, acqua e mare (Sdsn Mediterranean – Italy); città e comunità sostenibili (Sdsn Turkey); rivoluzione digitale (Sdsn Cyprus).

Su questa base, il Rapporto ha analizzato tutti i Paesi dell’area mediterranea – “regione gravemente colpita dal riscaldamento globale, essendo la più vulnerabile ai cambiamenti climatici nel mondo, dopo l’artico” – utilizzando un indice SDG e Dashborard, per calcolare un punteggio capace di misurare “la distanza di ogni nazione dagli SDGs”.

La tabella parte da una media generale di 73,5 punti percentuali nell'area del Mediterraneo (il che vuol dire che gli obiettivi SDGs sono raggiunti per il 73,5% del totale). Appurato questo livello, l'indice SDG mostra una performance migliore in Europa occidentale (78,5) e valori inferiori in Europa orientale (74,8), Nord Africa (70,2) e Medio Oriente (70,2). Tuttavia, l'indice di spillover (ovvero il calcolo degli effetti che le azioni di un Paese hanno sulla regione mediterranea) sembra inversamente proporzionale all'indice SDG, poiché le nazioni con le migliori prestazioni tendono ad avere un impatto negativo sugli altri Paesi (finanziario, commerciale, ambientale), compromettendo gli sforzi di questi ultimi per un miglioramento effettivo.

“L’Italia costituirà il punto di riferimento per la sostenibilità del settore agrifood e la biodiversità” ha aggiunto Angelo Riccaboni. “Il centro supporterà le imprese nell’adozione di processi di innovazione e trasformazione in grado di declinare sostenibilità e redditività del settore agrifood”.

Il Report 2020, rispetto all’anno precedente, non registra progressi significativi per l'area geografica mediterranea, così come per i suoi singoli Paesi, evidenziando come tutti i Paesi debbano migliorare le loro prestazioni in maniera significativa. Il Report mette inoltre in evidenza una serie di criticità che coincidono con le principali sfide da affrontare: 34 in totale, ad ognuna delle quali corrisponde un insieme di azioni (150) che potranno essere attuate da governi e amministrazioni pubbliche, imprese e altri stakeholder.

Ad esempio, “il 12% della popolazione mediterranea è a rischio povertà, incrementando le disuguaglianze sociali e di genere” afferma il Rapporto. Circa 50 milioni di persone sono infatti a rischio di povertà (vivendo al di sotto della metà del reddito medio), inclusi 27 milioni di europei. Il mercato del lavoro è stagnante, con un livello di disoccupazione che viaggia su una media dell’11% (circa 39 milioni di persone), moltiplicando le disuguaglianze sociali (misurate in base al reddito familiare).

Anche la disuguaglianza di genere (diritti e opportunità di emancipazione per donne e ragazze) porta delle criticità: basti pensare ai livelli di scolarizzazione dell’area Mena (Middle East e North Africa) che non superano l’85%, mentre la partecipazione delle donne alla forza lavoro, attestata su un risultato insoddisfacente in Europa (78%), è disastrosa nei Mena (34%). Peggio ancora la partecipazione all’attività politica: 37% in Europa, 18% nei Mena.

Il 26% (circa 95 milioni di persone) della popolazione è in condizione di obesità con un generale progressivo abbandono della Dieta Mediterranea” ricorda poi il Rapporto. “Occorre promuovere l’adozione di pratiche agricole più sostenibili come prerogativa essenziale per migliorare la qualità del cibo”.

La gestione dell’acqua è inoltre compromessa dai cambiamenti climatici: per questo è importante “potenziare e diffondere tecniche di acquacoltura e incentivare il trattamento di acque reflue, insufficienti in molti Paesi”, adottando al contempo standard ambientali per tutelare la biodiversità, i bacini idrici e le aree marine costiere. “I cambiamenti climatici rischiano di compromettere ulteriormente la disponibilità di acqua, specialmente nei Paesi dell’area Mena già in condizioni di scarsità di risorse idriche”.

La qualità dell'aria nelle aree urbane necessita di un attento monitoraggio: il 70% della popolazione vive infatti in città ed è esposta ad alte concentrazioni di polveri sottili (Pm 2.5).

Anche per quanto riguarda l’accesso a Internet si nota un netto divario: 80% in Europa, 57% nei Paesi Mena. “Occorre migliorare l’accessibilità ai servizi di trasporto pubblico e la gestione dei rifiuti così come potenziare le infrastrutture digitali e garantire una più ampia accessibilità a internet” si legge nel rapporto.

Di fronte a queste problematiche, il documento delinea una roadmap per orientare un’azione condivisa verso uno sviluppo più equo e sostenibile del Mediterraneo, con interventi da compiere in alcune aree di policy, tra cui:

  • Supporto e promozione degli SDGs a livello transazionale, nazionale e locale (il Green Deal europeo è un primo esempio da prendere come riferimento per iniziative simili nel Mediterraneo);
  • Nuove normative e protocolli di controllo da parte di enti pubblici e privati;
  • Centri di ricerca per indirizzare le scelte e sviluppare meccanismi per il coinvolgimento degli stakeholder;
  • Rivoluzione nel campo delle imprese, chiamate a modificare i loro obiettivi, organizzando le attività in funzione di una maggiore sostenibilità che diventerà requisito indispensabile per i mercati;
  • Aumentare le performance ambientali e sociali lungo le filiere produttive;
  • Sviluppare una connessione digitale per tutti, costruendo al tempo stesso migliori sistemi di tracciabilità e trasparenza sulle fonti di informazioni;
  • Promuovere partnership internazionali per evitare che i Paesi ad alto reddito causino effetti di spillover in termini socioeconomici e ambientali su quelli meno sviluppati.

“Il lavoro dell'Unione per il Mediterraneo è basato sull’Agenda 2030 e gli SDGs” ha aggiunto Nasser Kamel, segretario generale di Unione per il Mediterraneo. “L’attuazione di questi impegni globali richiede partenariati appropriati tra tutti gli attori e dati aggregati per una visione chiara, necessaria per promuovere il dialogo e azioni costruttive”.

 

di Flavio Natale

 

giovedì 12 novembre 2020

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