Notizie
Lavoro minorile: a rischio l’autostima e la carriera futura dei giovani
Per la prima volta dal 2000 il fenomeno coinvolge nel mondo 1 bambino su 10, in crescita anche in Italia. L’Unicef esamina i riflessi psico-sociali sugli adolescenti, dalla costruzione dell’identità alla capacità di relazione. 13/3/23
Sono circa 160 milioni i minorenni di età compresa tra i 5 e i 17 anni coinvolti a livello globale nelle diverse forme di lavoro minorile, di cui quasi la metà impegnati in lavori classificati come pericolosi, e anche in Italia i dati sono in aumento.
Il problema è che “le conseguenze del lavoro minorile sui bambini sono devastanti e producono effetti a catena che possono durare tutta la vita”, dice il Rapporto “Lavoro minorile. Valutazioni psico-sociali” presentato il 22 febbraio. Si tratta di un documento dell’Osservatorio per la prevenzione dei danni alla salute da lavoro minorile dell’Unicef, realizzato dal laboratorio di Sanità pubblica per l’analisi dei bisogni di salute della comunità dell’Università di Salerno, che rappresenta un primo importante contributo per cercare di comprendere più da vicino l’impatto del lavoro minorile sulla salute mentale e sul benessere psicosociale delle adolescenti e degli adolescenti.
Vittime inconsapevoli con effetti per tutta la vita. I minori privati della loro infanzia e adolescenza sono esposti inconsapevolmente a una realtà spietata che pone a rischio il loro diritto a ricevere un'istruzione adeguata e a crescere in un ambiente che tuteli e garantisca il loro sviluppo fisico, cognitivo e sociale, nonché il loro benessere psicosociale e la propria salute mentale, con conseguenze per tutta la vita. La pandemia ha portato a un aumento del tasso di povertà infantile, aumentando anche il rischio di lavoro minorile e limitando le opportunità future dei giovani coinvolti.
LEGGI ANCHE - SERVIZI EDUCATIVI 0-6 ANNI: L’ITALIA RISCHIA DI RIMANERE A CORTO DI EDUCATORI
La normativa italiana. In Italia, la normativa tutela i minorenni e prevede la possibilità per gli adolescenti di entrare nel mondo del lavoro a partire dai 15 anni di età, a condizione di aver pienamente assolto l’obbligo scolastico di 10 anni, di aver conseguito il diploma di Scuola secondaria di primo grado e di aver completato dei corsi di formazione offerti dallo Stato.
In base ai dati dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps), nel 2021 i minorenni regolarmente impegnati nel mondo del lavoro erano 51.612, un aumento rispetto ai 35.505 del 2020 e 47.552 del 2019.
In Italia si evidenzia una mancanza di rilevazioni sistemiche in grado di fornire dati costantemente aggiornati, nonché un numero insufficiente di ispezioni nei luoghi di lavoro. Queste mancanze aumentano il rischio di discriminazione e abuso nei confronti degli adolescenti, in particolare per i gruppi più vulnerabili. Questo Rapporto è l’avvio di un percorso che verrà successivamente approfondito e arricchito grazie alle collaborazioni e agli input che alimenteranno il lavoro di osservazione dopo la sua pubblicazione.
L’adolescenza come processo di transizione. Il Report ricorda che l’intera comunità scientifica riconosce l'adolescenza come un processo delicato e di transizione che comporta cambiamenti fisici e psicologici. I giovani sono spinti a cercare un ruolo da adulto, ma allo stesso tempo esitano a lasciare il mondo sicuro dell'infanzia. Il processo contribuisce alla costruzione dell'identità, intesa come consapevolezza dei tratti individuali, delle preferenze, dei desideri e dei limiti, strutturata su tre aree fondamentali:
- cognitiva e affettiva, in relazione all’uso della propria mente e all’integrazione del proprio concetto di sé e degli altri;
- corporea, tema che si collega a quello dell’identità sessuale;
- etica, in rapporto alla formazione da parte dell’adolescente di un proprio nucleo di valori e alla maturazione di una vocazione e di una scelta di carriera lavorativa.
LEGGI ANCHE - DALL’OSSERVATORIO INDIFESA LA VOCE DEI GIOVANI: “GLI ADULTI NON CI ASCOLTANO”
La transizione richiede all’adolescente l’appartenenza e la sperimentazione di nuovi contesti relazionali e formativi, fondamentali nella ridefinizione identitaria:
- relazione con i pari;
- relazione con la famiglia;
- sperimentazione dei contesti formativi e lavorativi.
I rischi per i giovani coinvolti nel lavoro minorile. Quando l’esperienza lavorativa precoce interferisce troppo con la costruzione dell’identità o la sperimentazione dei contesti, si va incontro al rischio di effetti sfavorevoli per lo sviluppo personale. Esperienze di lavoro considerate particolarmente negative, ad esempio, possono influire sulla salute mentale dei minori e causare problemi che vanno dalla bassa autostima alla lieve depressione, fino a gravi disturbi psicologici.
Attività lavorative che si svolgono in condizioni di illegalità e/o di alto rischio per gli adolescenti tendono a essere associate a una maggiore prevalenza di disturbi mentali e comportamentali, a causa delle condizioni stressanti e, talvolta, degli abusi verbali o fisici a cui sono sottoposti. Inoltre, esistono dei rischi relazionali come l’emarginazione o l’isolamento dell’adolescente, soprattutto in caso di turni di lavoro lunghi che limitano il tempo libero.
Quando l’esperienza lavorativa precoce interferisce troppo con l’esperienza scolastica, si va anche incontro al rischio di effetti sfavorevoli per lo sviluppo personale e il profitto scolastico, non a caso lavoro minorile e dispersione scolastica sono due fenomeni che spesso si intrecciano; a sua volta, il basso livello di scolarizzazione influisce sulla carriera futura.
Per questi motivi, si legge nel documento, “l’Osservatorio dell’Unicef intende ampliare la cultura della prevenzione e l’attenzione agli adolescenti che lavorano, diventando un punto di riferimento”, nonché “uno strumento essenziale per contrastare lo sfruttamento degli adolescenti e tutelare la legalità, a partire proprio dallo studio, dall’analisi e dalle proposte su questa problematica”.
di Monica Sozzi