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In Italia la dispersione scolastica passa dal 14,7% nel 2018 al 13,1% nel 2021, a fronte di una media Ue del 9,7%. Permangono divari di genere più forti che negli altri Paesi europei e allarmanti disparità sociali e territoriali con riferimento alla qualità degli apprendimenti.

Notizie

Gli Stati dell’Ue più competitivi hanno minori diseguaglianze tra regioni

Settimana 27/3-2/4. Commissione: risultati dell’indice di competitività delle regioni. Parlamento: anno europeo delle competenze, Stato di diritto in Ue. Consiglio: novità su emissioni auto, rinnovabili, risparmio gas.

Guarda la rassegna dal 27 marzo al 2 aprile

 

Diseguaglianze nella competitività tra regioni

Il 27 marzo la Commissione ha pubblicato l'indice di competitività regionale, una versione completamente riveduta come versione 2.0 di uno strumento istituito nel 2010 che ogni tre anni misura le diverse dimensioni della competitività per tutte le regioni dell’Ue.

La valutazione generale riportata nel Comunicato stampa indica che le regioni meno sviluppate stanno recuperando terreno anche nei Paesi orientali e negli Stati baltici. Nell'Ue meridionale le regioni del Portogallo, della Spagna e della maggior parte della Grecia hanno migliorato i propri risultati, ma la maggior parte delle regioni italiane e cipriote si è allontanata dalla media dell'Ue.

Le regioni della capitale dello Stato membro sono le più competitive, ad eccezione di Germania, Italia e Paesi Bassi.

Le regioni più competitive sono particolarmente attraenti per i neolaureati che trovano più facilmente lavoro, le donne beneficiano di condizioni quadro più vantaggiose, sono meno le giovani senza lavoro e le Neet.

I risultati dell'indice di competitività regionale 2.0 dimostrano come le regioni dell'Ue abbiano ancora bisogno del sostegno di politiche pubbliche per ridurre i divari tra di loro. Strumento cardine dell’Ue sono i fondi delle politiche di coesione.

La Commissaria europea per la politica regionale, Elisa Ferreira, nel discorso di presentazione del risultati ha evidenziato che ci sono molti presupposti per lo sviluppo regionale, e l'identificazione di indicatori appropriati è stato il compito più difficile di questo team: ci sono condizioni di base, come le infrastrutture e le istituzioni; ci sono elementi di efficienza, come una forza lavoro qualificata; e c'è un ecosistema che sostiene l'innovazione. Tutti questi indicatori e presupposti, devono essere riuniti, perché una regione abbia successo. Per esempio, la competitività nel mondo moderno dipende in larga misura dalle competenze digitali e dalla capacità di innovazione delle imprese. Ma nulla di tutto questo funzionerà senza infrastrutture di base e istituzioni pubbliche in grado di fornire un ambiente imprenditoriale stabile e servizi pubblici di qualità. 


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E a proposito della competitività nazionale in rapporto alle diseguaglianze regionali all’interno dello stesso Stato membro, la Commissaria ha evidenziato: caratteristica sorprendente è che i Paesi più competitivi hanno divari molto più ridotti nelle prestazioni delle loro regioni, mentre la maggior parte degli altri Stati membri soffre di significative disparità interne. Questo è un richiamo tempestivo al fatto che le prestazioni di un Paese dipendono da tutte le sue regioni: nessuna squadra vince quando metà dei giocatori sono ancora nello spogliatoio. Dobbiamo quindi investire in tutte le regioni, adattando le politiche alle loro diverse esigenze e risorse per aiutarle a realizzare il loro potenziale e per stimolare molteplici poli di competitività e crescita e molteplici fonti di posti di lavoro ben retribuiti.

Il tema dei talenti nelle regioni, oggetto di una recente Comunicazione, è stato argomento di una presentazione in pari data, ancora a cura della Commissaria Ferreira, rivolta alla Commissione Cult del Parlamento europeo. Il discorso della Commissaria ha evidenziato che la trappola dell’assenza di sviluppo di talenti è regressiva per l’economia nei territori, creando un circolo vizioso tra carenza di competenze e carenza di sviluppo. Il tema riguarda anche le sfide della transizione demografica, l’invecchiamento demografico e lo spopolamento progressivo di talune regioni nell’Ue. Le azioni previste dalla Commissione integrano il quadro delle iniziative per l’anno europeo delle competenze.

 

Anno europeo delle competenze: le indicazioni del Parlamento europeo

Lo stesso tema dell’anno europeo delle competenze è oggetto della risoluzione del Parlamento europeo assunta in data 30 marzo, in riferimento alle proposte definite dalla Commissione europea.

Il Parlamento mette in evidenzia alcuni aspetti quali il fatto che lo scarso tasso di partecipazione degli adulti in età lavorativa alle attività di formazione riduce le opportunità nel mercato del lavoro e determina disuguaglianze sociali ed economiche. Questa carenza evidenzia la sussistenza di un potenziale non sfruttato e da valorizzare.

Il Parlamento puntualizza ancora, tra le altre cose, l’importanza fondamentale del dialogo sociale nell'anticipare le esigenze sul mercato del lavoro in termini di competenze.

Sull’aspetto del finanziamento dell'Anno europeo delle competenze, indica che le somme dedicate non dovrebbero pregiudicare il finanziamento di progetti nell'ambito degli attuali programmi dell'Unione e dovrebbe mirare a garantire all'Anno europeo delle competenze un’eredità di lungo periodo.

L’anno europeo delle competenze viene ridefinito temporalmente con inizio 9 maggio 2023 - in coincidenza con la festa dell’Europa - e conclusione 8 maggio 2024.

 

Risoluzione del Parlamento europeo sulla relazione sullo Stato di diritto nei Paesi Ue

Esaminando l’ultima relazione sullo Stato di diritto nell’Ue predisposta dalla Commissione europea, il Parlamento, con la risoluzione adottata il 30 marzo, rileva miglioramenti rispetto alle precedenti relazioni annuali, quali l'aggiunta delle raccomandazioni specifiche per Paese.

Si rammarica però che la Commissione non abbia tenuto pienamente conto delle raccomandazioni formulate dal Parlamento nelle sue precedenti risoluzioni. Evidenzia inoltre che molte raccomandazioni per Paese sono eccessivamente vaghe e mancano della specificità necessaria per garantire un'attuazione efficace.

In particolare, esorta la Commissione a intensificare la sua partecipazione al dibattito pubblico a livello locale, regionale e nazionale e a investire maggiormente nell'opera di sensibilizzazione sui valori dell'Unione e sugli strumenti applicabili, compresa la relazione annuale, in particolare nei Paesi in cui vi sono serie preoccupazioni.

Riconosce inoltre la società civile come attore essenziale per lo Stato di diritto, che può avere un ruolo importante da svolgere nel seguito da dare alla relazione annuale e alla sua attuazione.


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Il Parlamento invita dunque la Commissione a perseguire un coerente e significativo coinvolgimento della società civile nella preparazione e nel seguito dato alla relazione a livello nazionale, in cooperazione con la Fra (Agenzia europea dei diritti fondamentali), in particolare concedendo tempo sufficiente per contribuire al processo e coinvolgendo ampiamente le organizzazioni della società civile durante le visite nei Paesi.

Il Parlamento ribadisce il suo invito alla Commissione a creare un legame diretto tra le relazioni annuali sullo Stato di diritto e il meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto che include l’avvio di procedure d’infrazione.

Tra gli altri aspetti di criticità deplora che le violazioni dei diritti umani dei migranti che avvengono alle frontiere esterne dell'Ue non rientrino nella valutazione della Commissione.

 

Novità dal Consiglio dell’Unione su Green Deal e pronti per il 55%, riduzione domanda gas

Il 28 marzo, il Consiglio dell’Ue ha assunto le conclusioni finali in relazione al regolamento sulle emissioni di CO2 per le autovetture e i furgoni nuovi, fissando i seguenti obiettivi:

  • riduzione delle emissioni di CO2 del 55% per le autovetture nuove e del 50% per i furgoni nuovi dal 2030 al 2034 rispetto ai livelli del 2021;
  • riduzione delle emissioni di CO2 del 100% sia per le autovetture nuove che per i furgoni nuovi dal 2035.

L’approvazione del Consiglio conferma quanto adottato dal Parlamento europeo con la risoluzione dello scorso 14 febbraio. Il regolamento, che avrà valore di legge per tutti i 27 Stati membri, sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Ue ed entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Un’altra decisione importante, assunta dal Consiglio il 30 marzo, è relativa alla proroga delle misure di riduzione volontaria del consumo di gas naturale del 15% tra il 1º aprile 2023 e il 31 marzo 2024, rispetto al consumo medio nel periodo compreso tra il 1º aprile 2017 e il 31 marzo 2022, negli Stati membri. Il regolamento mantiene la possibilità per il Consiglio di dichiarare uno "stato di allarme dell'Unione" per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e, in tal caso, la riduzione della domanda di gas diventerebbe obbligatoria.


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Sempre il 30 marzo il Consiglio e il Parlamento hanno raggiunto un accordo politico provvisorio in merito alla direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili. I contenuti essenziali dell’accordo portano la quota di energie rinnovabili nel consumo energetico complessivo dell'Ue al 42,5% entro il 2030, con un'integrazione indicativa supplementare del 2,5% che consentirebbe di raggiungere il 45% indicato nel piano RePowerEu.

Sotto-obiettivi settoriali riguardano trasporti, industria, edifici. Altre novità dell’accordo riguardano anche sostenibilità nella filiera delle bioenergie e velocizzazione delle procedure per gli impianti di energie rinnovabili.

La proposta di direttiva dovrà essere formalmente adottata dal Parlamento e successivamente dal Consiglio prima di essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Ue ed entrare in vigore.

Collegata a quest’ultima, il precedente 28 marzo, è stato raggiunto anche l’accordo provvisorio tra Consiglio e Parlamento riguardo l’infrastruttura per i combustibili alternativi.

 

di Luigi Di Marco

 

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martedì 4 aprile 2023

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