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Le disuguaglianze sociali si devono combattere sui banchi di scuola
L’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children e Treccani mostra un panorama dell’istruzione italiana sconfortante. Negli istituti con un indice socio-economico-culturale più basso il 27,4% dei quindicenni è ripetente.
“Se si perde loro (gli ultimi) la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati” scriveva Don Lorenzo Milani cinquant’anni fa nel libro “Lettera a una professoressa”. E a mezzo secolo di distanza in Italia ancora non siamo riusciti a curare i malati. Secondo l’ottavo Atlante dell’infanzia a rischio “Lettera alla scuola” di Save the Children, pubblicato da Treccani e presentato il 14 novembre in attesa dell’uscita nelle librerie il 23, negli istituti con un indice socio-economico-culturale più basso il 27,4% dei quindicenni è ripetente, mentre negli istituti con indice alto la quota scende quasi al 4,4%. Inoltre, la correlazione tra la condizione socio-economica e il successo (o l’insuccesso) scolastico in Italia è più forte che altrove: nelle scuole presenti in zone con un alto tasso di persone indigenti o a rischio di indigenza, l’incidenza di ripetenze rispetto alle scuole più ricche è 23 punti percentuali maggiore, dove la differenza media nei paesi Ocse è del 14,3%.
Il divario non è solo tra Italia e i Paesi dell’Ocse, ma anche tra Nord e Sud del territorio nazionale. Nell’Italia settentrionale i quindicenni in condizioni socio-economiche svantaggiate che non raggiungono le competenze minime nella lettura sono il 26,2%, cifra che sale al 44,2% nelle regioni meridionali. Secondo il documento di Save the children, è necessario che il sistema scolastico e gli interventi sociali rispondano in modo adeguato a contesti e bisogni diversi.
L’aumento della povertà tra le famiglie italiane ha provocato l’incidenza di nuove povertà educative. Sei ragazzi su dieci (il 59,9%) tra i 6 e i 17 anni non arrivano a svolgere, in un anno, quattro delle seguenti attività: lettura di almeno un libro, sport continuativo, concerti, spettacoli teatrali, visite a monumenti e siti archeologici, visite a mostre e musei, accesso a internet. D’altro canto, ad aggravare la situazione, aumentano i bambini “ultraconnessi”: in Italia quasi un quindicenne su quattro (23,3%) risulta collegato a internet più di sei ore al giorno, ben al di sopra della media Ocse ferma al 16,2% . L’età in cui un bambino riceve il primo smartphone è scesa a 11 anni e mezzo (erano 12 e mezzo nel 2015), l’87% dei 12-17enni ha almeno un profilo social e 1 su 3 vi trascorre cinque o più ore al giorno.
Secondo Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia Europa di Save the Children “per riformare davvero la scuola si potrebbe cominciare investendo nella trasformazione delle zone più a rischio in comunità educanti, che nel concreto significa non lasciare il sistema scolastico solo a combattere la povertà educativa. Con la costruzione di comunità educanti dove oggi regnano il degrado urbano e la criminalità si va a lavorare in frontiera: quella che segna l’orizzonte del nostro Paese e della nostra democrazia”.
di Giulia D’Agata