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L’Italia spende 28% in meno per l’istruzione rispetto alla media Ocse
Nonostante un significativo miglioramento nei risultati scolastici negli ultimi dieci anni, le disuguaglianze nell’accesso all’istruzione restano, con ripercussioni sul mercato del lavoro. L’Italia non si salva. 12/9/2018
“Siamo tutti uguali, ma non siamo tutti nati con le stesse opportunità. Le condizioni e gli ambienti sociali assegnati alla nascita possono sembrare casuali come un sorteggio alla lotteria, tuttavia definiranno la nostra posizione di partenza sul sentiero della vita”. Queste le prime parole del rapporto Education at a glance 2018, pubblicato dall’Ocse l’11 settembre, che sottolinea, citando un passo dalla “Repubblica” di Platone, che "la direzione nella quale l'istruzione forma un uomo determinerà la sua vita futura".
Garantire che tutti possano avere un accesso equo all’istruzione è uno dei valori fondamentali su cui si basano le società moderne, e l’oggetto di studio di questo rapporto. Gli indicatori forniti dall’Ocse sono stati organizzati tematicamente (con informazioni sul contesto politico e sull'interpretazione dei dati), temporalmente, analizzando gli aspetti dinamici dello sviluppo dei sistemi educativi, e sulla base dei differenti ruoli rivestiti dagli attori nei sistemi di istruzione.
Nonostante un incremento significativo dei risultati scolastici negli ultimi dieci anni, “le persone con genitori scarsamente istruiti (rispetto a quelli con almeno un genitore con istruzione terziaria) hanno meno probabilità di partecipare ai programmi di educazione della prima infanzia, completare la scuola secondaria superiore e avanzare a livelli più alti di istruzione”. Infatti, i due terzi delle persone tra 25 e 64 anni, i cui genitori non hanno completato la scuola secondaria superiore, non riescono a oltrepassare la soglia dell’istruzione secondaria superiore. La storia è simile a livello terziario: nei paesi Ocse, i ragazzi dai 18 ai 24 anni i cui genitori non hanno conseguito l'istruzione terziaria rappresentano solo il 47% dei nuovi iscritti in programmi di laurea, sebbene rappresentino più del 65% della popolazione di quella fascia di età. Queste disuguaglianze si riflettono sul mercato del lavoro: coloro che hanno conseguito soltanto l'istruzione secondaria superiore hanno meno probabilità di essere assunti e guadagnano in media il 65% dello stipendio medio dei loro coetanei con istruzione terziaria. “La partecipazione all'istruzione superiore oggi conta più che mai”, afferma l'Ocse.
Per quanto riguarda le differenze di genere, “il divario favorisce le ragazze nell'istruzione, ma gli uomini nel mercato del lavoro”. In media, tra i paesi Ocse, i ragazzi rappresentano circa il 60% dei ripetenti nella scuola secondaria e hanno meno probabilità di avanzare nell’istruzione rispetto alle ragazze. Nonostante i migliori risultati scolastici, però, le donne hanno risultati lavorativi peggiori. In media, nei paesi Ocse, l'80% delle donne con istruzione terziaria ha un lavoro, rispetto all'89% degli uomini con la stessa istruzione, e la disparità aumenta tra quelle con un livello di istruzione inferiore. Le donne con istruzione terziaria guadagnano anche il 26% in meno rispetto agli uomini dello stesso livello di istruzione.
La musica non cambia per coloro che dall’estero cercano lavoro nei paesi Ocse: “Gli immigrati di prima e di seconda generazione hanno meno probabilità di entrare e laurearsi in programmi terziari di primo o secondo grado rispetto ai cittadini dei paesi Ocse”.
Per quanto riguarda la spesa per l’istruzione, “tra il 2010 e il 2015, la spesa per studente è aumentata del 5% a livello primario, secondario e post-secondario non terziario e dell'11% a livello terziario”, dichiara l’organizzazione. “Le istituzioni educative sono ancora prevalentemente finanziate pubblicamente”: infatti, nel 2015, il 90% dei finanziamenti per l'istruzione primaria, secondaria e post-secondaria non terziaria e il 66% dei finanziamenti per l'istruzione terziaria proveniva dalle casse dei governi.
Ma qual è la situazione per l’Italia? Il nostro Paese resta fondamentalmente indietro. Troppo basso il livello di istruzione per le persone da 25 a 64 anni: il 4% laureato contro il 17% dei paesi Ocse. Nel 2017, solo il 27% dei giovani tra 25 e 34 anni è in possesso di una laurea, contro una media Ocse del 44%, con le donne che superano nettamente gli uomini (33% contro 20%). E, nonostante l’Ocse assicuri che, per avere maggiori possibilità e guadagni, “studiare conviene”, in Italia la quota di laureati che lavora è tra le più basse al mondo (81%).
Un altro interessante dato proviene dal sistema di istruzione italiano. Col 3% di bocciati alla scuola media e il 7% alle superiori l’Italia si colloca ben oltre la media internazionale, che si aggira rispettivamente intorno al 2% e 4%. Il sistema scolastico italiano appare però come uno dei più equi (71% degli studenti figli di non laureati prosegue gli studi all’università, contro una media Ocse del 47%).
Infine, la spesa italiana per l’istruzione, anche se in leggera crescita, rimane comunque esigua, con il 28% in meno per studente rispetto alla media Ocse: l’investimento nell’istruzione resta dunque una questione di auto finanziamento affidato alle famiglie.
"Ogni individuo ha il potenziale per il successo e merita l'opportunità di crescere, svilupparsi e contribuire pienamente alla società" afferma il segretario generale dell'Ocse Angel Gurría, concludendo la conferenza di presentazione del Rapporto a Parigi. "Abbiamo la responsabilità di garantire che le circostanze personali o sociali non impediscano agli studenti di realizzare tale potenziale. Questa dovrebbe essere la promessa dell'istruzione per tutti ".
di Flavio Natale