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Hdi: viviamo di più e siamo più istruiti, ma non in tutto il mondo
L’Undp ha rilasciato l’aggiornamento 2018 degli Indici di sviluppo umano. Emerge una tendenza a migliorare, ma la crescita è discontinua e non uniforme, con molte criticità da superare. Italia al 28° posto. 21/9/2018
Norvegia, Svizzera, Australia, Irlanda e Germania. Sono i Paesi che guidano la classifica Human Development Index (Hdi), territori che hanno registrato i punteggi migliori nei settori considerati: reddito, istruzione, salute. L’Italia è al ventottesimo posto (su 159 Paesi), posizione immutata rispetto allo scorso anno, mentre Burundi, Ciad, Sud Sudan, Repubblica centrafricana e Niger chiudono la classifica. Le classifiche aggiornate sono state diffuse dall’Undp, l’agenzia dell’Onu per lo sviluppo, il 14 settembre. L’Hdi è corredato anche da altri indici che tengono conto di parità di genere, sicurezza, sostenibilità ambientale, lavoro e sostenibilità socio-economica.
Complessivamente i livelli medi degli Hdi crescono, segno che in tutto il mondo le persone vivono più a lungo, sono più istruite, hanno accesso a beni e servizi e godono di un reddito migliore. Ma la crescita non è uniforme. In molte parti del mondo conflitti interni, disuguaglianze di genere, istruzione e degrado ambientale, minano lo sviluppo umano.
"Oggi, le persone, le nazioni e le economie sono più collegate che mai, così come lo sono i problemi di sviluppo globale che stiamo affrontando. Questi problemi si estendono ai confini, interessano il settore sociale, economico e ambientale. Urbanizzazione, creazione di posti di lavoro per milioni di persone, le sfide del mondo saranno risolte solo con approcci che tengono conto sia della complessità che del contesto locale” dichiara Achim Steiner, amministratore Unpd.
Siria, Libia e Yemen, sono i Paesi che registrano le discese più rapide nella classifica; non a caso sono Paesi dilaniati dai conflitti. Ottime notizie per salute, istruzione e aspettativa di vita, aumentata di quasi sette anni a livello globale, con l’Africa subsahariana e l'Asia meridionale che mostrano i maggiori progressi, con un aumento di vita di circa 11 anni dal 1990. Si allunga il tempo di permanenza nelle scuole; oggi i bambini in età scolare rimangono 3,4 anni in più nelle scuole rispetto al 1990.
Nonostante il complessivo miglioramento, preoccupano le disparità tra le diverse parti del mondo. Un bambino nato in Norvegia, Paese con il più alto Hdi, ha un’aspettativa di vita che supera gli 82 anni e passa quasi 18 anni a scuola. Un bambino nato in Niger, fanalino di coda della classifica, si aspetta di vivere fino a 60 anni e passerà sui banchi di scuola appena cinque anni.
L’empowerment delle donne rimane uno degli aspetti su cui occorre lavorare di più. In tutto il mondo l’Indice di sviluppo umano femminile è inferiore del 6% rispetto agli uomini, a causa del reddito più basso e del livello di scolarizzazione. Nonostante i progressi nel numero di ragazze che frequentano la scuola, così come evidenziato da due diversi rapporti della Banca Mondiale, la non istruzione femminile si ripercuote su molti fattori della vita: occupazione, retribuzione e matrimoni infantili solo per citarne alcuni.
Preoccupa lo stato generale di salute del Pianeta. Il degrado ambientale, i cambiamenti climatici e la diminuzione della biodiversità rischiano di avere ripercussioni sulla disponibilità di cibo e sulle risorse idriche, con conseguente perdita di sostentamento. I Paesi con indici di sviluppo umano più alto sono i maggiori contribuenti ai cambiamenti climatici, con una media pro capite di 10,7 tonnellate di anidride carbonica, rispetto a 0,3 tonnellate dei Paesi a basso sviluppo umano. Complessivamente tra il 1990 e il 2015 il Pianeta ha perso il 3,2% delle foreste mentre nei Paesi con più alto sviluppo umano la percentuale sale a 14,5%.
Come sottolineato da Steiner, l’Human Development Index è una fotografia della popolazione mondiale che migliora sotto molti aspetti dello sviluppo umano ma che allo stesso tempo deve fare luce su molti questioni rimaste in ombra.
Con l’Agenda 2030 e con gli SDGs, sarà necessario introdurre nuovi indicatori per valutare i molteplici aspetti della disuguaglianza, l'impatto della crisi ambientale sulle persone e dare voce alle comunità di tutto il mondo. Tutti aspetti che dovranno essere riesaminati con una lente diversa, come dichiara Steiner: “un occhio più umano e meno economico. Ogni essere umano conta e ogni vita umana ha lo stesso valore, è questo il concetto al centro del quale deve ruotare lo sviluppo umano”.
di Tommaso Tautonico