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Italia: il triplo dei ragazzi provenienti da contesto migratorio lascia la scuola
Il rapporto Unesco analizza le relazioni tra migrazione ed educazione: bisogna fare ancora molti sforzi affinché i migranti in età scolare non perdano l’opportunità di una istruzione migliore. 21/1/2019
Non lasciare nessuno dietro. Questo è uno degli impegni globali più ambiziosi dell'Agenda 2030 dell’Onu, ribadito dal rapporto dell’Unesco “Migration, displacement and education: building bridges, not walls”. Il documento, infatti, analizza gli svantaggi educativi affrontati da ragazze e ragazzi in età scolare che provengono da un contesto migratorio e che a causa di un sistema istituzionale globale ancora non preparato a gestire gli effetti di questo fenomeno non hanno possibilità di mantenere una continuità nella loro formazione.
Il documento nasce dall’esigenza di sottolineare come gli spostamenti migratori interagiscano sull’educazione. L'immigrazione internazionale colpisce principalmente i Paesi ad alto reddito, dove gli immigrati costituiscono almeno il 15% della popolazione studentesca in metà delle scuole. Colpisce anche i Paesi di provenienza: per un Paese su quattro almeno un quinto dei propri cittadini qualificati emigra. Il dislocamento interessa principalmente i Paesi a basso reddito, ma da questi provien il 10% della popolazione globale, ma il 20% della popolazione mondiale di rifugiati.
Per dare un’idea della portata di questa situazione, nel 2017, in Italia, il numero di giovani migranti che hanno abbandonato gli studi è stato triplo rispetto ai nativi. E l’Italia, finora, è tra i Paesi che meglio riconoscono il diritto universale allo studio. Le linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri aggiornate dal ministero dell’Istruzione nel 2014 affermano che il diritto all’istruzione non può essere negato a causa della mancanza di documenti.
Il rapporto analizza anche gli sforzi dell’Italia per soddisfare le esigenze educative dei migranti: insieme a Grecia, Norvegia e Regno Unito sta avviando un procedimento per riconoscere le qualifiche anteriori dei rifugiati attraverso l’European skills passport for refugees (Espar). È un grande passo avanti se si pensa che Paesi europei come Francia e Germania finiscono per separare gli studenti immigrati indirizzandoli verso scuole diverse o in filiere scolastiche professionali, accrescendo il loro svantaggio educativo.
Gli sforzi da compiere sono ancora molti. Gli insegnanti spesso non si sentono ben formati per insegnare in classi multiculturali. In un sondaggio proposto agli insegnanti in Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Spagna e Regno Unito, il 52% ha ritenuto insufficiente il sostegno ricevuto per gestire le diversità culturali presenti nelle classi.
A tal fine, il Rapporto fornisce alcune raccomandazioni per aiutare le istituzioni preposte ai temi quali l’istruzione e la formazione a sviluppare dei programmi d’integrazione:
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Predisporre un maggiore e migliore sostegno agli insegnanti per poter essere preparati a gestire il delicato ruolo di educatore, che non riguarda solo l’insegnamento;
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Investire nella raccolta dati sulle dimensioni e la portata delle migrazioni, il cui monitoraggio è ancora poco approfondito;
- Creare una rete di supporto anche con le iniziative locali che già si occupano del tema della formazione ai migranti, come ad esempio le associazioni che si occupano dell’insegnamento della lingua del Paese di accoglienza.
di Giulia D’Agata