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La rivoluzione dei bambini: il primato va ai diritti sociali e ambientali
Save the children: un Paese spaccato tra Nord e Sud, in cui i più giovani pagano le conseguenze della generazione che li ha preceduti, da un punto di vista economico e ambientale. La fascia 0-17 anni è la più colpita. 23/10/2019
“L’infanzia e gli adolescenti sono il tesoro del nostro Paese, un tesoro che in questi ultimi anni non è stato costudito come si dovrebbe”. Così ha esordito Claudio Tesauro, presidente di Save The Children Italia, alla presentazione de Il tempo dei bambini - Atlante dell’infanzia a rischio 2029, lo studio che fotografa la realtà italiana dall’altezza dei bambini e delle bambine, quest’anno con un particolare focus su povertà educative e crisi climatica.
E oggi vedere il nostro Paese con lo sguardo dei minori significa guardarlo sia dalla prospettiva delle studentesse e degli studenti della rivoluzione dei Fridays for future sia attraverso gli occhi delle seconde generazioni, ossia di tutti quei ragazzi e quelle ragazze nati in Italia o arrivati qui da piccoli ma ai quali viene riconosciuta la cittadinanza solo al 18esimo anno di età. Save the children ha saputo anche questa volta ascoltare le voci e le esigenze dei giovanissimi, dedicando una parte del Rapporto proprio a queste due categorie proiettate al futuro dell’Italia.
I millennials e i post-millennials sono le generazioni “calde” che stanno crescendo insieme al surriscaldamento globale. Secondo un recente studio di Legambiente, il nostro Paese si trova in un “hot spot” del cambiamento climatico. Dagli anni ’70 la temperatura media in Italia è salita di 0,25 gradi; il dato perviene da una ricerca svolta da Michele Brunetti, primo ricercatore dell’Istituto di scienza e dell’atmosfera e del clima del Cnr. Brunetti ha rappresentato lo sbalzo di temperatura tra il suo anno di nascita e quello delle figlie.
Come risulta chiaro da studi recenti, esiste un legame indissolubile tra disuguaglianze economiche e povertà educativa, che a loro volta si uniscono al fenomeno dei cambiamenti climatici. Non ci sono dubbi: gli effetti del riscaldamento globale gravano soprattutto sui bambini, e specialmente sui più poveri e meno istruiti. L’educazione è uno strumento potentissimo per sconfiggere povertà e ingiustizie, siano esse sociali o ambientali.
L’Italia è una Paese sempre più “caldo”, ma anche con un’alta attività sismica e vulcanica. Ancora una volta i più esposti sono i bambini: il 53,9% degli edifici scolastici non ha un certificato di agibilità. Save the children si è impegnata in tal senso, promuovendo una petizione per proporre un intervento legislativo che introduca l’obbligo di garantire alle scuole un livello di sicurezza antisismica adeguato e standardizzato.
Ma quanto ne sanno i nostri studenti di questioni scientifiche e relative all’ambiente? Gli alunni italiani presentano un ritardo medio generalizzato su questi ambiti rispetto ai loro coetanei dei Paesi Ocse. Come mostra il grafico, in Italia siamo sotto la media: il nostro Paese non sembra fornire ai nostri ragazzi uno stimolo educativo e culturale adeguato.
I divari si distribuiscono in maniera diseguale lungo la penisola: chi rimane indietro sono soprattutto gli studenti del Sud e delle isole. Non solo, il livello di preparazione nelle materie scientifiche è influenzato anche dalle caratteristiche socioeconomiche della famiglia di provenienza; un ragazzo su tre proveniente da un nucleo familiare economicamente svantaggiato sa poco o nulla di scienze, contro un alunno su dieci di provenienza agiata. Il carattere geografico di tale disparità ci mostra quindi un Paese spaccato, dove il luogo in cui si nasce e si cresce ancora influenza le opportunità di apprendimento dei giovani.
Se da una parte le nuove generazioni rappresentano il baluardo sociale della lotta ai cambiamenti climatici, dall’altro i giovani provenienti da famiglie svantaggiate e in territori che non offrono adeguate opportunità educative sono tra gli anelli più fragili della catena sociale. La proposta di Save the children è di coinvolgere i bambini e le bambine in programmi di informazione e attività di prevenzione soprattutto in situazioni ambientali critiche, favorendo la partecipazione attiva alle strategie di gestione del rischio, creando delle vere e proprie comunità monitoranti.
Nelle città, dove nelle periferie chi si trova in situazioni di disagio sociale vive anche in aree urbane degradate da un punto di vista ambientale, la situazione è ancora più critica. Prendere quindi in considerazione la situazione dei diversi territori rispetto ai canoni della sostenibilità ambientale e sociale e in particolare alla povertà educativa è essenziale.
Viviamo in un Paese in cui il rapporto tra macchine immatricolate e neonati è di quattro a uno. Il dato sull’incremento delle automobili dipende da un peggioramento dei servizi urbani di trasporto, dovuti a tagli ai fondi e al personale che coinvolgono anche il verde e lo smaltimento dei rifiuti. L’inquinamento da cui deriva un numero così elevato di auto ha ripercussioni sulla salute di tutti e tutte, specialmente dei più piccoli, poiché compromette anche l’apprendimento. Recenti ricerche scientifiche provano che le polveri sottili possono alterare chimicamente il sistema nervoso centrale dei bimbi, deviando il normale sviluppo celebrale.
La questione dell’inquinamento nei centri urbani è prioritaria, poiché otto bambini e ragazzi e mezzo su dieci vivono in comuni superiori ai 5mila abitanti, e il 37% di tutti gli 0-17enni si concentra nelle 14 città metropolitane, soprattutto nelle periferie. Ancora una volta la questione sociale e quella ambientale si legano: le bambine e i bambini provenienti da famiglie in difficoltà economica sono anche più esposti ai disagi ambientali, sommando così una serie di “fattori cumulativi di vulnerabilità”.
Nell’ambito delle fragilità, Save the children denuncia che tra le vulnerabilità meno tutelate vi è quella dei minori di origine straniera, i “nuovi italiani”, nati e cresciuti in Italia, ma che possono diventare cittadini del nostro Paese solo compiuto il 18esimo anno di età. I minori residenti di Cittadinanza non italiana (Cni) rappresentano il 20,2% del totale dei residenti di Cni. Questi ragazzi sono di fatto stranieri in patria.
In un Paese sempre più anziano con la natalità ai minimi storici dall’Unità d’Italia (nel 2018 sono stati iscritti all’anagrafe per nascita 440mila neonati), riconoscere la cittadinanza alle ragazze e ai ragazzi di seconda generazione non solo sarebbe un diritto, ma anche un’opportunità per la nazione. Questi giovani in attesa di cittadinanza sono più di un milione e sono una risorsa demografica, sociale e culturale da troppo tempo ignorata dalla politica.
Come suggerisce il Rapporto: “L’obiettivo della politica avrebbe dovuto essere quello di fare sentire questi giovani parte integrante della comunità per motivarli a migliorare la propria vita e quella della società in generale. Una straordinaria occasione di crescita per tutti che purtroppo finora non è stata raccolta”.
Stiamo esponendo i più deboli al massimo sacrificio. La povertà assoluta è aumentata negli ultimi 10 anni in maniera difforme per fasce di età e colpisce particolarmente i bambini e gli adolescenti tra gli 0 e i 17 anni. È un dato drammatico, perché il tesoro più importante per il futuro del Paese è anche la parte della popolazione più povera.
Nonostante questo dato preoccupante, il denaro speso per i minori diminuisce. Save the children chiede che si alzi la spesa pubblica per l’infanzia, che è scesa dai sette miliardi e 127 milioni nel 2010 ai sette miliardi nel 2016. Ancora una volta l’Italia si trova spaccata tra un Nord che spende più denaro pro capite per interventi e servizi sociali specifici per la famiglia e i minori (si prenda l’esempio dei 316 euro pro capite dell’Emilia Romagna) a dispetto del Sud (come i 26 euro pro capite della Calabria).
La povertà si può sconfiggere investendo sull’educazione. Un bambino o una bambina che non riceve un’educazione adeguata è un essere umano a cui sono tagliate le gambe sin dall’infanzia, una persona che nemmeno ha la possibilità di immaginare un futuro migliore. Con questa consapevolezza Save the children è molto impegnata a livello territoriale con diversi progetti, tra cui “Illuminiamo il nostro futuro”, una campagna per il recupero degli spazi ora abbandonati, da restituire subito all’infanzia, e per rendere le scuole sicure per tutti e tutte.
di Eleonora Angeloni