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La crisi globale di apprendimento: 258 milioni di bambini non vanno a scuola
Gli ultimi studi sull’istruzione convergono sull’urgenza di aiutare i Paesi più poveri incrementando i fondi destinati al settore. Più di un bimbo su due è privo dei livelli minimi di competenza in ambito scolastico. 24/2/20
Le Nazioni unite hanno calcolato che circa 258 milioni di bambini e ragazzi nel mondo non frequentano la scuola e il 60 per cento non è in grado di raggiungere livelli minimi di competenza in alfabetizzazione funzionale e matematica. È il fenomeno che l’Onu chiama “crisi di apprendimento”, diffuso a livello globale nonostante gli indubbi passi avanti compiuti negli ultimi 50 anni.
I rifugiati, i migranti e le persone con disabilità devono affrontare le sfide maggiori nell’accesso all’istruzione. I Paesi più poveri hanno compiuto enormi progressi nel portare i bambini in classe ma il livello di apprendimento ancora non è sufficiente. Nel mondo il 44 per cento delle ragazze e il 34 per cento dei ragazzi tra i 10 e i 19 anni delle famiglie più povere non hanno mai frequentato la scuola o hanno abbandonato la scuola primaria, come rileva l’ultimo studio dell’Unicef “Addressing the learning crisis: an urgent need to better finance education for the poorest children” diffuso lo scorso gennaio al Forum mondiale sull’istruzione.
Nei 42 Paesi presi in analisi, i fondi per l’istruzione dei bambini del 20 per cento delle famiglie più ricche sono circa il doppio rispetto a quanto destinato ai bambini del 20 per cento delle famiglie più povere. Le più alte disparità sono state riscontrate in 10 Paesi in Africa (Guinea, Repubblica Centrafricana, Senegal, Camerun, Benin, Niger, Ruanda, Ghana, Togo e Tunisia), dove le risorse destinate ai bambini più ricchi sono quattro volte superiori rispetto a quelle per i bambini più poveri.
Secondo la Banca mondiale, più della metà (53 per cento) dei bambini che vivono nei Paesi a basso e medio reddito non sa leggere o comprendere un testo semplice entro la fine della scuola primaria. Nei Paesi poveri, il livello raggiunge l’80 per cento. Anche se negli ultimi 20 anni si sono registrati progressi, la disponibilità di fondi dedicati all’istruzione è ancora carente. Molti Paesi a basso e medio reddito riservano all’istruzione molto meno del 20 per cento delle risorse nazionali, che è ampiamente accettato come target di riferimento. Tuttavia l’incremento della spesa pubblica per l’istruzione sarebbe un potente motore di sviluppo che favorisce la crescita economica e stimola l’innovazione: a livello globale, è stato calcolato un aumento del 9% del guadagno orario per ogni anno in più di scolarizzazione.
Di recente l’Unesco ha invitato tutti i governi a integrare l’educazione all’azione per il clima alla politica di istruzione nazionale. Tijjani Muhammad-Bande, presidente dell’assemblea generale delle Nazioni unite, ha delineato le sfide che deve affrontare l’istruzione, tra cui un declino della qualità e degli standard formativi, un crescente divario di conoscenza tra studenti di Paesi tecnologicamente avanzati e Paesi in via di sviluppo e una crisi dell’apprendimento nelle zone di conflitto. Ha evidenziato il gap tra offerta formativa e moderne esigenze occupazionali sempre più specializzate, rilevando che i curricula devono anticipare e rispondere alle esigenze del mondo del lavoro. La vice segretaria generale delle Nazioni unite, Amina Jane Mohammed, ha affermato che “l’istruzione ha il potere di plasmare il mondo”, dare potere alle donne e aiutare a cambiare le percezioni e gli atteggiamenti sui cambiamenti climatici. Può promuovere la comprensione e il rispetto reciproci, aiutando a combattere le percezioni errate, i pregiudizi e l’estremismo violento. Ha sottolineato, infine, che è fondamentale per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, invitando a costruire partenariati per garantire che un’istruzione di qualità diventi realtà.
I progressi nella riduzione della povertà di apprendimento sono troppo lenti per soddisfare i Target degli SDGs: secondo i dati di Banca mondiale e Unesco, al ritmo attuale di miglioramento nel 2030 circa il 43% dei bambini sarà ancora in povertà educativa.
di Andrea De Tommasi