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La scuola italiana alla prova dell’attuale emergenza e delle disuguaglianze
L’offerta educativa, in questa fase affidata alla didattica a distanza, non deve trascurare le fasce più vulnerabili della popolazione. Tra questi i minori stranieri, come rileva un rapporto della Fondazione Openpolis. 26/3/20
Nel momento della sospensione di (quasi) tutte le attività umane, la scuola sta ripensando sé stessa di fronte al cambio radicale imposto in tutti i settori dall’emergenza sanitaria. È presto, forse, per dire se le misure di didattica a distanza messe in campo saranno in grado di mantenere l’offerta educativa su livelli di qualità, rientrando in quel modello di resilienza necessario per affrontare i tempi di oggi. Può essere utile, però, riflettere se in questa fase di trasformazione le esigenze delle fasce più vulnerabili della popolazione siano adeguatamente considerate.
“Il fatto che le scuole si muovano in ordine sparso è inevitabile, per loro configurazione”, ha dichiarato, intervenendo alla puntata del 16 marzo di Alta sostenibilità su Radio Radicale, Stefano Molina, dirigente di ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli e coordinatore del gruppo di lavoro ASviS sul Goal 4. “Ma nella scuola italiana manca la parola chiave vulnerabilità, e a subire le maggiori conseguenze sono i ragazzi in difficoltà”, ha aggiunto Molina, “penso ai 260mila ragazzi con disabilità certificate, per i quali la didattica a distanza non potrà quasi mai sostituire la presenza. È importante che in questa fase i docenti stiano vicino ai più deboli. Superato il temporale, si potrà recuperare chi ha perso un po’ di strada”. Il digital divide colpisce sempre le fasce più deboli, ha osservato nella stessa puntata Marco Rossi Doria, insegnante e membro del Forum disuguaglianze diversità, aggiungendo che “l’e-learning può essere utile, a condizione che ci siano politiche vaste di prossimità, affinché il ciclo della scuola possa continuare anche nei quartieri dove ci sono i ragazzi più fragili”.
Tra i ragazzi che potranno subire le maggiori conseguenze rientrano dunque coloro che già normalmente si trovano ad affrontare importanti difficoltà nel mondo scolastico. Tra questi i minori di cittadinanza straniera, come illustrato nel recente rapporto “I minori stranieri nelle scuole italiane, tra disuguaglianze e diritto all’inclusione” dell’Osservatorio povertà educativa, curato dalla Fondazione Openpolis e dall’impresa sociale “Con i bambini”. Il documento evidenza da un lato il problema delle barriere linguistiche e culturali, che possono ostacolare il processo di apprendimento, dall’altro quello delle disparità dovute alle condizioni economiche delle famiglie di origine, che rendono i minori stranieri particolarmente esposti al rischio di povertà educativa. Il 29% delle famiglie di soli stranieri vive in povertà assoluta, a fronte del 5% di quelle italiane, secondo gli ultimi dati disponibili (2017).
Difficoltà e disuguaglianze nei percorsi scolastici e di integrazione degli alunni stranieri sono molteplici. Tra i fenomeni più preoccupanti, il Rapporto evidenzia l’inserimento in ritardo dei minori nel sistema scolastico. Una pratica che, spiega l’Osservatorio, mira a facilitare l’avvio del percorso educativo per alunni che hanno importanti difficoltà linguistiche, ma che rischia poi di diventare sistematica. La percentuale di alunni stranieri in ritardo cresce passando da un ordine scolastico al successivo, e raggiunge il livello più alto tra gli iscritti alla scuola secondaria di secondo grado (58,2%). Una conseguenza del ritardo scolastico è l’abbandono, l’uscita dal sistema scolastico con la sola licenza media. Dopo anni di riduzione, in Italia il tasso di abbandono è tornato ad aumentare per tutti i ragazzi, passando dal 13,8% nel 2016 al 14,5% nel 2018. Un dato preoccupante che si aggrava ulteriormente per i ragazzi e le ragazze stranieri, con un aumento di +4,8% tra il 2016 e il 2018.
In Italia quasi un alunno su 10 (9,7%) è di cittadinanza non italiana. Un dato che varia da un territorio all’altro e sembra riflettere il divario tra il Sud e il resto del Paese in termini di opportunità economiche. Tutte le regioni del Mezzogiorno hanno una percentuale di alunni stranieri nelle scuole statali inferiore alla media italiana (9,7%). Tra queste, la Campania è quella con la minor presenza (2,5%). Al contrario, le regioni del centro e del Nord superano il dato nazionale, guidate dall’Emilia Romagna, con il 16,1% degli alunni con cittadinanza non italiana. La Lombardia è la regione con più minori stranieri, in valore assoluto. I comuni più abitati hanno in media percentuali più alte di alunni stranieri nelle scuole, rispetto ai centri minori. Tra le città con più di 50mila abitanti, è Sesto San Giovanni ad avere la più alta percentuale di studenti con cittadinanza non italiana (28,3%). Roma è il primo comune per numero di alunni stranieri (32.141), seguito da Milano, a quota 31.218.
Scopri di più sul tema dei diritti dei cittadini stranieri, guarda anche il documento della Focsiv
di Andrea De Tommasi