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Sostenibilità: serve un cambio di paradigma anche nella comunicazione delle aziende

Durante l’evento formativo ASviS-Ferpi è stato reso noto lo studio Astarea “La sostenibilità nella comunicazione d’impresa”. Le imprese con le attività legate allo sviluppo sostenibile puntano a incrementare la reputazione. 28/01/21

Come le imprese comunicano le proprie azioni sostenibili? È la domanda a cui Astarea, società di ricerca che si occupa di temi legati alla sostenibilità, ha provato a dare risposta attraverso lo studio “La sostenibilità nella comunicazione d’impresa”.

La ricerca patrocinata dall’ASviS, condotta la scorsa estate e resa nota il 27 gennaio nell’ambito del webinar per comunicatori “Comunicare la sostenibilità: la policy ambientale” organizzato dall’ASviS e da Ferpi, ha ricordato che attualmente, in base ai dati 2019, solo il 20%-30% dei cittadini adottano comportamenti veramente sostenibili, mentre i consumatori meno attenti sull’argomento sono circa il 35%, soprattutto perché poco informati.

Il rischio di non tradurre in competitività le buone pratiche messe in campo è alto, e per questo motivo serve un cambiamento in chiave strategica su come “comunicare la sostenibilità” da parte delle imprese.

Secondo la ricerca, infatti, veicolare informazioni empiriche, in pratica il “cosa è stato fatto”, non basta, e c’è bisogno di una visione complessiva anche in questo ambito, in modo da motivare le persone a indirizzare le proprie preferenze verso beni e servizi più virtuosi.

Lo studio ha analizzato un campione di 50 aziende particolarmente attive sullo sviluppo sostenibile, provenienti da qualsiasi settore merceologico (dall’agroalimentare alla farmaceutica, dalla telefonia all’energia). Alle imprese è stato somministrato un questionario di 100 domande (con risposte chiuse e aperte) in modo da fornire una valutazione qualitativa e complessiva sugli sforzi messi in campo e sul modo con cui ci si rivolge al grande pubblico.

I risultati mostrano che il 96% del campione si dice impegnato sul fronte ambientale, per esempio riutilizzando le materie prime e contenendo gli sprechi, meno invece sull’intera Agenda 2030 (il 49%). Inoltre il 40% sostiene di informare abitualmente gli stakeholder sulle “buone pratiche”, mentre solo l’11% non comunica in alcun modo queste attività.

Ma chi informano di più? Dall’analisi si evince che il target è piuttosto selettivo, l’audience a cui si fa riferimento è soprattutto quella dei consumatori e dei dipendenti, la filiera della distribuzione è invece quella meno considerata (solo il 39% delle aziende ne tiene conto). In generale, le imprese comunicano soprattutto sui loro siti e sui canali social, rendendo così il messaggio un po’ troppo condizionato al comportamento dei cittadini, e parlano di macrotemi piuttosto che di prospettive. L’obiettivo dichiarato dal 63% delle aziende che si occupano di sostenibilità è “incrementare la reputazione”, al secondo posto con il 59% troviamo “aumentare la notorietà”, segue “divulgare una buona immagine” con il 48%. In sostanza, “si punta meno sul posizionamento strategico dell’impresa e più sulle relazioni esterne focalizzate all’immagine”, ha dichiarato Laura Cantoni, partner di Astarea, che ha divulgato la ricerca durante il webinar.

Infine, un terzo delle imprese si dice soddisfatto dei risultati ottenuti ma il 42% dichiara di incontrare diverse difficoltà nel comunicare in modo efficace la sostenibilità. Lo studio, poi, sostiene che le aziende devono operare un cambio di paradigma per massimizzare i risultati: bisogna utilizzare modelli comunicativi diversi, che sappiano integrare il “dna aziendale”. Se la sostenibilità esige un cambio di paradigma, anche la comunicazione affine deve evolversi e rinnovarsi.

Sul tema della sostenibilità aziendale è intervenuto durante l’evento anche Enrico Giovannini, che prima ha sottolineato come sia il principio dell’integrazione a guidare l’Agenda 2030, il documento Onu che resta una grande opportunità per cambiare il nostro modello di sviluppo”, e poi ha continuato ricordando che è “il modo in cui il processo produttivo è organizzato a determinare il benessere degli individui. La quantità di scarti fisici, ma anche umani come dice Papa Francesco, impatta sul benessere della nostra società. Gli scarti fisici, di conseguenza, impattano sui servizi ecosistemici da cui dipendiamo e da cui traiamo anche benessere economico. Sulla comunicazione, spesso i rapporti di sostenibilità adottano una impostazione non sistemica, e questo è sbagliato. La sostenibilità è elemento di competitività e va pensata all’inizio del processo di produzione. L’Italia in passato ha sbagliato a non estendere l’obbligo di rendicontazione non finanziaria, oggi esiste solo per le grandi imprese”.

All’evento, aperto da Rossella Sobrero (presidente Ferpi), sono intervenuti anche Daniele Selvaggio (Ferpi), Paolo Gencarelli (Head of Group real estate Poste italiane), Federica Maion (communication manager acciaierie Bertoli Safau) e Fabio Iraldo (professore di Management Scuola superiore Sant’Anna) che ha parlato di greenwashing: “La comunicazione ambientale vive un’epoca in cui sono presenti tanti paradossi. Le imprese oggi si muovono in un’arena competitiva dove tutte le aziende parlano di ambiente e sostenibilità, i cittadini sono sempre più consapevoli, e questo li fa esser anche più diffidenti. C’è una presa di coscienza fortissima dei cittadini che sanno di avere nelle loro mani una leva per il cambiamento. La pandemia ha rafforzato questo trend”.

 

di Ivan Manzo

 

giovedì 28 gennaio 2021

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