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Rapporto ASviS: “Accelerare e investire subito sulla transizione ecologica conviene”

Sviluppato con Oxford economics, lo studio con scenari al 2030 e al 2050 ribadisce che i costi dell’inazione sono di gran lunga superiori a quelli dell’azione. La trasformazione del sistema Italia porterebbe a +2,2% di Pil.  7/5/24

martedì 7 maggio 2024
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“La transizione energetica comporterà profondi cambiamenti strutturali nell’economia, ma ritardare o rallentare la transizione avrebbe enormi costi economici e sociali. Al contrario, accelerare la transizione può generare una nuova ondata di innovazione, aumentando l’efficienza dei sistemi produttivi e producendo risultati migliori per le persone e per il Pianeta”. È questo uno dei messaggi chiave lanciati nel corso dell’evento di apertura del Festival dello Sviluppo Sostenibile (7 maggio, Ivrea) dall’ASviS con la pubblicazione “Scenari per l’Italia al 2030 e al 2050. Le scelte da compiere ora per uno sviluppo sostenibile”.

Lo studio analizza i progressi e le incertezze del quadro legislativo e degli investimenti sullo sviluppo sostenibile e contiene un’inedita analisi sviluppata con Oxford Economics sulla relazione tra transizione energetica e variabili macroeconomiche, evidenziando quali sono le scelte da compiere oggi nel campo delle politiche industriali e degli investimenti, in modo da assicurare un futuro di prosperità per l’Italia ed evitare non solo gli scenari catastrofici, ma anche il peggioramento delle condizioni socioeconomiche del Paese.

Lo scenario migliore, per il mondo e per l’Italia

Lo studio mette a confronto cinque possibili scenari: quello di base, che tiene conto delle attuali politiche che portano a un aumento medio delle temperature di almeno 1.9°C rispetto al periodo pre-industriale; il net zero, dove si raggiunge la neutralità carbonica in Italia e nel mondo grazie anche all’introduzione di una carbon tax; la net zero transformation, dove allo scenario net zero vengono associate innovazioni e riforme economiche strutturali mirate a incentivare gli investimenti “verdi” che contribuiscono ad azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050; la transizione tardiva, dove le politiche di mitigazione partono dal 2030; e lo scenario di catastrofe climatica, dove i governi falliscono nel contenere l’aumento della temperatura e le emissioni di gas climalteranti.

Secondo lo studio né lo scenario base né quello net zero rappresentano una condizione ottimale. Per evitare i maggiori impatti sulla salute e sulle nostre economie, ciò che serve è raggiungere la neutralità climatica con politiche trasformative – scenario net zero transformation – in grado di rendere la transizione energetica una leva per la massimizzazione del benessere collettivo.

Una maggiore spesa green stimolerebbe la domanda aggregata con uno ‘shock keynesiano’ nel breve termine – si legge nello studio -. In questo scenario, aumenta la produttività di lungo termine, il che determina un Pil globale nel 2050 superiore dell’1,9% rispetto allo scenario base. Le entrate fiscali aggiuntive potrebbero essere reinvestite in misure di redistribuzione che contribuirebbero a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Se invece dovessimo ritardare il processo di transizione – transizione tardiva -, l’inazione di questi anni renderebbe concreto lo scenario “catastrofico” dove le temperature superano ampiamente i 2°C e dove crolla il Pil mondiale.

Per l’ASviS resta dunque una posizione “incomprensibile” quella di chi propone di rallentare la transizione energetica ed ecologica per motivi di costo, poiché gli studi dimostrano che i costi dell'inazione sono già elevati e cresceranno nel tempo, colpendo soprattutto i più poveri e vulnerabili. E questo vale soprattutto per l’Italia.

Il nostro Paese, infatti, potrebbe trarre grossi benefici da uno scenario net zero transformation, anche perché l’Italia risulta meno dipendente di altre economie globali dai combustibili fossili, come Cina e Stati uniti. In questo scenario il Pil italiano aumenta del 2,2% in più rispetto a quello base e il tasso di disoccupazione si riduce di 0,4 punti percentuali, mentre il debito pubblico cala con maggiore forza e velocità rispetto a tutti gli altri scenari. Di contro, se l’Italia non dovesse intervenire il Pil si ridurrebbe di almeno il 30% rispetto alle previsioni di base, con conseguenze drammatiche anche sul mondo dell’occupazione.

Il quadro legislativo sullo sviluppo sostenibile

Il Rapporto evidenzia una mancanza di coesione e di visione a lungo termine nell'approccio alle politiche di sviluppo sostenibile in Italia, con interventi isolati che non si inseriscono in un quadro strategico coerente.

Nel corso dei 18 mesi di attività il Governo ha approvato, oltre alla Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (Snsvs), altri documenti programmatici fondamentali per il futuro del Paese, quali la bozza del Piano nazionale integrato energia-clima (Pniec), da rendere definitivo antro il 30 giugno di quest’anno, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), la Strategia nazionale per l’economia circolare e la Strategia nazionale per la biodiversità. Gli esperti e la società civile hanno accolto con favore questi documenti, anche se è stata osservata la scarsa ambizione di alcuni di essi e la mancanza di risorse adeguate in grado di trasformare i piani in atti concreti.

Per quanto riguarda la realizzazione delle missioni previste nel Pnrr, le informazioni messe finora a disposizione non risultano sufficienti per valutarne con precisione lo stato di avanzamento. Di conseguenza, appare indispensabile uno sforzo “risolutivo” da parte del Governo e degli enti territoriali per assicurare la diffusione di informazioni dettagliate e tempestive sullo stato del Pnrr.

Ma bisogna anche andare “oltre il Pnrr”, orientando gli altri fondi disponibili alle transizioni ecologica e digitale, al superamento delle disuguaglianze, alla tutela dell’ambiente e del territorio, al potenziamento del capitale umano.

Da questo punto di vista, si legge nello studio, “il Governo ha correttamente imposto, attraverso il decreto legge approvato a fine aprile sulla destinazione dei 75 miliardi del Fondo sviluppo e coesione 2021-2027, l’obbligo da parte delle Regioni e dello Stato di concentrare tali risorse su poche materie (risorse idriche, infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell’ambiente, trasporti e mobilità sostenibile, energia, sostegno alle imprese per le transizioni digitale e verde), in piena coerenza con quanto previsto nel Pnrr”.

Per quanto riguarda l’Europa, nonostante le tensioni politiche, l’attività legislativa ha mostrato un impegno senza precedenti sull'Agenda 2030 con un focus sul Green Deal, i diritti sociali e la transizione digitale.

Le nuove norme europee mirano a garantire stabilità finanziaria e prevedono maggiore flessibilità per la riduzione del debito pubblico, a condizione che vengano effettuati investimenti nelle transizioni verde e digitale, nella sicurezza energetica e nella resilienza sociale ed economica. Tuttavia, alcune importanti leggi europee, come la direttiva sulla due diligence delle grandi imprese, sono state ridimensionate o ritirate a causa di opposizioni interne ed esterne.

Nonostante i ritardi e le incertezze a livello nazionale sullo sviluppo sostenibile, i rapporti delle organizzazioni internazionali ed europee sottolineano l'urgente necessità di accelerare la transizione energetica e di prepararsi ai danni sempre più gravi causati dalla crisi climatica.

Elezioni europee: l’analisi dei Manifesti politici

Lo studio dell’ASviS analizza inoltre i Manifesti di quasi tutti i partiti politici europei in vista delle prossime elezioni dell’8 e del 9 giugno, in modo da avere un quadro generale chiaro su quanto viene proposto dalle diverse forze in campo. Ricordando che tali programmi sono completati in ciascun Paese dai programmi più specifici e approfonditi dei partiti nazionali che concorrono al voto, al momento sono stati valutati i Manifesti disponibili di PPE, PSE, ALDE20, GREENS e LEFT. L’ID non ha ancora presentato un piano programmatico, e secondo alcuni osservatori non lo farà, mentre l’ECR ha adottato il 23 aprile un Manifesto succinto di quattro pagine difficilmente comparabile con quelli più dettagliati delle altre famiglie politiche.

Tutti i Manifesti riconoscono rischi e pressioni su diritti e stato di diritto nell’Ue e tutti auspicano un’Unione in grado di agire in qualità di collettivo. Le proposte avanzate, evidenzia l’ASviS, “non sono particolarmente innovative e puntano, in generale, sugli stessi aspetti: potere di iniziativa legislativa al Parlamento europeo, superamento del diritto di veto in Consiglio, ma in modo differenziato a seconda dei partiti, più poteri in materia di tassazione”.

I piani dei partiti sono stati poi comparati sulle diverse dimensioni della sostenibilità, in modo da far emergere le differenti posizioni di ciascun gruppo che andrà a sedere a Bruxelles. L’analisi si è focalizzata sulla sostenibilità ecologica (Green deal, energia, politiche agricole); sostenibilità sociale (Europa sociale, lavoro, coesione, salute, beni comuni, migrazioni); sostenibilità economica (unione economica e monetaria, armonizzazione fiscale, futuro degli investimenti comuni, bilancio, politica industriale, governance del semestre europeo, commercio internazionale); sostenibilità digitale e intelligenza artificiale; sostenibilità istituzionale (politica estera, riforma dei trattati, competenze europee, futuri allargamenti).

Le proposte contenute nello studio

Prima di chiudere con un box che ipotizza gli investimenti necessari per l’attuazione dell’Agenda 2030 nel nostro Paese – si tratta di un primo esercizio esemplificativo per dimostrare che “il Governo, qualora ne avesse l’intenzione, potrebbe cercare di valutare l’ammontare di risorse potenzialmente necessarie per attuare l’Agenda 2030 utilizzando quanto già fatto per il disegno del Pnrr con riferimento agli obiettivi inclusi nella Snsvs” -, il terzo capitolo del Rapporto presenta una serie di proposte indirizzate al governo. Queste includono interventi trasversali e specifici, in linea con le raccomandazioni specifiche dell'Unione europea rivolte all'Italia nel 2023 e all'inizio del 2024. Vediamone qualcuna.

Per garantire coerenza e unitarietà alle politiche pubbliche, l’ASviS sostiene che il Piano fiscale a medio termine dovrebbe essere finalizzato all'attuazione della Snsvs e aggiornato in base al "Piano di accelerazione" per il conseguimento degli SDGs concordato nell'ambito del Summit dell'Onu sull'Agenda 2030 del 2023.

Tra le proposte troviamo la valutazione dell'impatto previsto dei nuovi atti legislativi sugli SDGs, la classificazione del bilancio pubblico rispetto agli obiettivi dell'Agenda 2030, e la descrizione di come le misure incluse nel Piano fiscale possano contribuire al raggiungimento degli SDGs.

L’ASviS prospetta poi l'attivazione del "nuovo" Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu) per garantire il coordinamento delle politiche nazionali relative alle città, e una modifica nella prassi di verifica di costituzionalità delle proposte di legge alla luce della modifica agli articoli 9 e 41 della Costituzione del 2022.

Per garantire la realizzazione efficace del Pniec e degli obiettivi di economia circolare, viene suggerito di tracciare target e percorsi ambiziosi, integrando le misure di riduzione delle emissioni di gas serra e il rafforzamento dell'economia circolare. L'attuazione e il monitoraggio di queste proposte dovrebbero essere affidati al Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess), garantendo così l'integrazione della transizione energetica e delle politiche di economia circolare in tutte le politiche, insieme al necessario sostegno finanziario e fiscale.

Per ridurre le disuguaglianze, è fondamentale rafforzare la progressività del sistema fiscale nel suo complesso, come sancito dall'art. 53 della Costituzione, al fine di finanziare settori cruciali come la sanità e l'istruzione. Allo stesso tempo, è necessario valutare una riduzione graduale dei favori fiscali per le rendite finanziarie e i trasferimenti di ricchezza, al fine di promuovere la crescita della produttività e ridurre la pressione fiscale sul lavoro.

La lotta all'evasione fiscale deve essere intensificata per ridurre la concorrenza sleale alle imprese e rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Sono necessarie misure di trasparenza e rendicontazione della spesa pubblica, insieme a un maggiore ricorso a green e social bond nazionali.

Per contrastare la povertà, occorre superare le criticità legate alla cancellazione del reddito di cittadinanza. Pertanto, va estesa l'eleggibilità dell'assegno di inclusione a tutte le famiglie in stato di disagio economico, e occorre modificare i requisiti per l'accesso al Supporto per la formazione e il lavoro e di consentire il cumulo dell'assegno di inclusione con i redditi da lavoro.

Per garantire il diritto alla salute e un'istruzione di qualità, sono poi necessari investimenti trasformativi nelle risorse e nei servizi sanitari, maggiori interventi per il trattamento del disagio psichico, la promozione di stili di vita sani e la prevenzione delle dipendenze.

La promozione del lavoro dignitoso richiede politiche industriali a lungo termine per le transizioni verde e digitale, il potenziamento dei servizi pubblici per l'impiego e strategie per aumentare significativamente l'occupazione giovanile e femminile entro il 2030. È inoltre essenziale affrontare in modo strutturale il lavoro irregolare e valorizzare il contributo degli immigrati al mercato del lavoro.

Infine, per una transizione ecologica efficace, è necessario ripensare i modelli di business aziendale, promuovere la progettazione di prodotti sostenibili e incentivare i progetti orientati alla sostenibilità. Anche per questo, l’Italia è chiamata a recepire rapidamente le direttive europee sulla sostenibilità aziendale e a investire in strumenti informativi e formativi per supportare le imprese, con particolare attenzione alle Pmi.

Scarica il Rapporto

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