Goal 17 "Partnership per gli obiettivi"
Scarsa attenzione della politica agli impegni internazionali
Rapporto ASviS 2023: investire di più nella cooperazione tecnologica con i Paesi poveri, garantire un dialogo strutturato tra attori privati e istituzioni e vincolare l’Italia al raggiungimento del Target dello 0,70% al 2030.
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A CHE PUNTO SIAMO IN ITALIA
A sette anni dall’approvazione dell’Agenda 2030, l’Italia è ancora molto distante dal Target di destinare lo 0,70% del Reddito nazionale lordo per l’Aiuto pubblico allo sviluppo: i dati relativi al 2022 mostrano, infatti, come l’Italia abbia aumentato il suo contributo fino allo 0,32%, ma tale valore appare “gonfiato” dall’aumento delle spese destinate all’accoglienza dei rifugiati nel nostro Paese, al supporto al governo ucraino e ai vaccini per il Covid-19, mentre l’aiuto “strutturale” si è ridotto del 13,2% rispetto al 2021. Inoltre, negli ultimi 15 anni l’andamento è stato discordante tra il lungo e il breve periodo, il che vuol dire che il risultato finale dipenderà dall’orientamento prevalente nelle politiche dei prossimi anni.
Secondo i risultati del sondaggio Ipsos nel Rapporto ASviS 2023, il Goal 17 “Partnership per gli Obiettivi” è l’ultima delle priorità percepite dagli italiani: solo il 3% la indica tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile più rilevanti. La bassa rilevanza si lega alla più ampia percezione riguardante la società e le relazioni tra gli individui: l’80% delle persone, infatti, teme che gli altri si approfitterebbero di loro e solo il 52% pensa che gran parte delle persone sia degna di fiducia. Eppure, per il 63% della popolazione italiana le persone nel mondo hanno più problemi in comune di quelli che li rendono differenti.
Per quanto riguarda la situazione generale dell’Obiettivo, l’indicatore composito italiano tra il 2015 e il 2019 rimane sostanzialmente stabile: il leggero miglioramento dell’indicatore sulle importazioni dai Paesi in via di sviluppo viene compensato infatti dalla riduzione della quota di tasse ambientali sul totale delle tasse (-0,2 punti percentuali). Nel 2020 il peggioramento dell’indice composito è legato agli effetti della pandemia, con il forte incremento del rapporto tra debito pubblico e Pil, che passa dal 134,1% al 154,9%. Tra il 2020 e il 2022 si assiste a una netta ripresa dell’indice, che torna quasi ai livelli del 2010, trainata dall’aumento delle importazioni dai Paesi in via di sviluppo (+3 punti percentuali) e dalla riduzione di 10,5 punti percentuali del rapporto tra debito pubblico e Pil (154,9% nel 2020, 144,4% nel 2022). A confronto con gli altri Paesi europei, l’Italia registra un lieve peggioramento tra il 2015 e il 2021, comunque maggiore rispetto a quello della media Ue. In particolare, nel 2021, l’Italia evidenzia il livello più alto di tutta l’Unione per quanto riguarda l’ammontare di debito pubblico (rispetto al Pil) e registra la seconda quota maggiore di importazioni dai Paesi in via di sviluppo.
Il Rapporto ASviS sottolinea la scarsa importanza attribuita dalla politica italiana al rispetto degli impegni internazionali per la cooperazione allo sviluppo. L’Italia, pur essendo parte del G7, si colloca al 18esimo posto della classifica dei Paesi donatori. Inoltre, negli ultimi anni si sono registrati ritardi dei bandi dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) di due-tre anni, e questo riduce l’efficacia della politica di cooperazione allo sviluppo, impedendo peraltro l’auspicata sinergia tra progetti e programmi dei vari attori e la costruzione di partenariati strategici, alla base dello stesso Obiettivo 17 dell’Agenda 2030. In relazione agli impegni sul clima, poi, il piano industriale per gli investimenti del Fondo italiano clima non è ancora stato reso pubblico e l’impegno italiano sottoscritto a Glasgow di non finanziare più con risorse pubbliche l’estrazione di idrocarburi è stato eluso, riducendo la credibilità politica dell’Italia nella comunità internazionale.
Il documento sottolinea anche che i finanziamenti per i programmi di sviluppo multilaterali sono stati ridotti nell’ultima Legge di Bilancio, dando priorità a un bilateralismo più strettamente governativo, e che una politica estera che mette al centro della cooperazione allo sviluppo il tema del contenimento dei flussi migratori in chiave securitaria non appare interessata ad aggredire le cause che li generano.
Tra gli elementi positivi si segnalano, invece, l’approvazione del “Nexus pace, emergenza e sviluppo” per rafforzare il legame tra le diverse politiche, l’adozione del Piano di azione nazionale di educazione alla cittadinanza globale, l’impegno per una maggiore partecipazione di persone con disabilità e l’avvio del “Processo di Roma” per stabilire un percorso di lungo periodo di partenariato tra Ue e Paesi africani per lo sviluppo, sebbene non sia stata ancora condivisa invece una bozza del “Piano Mattei per l’Africa”.
Tra il 2010 e il 2022 il Goal 17 peggiora:
il lieve aumento delle importazioni dai Paesi
in via di sviluppo dopo il 2015 viene compensato
dal calo delle tasse ambientali. Nel 2020 cresce fortemente
il rapporto debito pubblico/Pil, ma riscende nel post pandemia.
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LE PROPOSTE
Vincolare in maniera sempre più stringente l’impegno italiano di destinare lo 0,70% all’Aiuto pubblico allo sviluppo
entro il 2030 attraverso opportune misure legislative.
Dotarsi di una strategia di medio-lungo periodo che superi la logica dell’emergenza per favorire flussi migratori regolari,
realizzare un sistema dignitoso di accoglienza per garantire un’efficace integrazione dei migranti e tutelare i minori non accompagnati.
Prestare più attenzione alla cooperazione scientifica e tecnologica,
in particolare facendo in modo che la digitalizzazione non si traduca per le nazioni più povere in una nuova dipendenza, e contribuire alla creazione di un’infrastruttura pubblica europea per lo sviluppo di vaccini e farmaci accessibile anche ai Paesi in via di sviluppo.
Monitorare e valutare la produzione e il commercio internazionale
sulla base non solo della sostenibilità economica e finanziaria, ma soprattutto per il loro peso su quella ambientale e sociale.
Convocare con regolarità il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (Cncs),
per una costruzione condivisa della programmazione pluriennale tra il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale allo sviluppo e gli attori pubblici e privati del sistema.
Costruire un Piano di intervento in Africa
secondo una strategia credibile, coerente e sostenuta da risorse adeguate in grado di superare l’approccio emergenziale e utilitaristico solo per il nostro Paese.