Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie dal mondo ASviS

Pnrr e servizi all’infanzia: l’allarme e le proposte dalla rete EducAzioni

Richieste di finanziamento solo per metà dei fondi disponibili per gli asili nido. Preoccupano i costi di gestione e l’inesperienza di chi deve partire da zero. In questo modo rischia di aumentare il gap fra i territori. 23/03/22

La rete EducAzioni, di cui fanno parte l’ASviS e altre realtà che si occupano di scuola e disuguaglianze, ha lanciato l’allarme sugli asili nido e il Pnrr, visto che sono arrivate richieste per la sola metà delle risorse stanziate. Le richieste di finanziamento, infatti, si sono fermate a 1,2 miliardi di euro, a fronte dei 2,4 miliardi disponibili. Il rischio è quello di ampliare ulteriormente il gap che oggi esiste nei territori, limitandosi ad aggiungere posti e servizi là dove ci sono già, ma senza affrontare e risolvere il tema della riduzione delle diseguaglianze.

Proroga dei termini di candidatura per puntare allo standard europeo. Il termine per le candidature è scaduto a fine febbraio con massiccia adesione degli Enti locali per ottenere fondi per mense, palestre e scuole dell’infanzia. Invece tutte le regioni, eccetto l’Emilia-Romagna, hanno presentato richieste al di sotto del budget stanziato per gli asili nidi.

I termini sono stati dunque prorogati a fine marzo, ma è comunque molto difficile che si riesca a mettere il Paese nella condizione di prevedere una copertura di almeno il 33% come previsto dagli standard europei. Standard necessario per garantire ai più piccoli un livello essenziale di risorse educative indipendentemente da dove vivono e dallo status occupazionale dei genitori, in particolare della madre, che costituisce l’obiettivo del Pnrr, ulteriormente rafforzato dalla Legge di stabilità per il 2022.

I motivi della scarsa partecipazione. Secondo EducAzioni sono principalmente tre le criticità che concorrono a tale risultato:

  1. il ricorso ai bandi, nel caso di livelli essenziali di prestazione, risulta problematico, perché affidato alle amministrazioni locali anziché essere garantito innanzitutto a livello centrale, come avviene per la scuola e la sanità;

  2. considerate le incertezze sul finanziamento aggiuntivo necessario a coprire i costi di gestione, i Comuni potrebbero essere restii nell’accettare i fondi del Pnrr, scegliendo legittimamente di non volersi impegnare a sostenere una spesa che sanno di non poter fronteggiare in assenza di un impegno forte e certo dello Stato;

  3. mancanza di competenze specifiche nella progettazione di nidi e servizi educativi alla prima infanzia. Considerazione valida soprattutto per Comuni di piccole e medio-piccole dimensioni, enti locali in aree interne e nel Mezzogiorno che hanno scelto magari di investire il loro tempo per bandi su settori di cui disponevano maggiori competenze.

 

Le sei richieste di EducAzioni. Alla luce di queste criticità, la rete ha espresso sei richieste per far fronte alla situazione:

  1. riflettere e intervenire sulle motivazioni che hanno spinto i Comuni a non fare domanda. Si propone una attenta profilazione dei Comuni che hanno fatto domanda e di quelli che hanno partecipato meno (in termini di regione di appartenenza, dimensione demografica, collocazione geografica, presenza di dissesto finanziario o meno, etc.) per comprendere come indirizzare meglio gli sforzi;

  2. garantire ai Comuni l’adeguatezza dei fondi che avranno a disposizione nel gestire i servizi educativi alla prima infanzia. Con il supporto della Conferenza delle Regioni, delle Province Autonome e dell’Anci è importante informare e rassicurare i Comuni sul trend in crescita dei fondi destinati ai nidi, anche alla luce dell’ultima Legge di Stabilità;

  3. rafforzare il sostegno ai comuni nella fase di progettazione. Si auspica un ulteriore rafforzamento del coinvolgimento dell’Agenzia della Coesione Territoriale, Anci, Conferenza Regioni e Province Autonome in tale direzione. È inoltre opportuno prevedere un coinvolgimento della comunità educante perché affianchi i Comuni nell’individuare i bisogni e nel formulare i progetti per i nidi;

  4. proroga del termine del bando per offrire un maggior sostegno ai Comuni nell’elaborazione delle domande di partecipazione. Si suggerisce l’introduzione di due ulteriori criteri di premialità in fase di presentazione dei progetti, legati al coinvolgimento di rappresentanti della comunità educante locale e alle proposte che prevedano forme di cooperazione intercomunale nella gestione dei nidi;

  5. una coesione del Ministero nell’individuazione degli ambiti territoriali che non hanno fatto domanda, intervenendo sull’attivazione dei servizi. Definiti i servizi educativi all’infanzia quali livelli essenziali, tanto dal Pnrr quanto dalla legge di Stabilità, è importante che il Governo nazionale garantisca tali livelli soprattutto in quei territori in cui i Comuni fanno più difficoltà a sviluppare i servizi;
  1. un avvio immediato della programmazione del personale necessario per la gestione dei servizi educativi. Voler passare da una copertura del circa 15% al 33% richiede una attenta pianificazione su come allargare e aumentare il personale qualificato che dovrà svolgere compiti educativi nei nidi e negli altri servizi all’infanzia.

 

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di Monica Sozzi

mercoledì 23 marzo 2022

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