Notizie dal mondo ASviS
La maggiore sensibilità degli investitori istituzionali sui criteri Esg migliora la gestione dei rischi
Presentato il Quaderno realizzato dal Centro studi Itinerari previdenziali con il patrocinio dell’ASviS. Il nuovo quadro regolamentare spinge gli enti verso i temi della sostenibilità. Gli interventi di Mallen, Brambilla e Giovannini. 28/4/22
La maggior parte dei principali investitori istituzionali italiani adotta una politica d’investimento sostenibile: è il 56%, in linea con il 2021 nonostante l’ampliamento significativo del campione. L’81% di quanti non adottano strategie Sri (Sustainable and responsible investment) dichiara tuttavia di aver già discusso il tema e intende implementare politiche Esg (Environment, social, governance) e Sri in futuro. È quanto emerge dalla quarta edizione dell’indagine realizzata dal Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali con il patrocinio dell’ASviS, che ha analizzato le politiche di investimento sostenibile di 106 enti tra casse professionali di previdenza, fondazioni di origine bancaria, fondi pensione e compagnie di assicurazione. Lo studio, presentato il 27 aprile al Palazzo di Confcooperative in Roma nell’ambito del Forum Esg e sul Welfare integrato, evidenzia che la principale ragione che spinge gli enti verso strategie sostenibili continua a essere la volontà di contribuire allo sviluppo sostenibile, spesso abbinata al miglioramento della gestione dei rischi, della reputazione dell’ente e all’aumento della redditività. Un notevole balzo in avanti si rileva per la “pressione del regolatore”, spiegabile con l’evoluzione normativa comunitaria che ha imposto l’adattamento al nuovo quadro regolamentare soprattutto nell’ultimo anno.
Nonostante una riduzione rispetto all'indagine 2021, al primo posto (58%) tra le strategie si posizionano ancora le esclusioni (approccio che prevede l’esclusione dal portafogli investimenti di società sulla base di determinati principi e valori), seguite dagli investimenti tematici (38%) e dall’impact investing (35%). Le due asset class a cui vengono applicati maggiormente i criteri Esg sono azionario e obbligazionario, scelte rispettivamente dal 47% e 35% delle realtà intervistate, entrambe in riduzione rispetto allo scorso anno. Tale variazione, secondo l’indagine, è attribuibile in gran parte all’introduzione nel questionario dell'opzione “Infrastrutture”, che da sola raccoglie il 16% delle risposte.
In quali termini l’applicazione di politiche di investimento Sri ha consentito miglioramenti? Il 68% degli enti rileva un impatto positivo sulla diversificazione del rischio, mentre il 62% riscontra un miglioramento reputazionale. Malgrado la rapida evoluzione del contesto normativo, il 49% degli interpellati giudica sufficiente la propria conoscenza in materia di sostenibilità, il 37% la ritiene buona e il 7% addirittura ottima. Nonostante la valutazione positiva, alla domanda se fossero già stati avviati percorsi di formazione interna, il 35% risponde affermativamente, mentre il 21% dichiara l’intenzione di farlo senza avere ancora preso misure in tal senso.
Guardando alle intenzioni future, per l’87% il Covid-19 ha contribuito ad accelerare il ricorso a investimenti Esg e il 68% dichiara di voler incrementare l’esposizione verso tali investimenti. Secondo la survey, gli ambiti di investimento di maggior interesse prospettico sono le energie rinnovabili con il 68%, l’healthcare con il 45%, tecnologia e infrastrutture sanitarie rispettivamente con il 38% e 36%. Chiude la Silver economy, ossia l’offerta di prodotti e servizi finanziari rivolti alla popolazione sopra i 50 anni, con il 28%.
L’ASviS segue con attenzione la questione dell’invecchiamento attivo e quella del welfare per gli anziani, soprattutto attraverso il progetto Futura network, ha ricordato in apertura del suo intervento Marcella Mallen, presidente dell’Alleanza. Ha poi evidenziato il difficile contesto in cui si trovano a operare le imprese: “Siamo di fronte a una successione di crisi, da Lehman Brothers alle migrazioni, dalla pandemia a una guerra anacronistica con implicazioni globali. Gli ultimi due rapporti dell’Ipcc ci dicono che non stiamo facendo abbastanza, né in termini di cooperazione internazionale né in termini di adattamento ai cambiamenti climatici. La domanda di fondo della sostenibilità è: quale pianeta, e con quali condizioni, lasciamo alle nuove generazioni. Occorre agire su tre piani: politica, opinione pubblica e imprese. La riforma costituzionale attesa da tempo inserisce per la prima volta in Costituzione concetti come tutela dell’ambiente, equità e interesse delle future generazioni. L’educazione alla sostenibilità ha un ruolo chiave ed è una delle principali attività dell’ASviS”. Sulle strategie delle imprese, Mallen ha detto che possono affrontare le tematiche Esg in tre modi: il primo approccio è descrittivo/difensivo; il secondo si concentra sugli obiettivi più vicini alle finalità aziendali, senza però considerare l’intero processo; infine, il terzo affronta la complessità dell’Agenda dell’Onu, analizzando criticamente tutti gli impatti, positivi e negativi, su ciascun Goal. Mallen ha concluso sottolineando che “non può esserci sostenibilità senza collaborazione internazionale. Oggi un’impresa non può sopravvivere se non guarda almeno agli scenari al 2030. Noi abbiamo scelto l’Agenda 2030 come bussola, pur sapendo che ha dei limiti. Rappresenta però il primo grande programma globale per cambiare il mondo”.
Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, nella sua relazione ha ricordato la grande attenzione riservata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza alla sostenibilità: “Coerentemente con le linee guida europee, progetti e riforme proposti nel Pnrr sono stati valutati considerando i criteri “Do no significant harm” (Dnsh), calcolando o stimando gli effetti diretti e indiretti attesi a lungo termine, per ogni intervento finanziato”. Secondo Brambilla, lungo questa direttrice potrebbe finalmente aprirsi per l'Italia (e non solo) l’era della responsabilità e del capitalismo sociale e solidale: “Una terza via, che sarà tanto più praticata quanto più i cittadini comprenderanno l'importanza di questi valori e quanto più la finanza e gli stakeholder saranno attenti alla sostenibilità dei loro investimenti”.
“Il messaggio di oggi è che i 17 Goal dell’Agenda 2030 sono ormai diventati parte comune della cultura, ma anche degli asset, dei prodotti e dunque dell’offerta complessiva di un settore importante come il vostro”, ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, intervenuto da remoto all’evento. “Nonostante la crisi e la guerra, c’è stato un aumento della ricchezza delle famiglie – non di tutte ovviamente - piuttosto consistente. Questa ricchezza è alla ricerca di investimenti, accanto al recupero dei livelli di consumo desiderati. Credo ci possano essere opportunità importanti nei prossimi due anni per far sì che questo si trasformi in investimenti Esg. Parallelamente, la stessa cosa faranno le imprese: sempre più spesso, anche per le spinte europee, ci saranno investimenti in questa direzione”. Giovannini ha aggiunto che “gli enti previdenziali hanno ormai compreso appieno che gli investimenti Esg sono un modo per dare prospettiva al risparmio gestito, in una logica di bene comune. Su questo, si registrano passi avanti importanti anche sulla standardizzazione dei metodi di valutazione d’impatto”.
di Andrea De Tommasi