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Pubblica amministrazione: cosa ne pensano cittadini e dipendenti?
Cresce l’attrattività del settore pubblico e migliora la percezione degli italiani. Gap sul fronte della comunicazione e delle tecnologie. Le tendenze emerse dal rapporto annuale di ForumPa. 2/2/24
I sondaggi promuovono la Pubblica amministrazione (Pa) italiana. Siamo sulla buona strada per lasciarci finalmente alle spalle la visione di una Pa “fardello” del Paese, fatta di sprechi, insuccessi, impiegati svogliati per fare spazio a una Pa efficiente, capace di valorizzare le persone, condizione necessaria per affrontare le sfide attuali e future, a partire dal rispetto degli impegni assunti con il Pnrr e la programmazione europea 2021-2027.
È quanto emerge dalla nona edizione del Rapporto annuale elaborato da ForumPA e Digital360, presentata lo scorso 18 gennaio, con i risultati della ricerca “Barometro Pa”, condotta lo scorso dicembre su un campione di 500 cittadini. Il Rapporto, oltre ad analizzare i principali fenomeni nella Pubblica amministrazione, con approfondimenti sulla sanità e la scuola, illustra anche gli esiti di un’indagine che ha coinvolto lo scorso aprile 1.289 dipendenti pubblici. Vediamo i dati salienti dei due sondaggi e le raccomandazioni che il documento fornisce alle amministrazioni per sostenerle nel cambiamento.
Modernizzazione della Pa e Pnrr: a che punto siamo?
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Sì al lavoro pubblico, non solo per il posto sicuro
La maggioranza dei cittadini che hanno avuto relazioni con la Pa negli ultimi due mesi si è ritenuto soddisfatto dell’esperienza (64%). “Competente” è il principale aggettivo che hanno scelto per valutarla (24%), seguito da “efficiente” (20%) e “digitale” (19%). Per l’11% degli intervistati è “sostenibile”. A promuoverla sono soprattutto i giovani (81% dei18-34enni) e le persone con un diploma o una laurea (88%). Ben sette su dieci vorrebbero la Pa come datore di lavoro. Da cosa sono attratti? Innanzitutto dalla garanzia del “posto sicuro” (43%), un dato che si è mantenuto stabile rispetto alla rilevazione di gennaio 2023. Cresce poi di otto punti la quota di chi la considera un contesto “importante e professionalizzante” (30%). E questa è la principale motivazione per cui sei dipendenti pubblici su dieci consiglierebbero un impiego nella Pa superando, anche se solo di un punto percentuale, la stabilità occupazionale (36%).
Nel valutare la propria organizzazione, il 40% dei dipendenti l’ha definita “inclusiva”, poco più di un quarto la ritiene “moderna” rispetto all’uso del digitale e poco meno della metà (46%) pensa che stia lavorando per diventarlo. Tra gli aspetti negativi, l’opinione diffusa che la Pa riservi poca attenzione all’acquisizione e al mantenimento dei profili più brillanti, e che la direzione del personale sia ancora legata a modelli ‘burocratici”. Per oltre il 40% sono necessarie più azioni per favorire lo sviluppo del potenziale delle lavoratrici e dei lavoratori, principalmente con percorsi di crescita professionale legati al merito.
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Pa sempre più vecchia e precaria
Nel prendere in esame le dinamiche occupazionali, il Rapporto rileva che nel 2022 il numero dei dipendenti pubblici in Italia è aumentato solo dello 0,8% rispetto al 2021, pari a 5,5 ogni 100 abitanti e a 14 impiegati pubblici ogni 100 occupati, attestandoci sotto la media dei principali Paesi europei. L’incremento riguarda soprattutto assunzioni a tempo determinato, mentre continua a calare il numero dei dipendenti “stabili”, la cui età media nel 2021 era di circa 50 anni e solo il 3,6% era sotto i 30. E sempre più tardi si entra nel settore, ora a circa 34 anni.
Secondo le stime sono previste oltre 150mila nuove assunzioni all’anno per i prossimi cinque anni e un milione di dipendenti andranno in pensione entro il 2033. Ma il Rapporto segnala che in media due vincitori di concorso su dieci hanno rinunciato al posto, con punte del 50% per le assunzioni a tempo determinato.
Le tre grandi discontinuità
Tenuto conto dei sondaggi, l’analisi delinea diverse azioni volte a rafforzare la Pa, a beneficio del Paese. Oltre a migliorare le procedure dei concorsi, puntare sempre più sulla digitalizzazione e nella formazione, occorre intervenire su tre fronti. Innanzitutto, occorre un cambio di tono nella comunicazione al pubblico, dalla quale dovrebbero emergere gli aspetti più virtuosi per calamitare coloro che ambiscono ad esperienze professionali qualificanti nel settore, ma che i pregiudizi di lunga data tengono lontano. Il secondo fronte riguarda la struttura organizzativa: la Pa, per potenziare la propria capacità operativa, incalzata dalle sfide della tecnologia, deve saper accogliere e valorizzare davvero i giovani talenti, anziché vederli solo come esecutori di ordini. Infine, è necessaria una gestione efficace dell’intelligenza artificiale, in vista dell’imminente introduzione del regolamento europeo, in ogni ambito tra cui i processi decisionali.
di Antonella Zisa