Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

FOCUS. La natalità può aumentare ma richiede politiche impegnative sul modello di Francia e Svezia

Mentre l'Italia lotta contro calo delle nascite e invecchiamento, altre misure di welfare europee offrono soluzioni efficaci: politiche familiari robuste, sostegno alla genitorialità e conciliazione vita-lavoro possono invertire il trend. [Da FUTURAnetwork.eu4/10/24

venerdì 4 ottobre 2024
Tempo di lettura: min

tassi di fecondità a livello globale sono in calo: attualmente, le donne hanno in media un figlio in meno rispetto al 1990. In più della metà dei Paesi, il numero medio di nati per donna è sceso sotto il livello di 2,1, necessario per mantenere stabile la popolazione. Inoltre, quasi un quinto dei Paesi, tra cui l'Italia, si trova in una situazione di "fertilità ultra-bassa", con meno di 1,4 nascite per donna durante la vita.

In Europa secondo il rapporto di Eurostat“Demography of Europe – 2024 edition”, si registra un significativo calo del tasso di natalità nell’Ue, passato da 10,6 nati per mille persone nel 2008 a 8,7 nel 2022. Questo declino è stato riscontrato in 22 Paesi dell’Ue tra il 2002 e il 2022, con solo quattro Stati membri che hanno registrato un aumento e la Bulgaria che è rimasta stabile. Nel 2022, i tassi di natalità più alti sono stati registrati a Cipro (11,2), Francia (10,7), Irlanda (10,5) e Svezia (10,0), mentre i tassi più bassi sono stati in Italia (6,7), Spagna (6,9) e Grecia (7,3).

Demografia e denatalità in Italia

Per l'Italia invece, le previsioni demografiche aggiornate dell'Istat delineano un futuro preoccupante, con la popolazione in calo drastico. Dai 59 milioni di abitanti attuali, si prevede che il Paese scenderà a 58,6 milioni nel 2030, 54,8 milioni nel 2050 fino a 46,1 milioni nel 2080. Questa riduzione sarà influenzata da un bilancio demografico negativo, con 21 milioni di nascite contro 44,4 milioni di decessi. Il calo della popolazione e il rapido invecchiamento della società avranno ripercussioni significative sull'equilibrio sociale ed economico.

Entro il 2050 infatti, l'età media della popolazione italiana supererà i 50 anni, con un terzo degli abitanti che avrà più di 65 anni, e un aumento della popolazione ultraottantacinquenne, che passerà dal 3,8% al 7,2%. Questo scenario implicherà una popolazione sempre più anziana e dipendente, con un rapporto tra persone in età lavorativa (15-64 anni) e persone in età non lavorativa che scenderà drasticamente da tre a due nel 2023 a uno a uno entro il 2050. Il Mezzogiorno sarà particolarmente colpito, con un invecchiamento ancora più accelerato rispetto al resto del Paese.

Il calo della natalità è il risultato di una combinazione complessa di fattori sociali, economici, culturali e demografici che variano da Paese a Paese. Ecco le principali cause:

  1. Fattori economici
  • Precarietà economica: l’instabilità lavorativa e la difficoltà a trovare impieghi stabili e ben retribuiti influiscono sulla decisione di avere figli. In molti Paesi, i giovani affrontano un ingresso difficile nel mercato del lavoro e l'incertezza economica li spinge a posticipare o rinunciare alla genitorialità.
  • Alto costo della vita e dei figli: il mantenimento dei figli richiede risorse economiche significative, e molte famiglie trovano difficile far fronte alle spese per l’istruzione, la sanità e l’alloggio. Questo problema è particolarmente sentito in Paesi come l’Italia, dove secondo il report "FragilItalia" di LegaCoop, il costo dei figli rappresenta una delle principali preoccupazioni delle famiglie, che dedicano fino al 70% del proprio bilancio familiare alle spese per il loro mantenimento.
  1. Fattori sociali e culturali
  • Posticipo maternità: le donne, in molti Paesi, hanno iniziato a diventare mamme sempre più tardi, sia per concentrarsi sulla carriera che per prolungare l’istruzione. In Italia, ad esempio, l’età media della prima maternità è aumentata significativamente.
  • Riduzione del matrimonio e delle unioni stabili: in molte società, si è osservato un calo delle unioni tradizionali e un aumento della coabitazione senza matrimonio. Le famiglie monoparentali o senza figli sono in aumento, in particolare nelle aree urbane.
  • Ruoli di genere e aspettative di carriera: le donne oggi hanno maggiori opportunità educative e lavorative, e spesso trovano difficile conciliare la carriera con la maternità, soprattutto nei Paesi in cui mancano politiche di supporto alla conciliazione vita-lavoro.
  1. Fattori legati alle politiche pubbliche
  • Carente supporto alle famiglie: in alcuni Paesi, le politiche di supporto alle famiglie sono insufficienti. La mancanza di strutture per l'infanzia accessibili, congedi parentali limitati e politiche di welfare deboli rende difficile per le coppie decidere di avere figli.
  1. Impatto delle crisi sanitarie
  • Pandemie e crisi globali: eventi come la pandemia di Covid-19 hanno avuto effetti significativi sui tassi di natalità, creando incertezza sociale ed economica che ha portato molte persone a posticipare la scelta di avere figli.

DA FUTURANETWORK.EU - GLI INCENTIVI ECONOMICI PER LA NATALITÀ NON INVERTIRANNO IL CALO DEMOGRAFICO


Politiche per la natalità in Italia

Nel quadro della Legge di bilancio 2024, il governo italiano ha messo in campo alcune misure per affrontare la crisi demografica e sostenere le famiglie, destinando un miliardo di euro a favore della natalità e delle famiglie numerose. Tra le iniziative principali c'è un aumento del bonus asili nido, che sale a 3.600 euro annui per le famiglie con Isee fino a 40mila euro e almeno due figli, e l’introduzione di un ulteriore mese di congedo parentale retribuito all'80% per i genitori con figli fino a sei anni.

Un'importante novità riguarda la decontribuzione per le madri lavoratrici con contratti a tempo indeterminato e almeno due figli. Queste donne saranno esentate dal pagamento dei contributi fino a 3mila euro annui, con una durata più estesa per chi ha tre o più figli. Tuttavia, questa misura si limita a determinate categorie di lavoratrici, escludendo ad esempio le lavoratrici domestiche.

Nonostante questi passi avanti, rimangono diverse criticità. Il congedo di paternità, fissato a soli dieci giorni retribuiti al 100%, non è stato potenziato, mantenendo un forte squilibrio nelle responsabilità di cura tra i due genitori. Inoltre, il congedo parentale migliorato è finanziato solo per il 2024, sollevando dubbi sulla sua continuità. Altre difficoltà emergono dalla cronica mancanza di posti negli asili nido, che limita anche l'impatto del bonus aumentato.

Politiche familiari di successo

Le politiche familiari di successo in Svezia e Francia offrono due modelli di riferimento per il sostegno alla natalità e alla conciliazione tra vita lavorativa e familiare, entrambi noti per l'ampio supporto finanziario e i servizi di qualità.

 Svezia: è un esempio consolidato di politiche che favoriscono l'occupazione femminile e sostengono la natalità grazie a un sistema di congedi parentali generosi, un accesso esteso e a basso costo ai servizi per l'infanzia, e un approccio culturale incentrato sulla conciliazione vita-lavoro.

  • Congedi parentali: entrambi i genitori condividono 480 giorni di congedo retribuito per figlio, con indennità che coprono fino al 77,6% dello stipendio, un sistema flessibile che permette una distribuzione bilanciata tra i genitori.
  • Sostegno finanziario: un esempio è il barnbidrag, un assegno universale mensile per i figli di circa 110 euro fino ai 16 anni.
  • Servizi per l'infanzia: gli asili nido coprono oltre il 54% dei bambini tra 0-2 anni, offrendo qualità e accessibilità economica che alleggeriscono le famiglie.

Questi fattori creano una cultura che sostiene sia le madri sia i padri nella partecipazione al mercato del lavoro, favorendo al contempo un tasso di fertilità più elevato rispetto ad altri Paesi europei.

 Francia: è nota per il suo forte impegno verso le famiglie, investendo il 2,2% del Pil nel sostegno familiare (contro l'1% dell'Italia). Le politiche francesi, sviluppate nel corso di decenni, puntano su flessibilità lavorativa e un generoso sistema di tassazione basato sul quoziente familiare.

  • Congedi e flessibilità: i genitori francesi possono lavorare part-time nei primi anni di vita dei figli, con lo Stato che compensa parte della perdita di reddito. Il sistema scolastico è organizzato per includere tempo pieno, facilitando ulteriormente la conciliazione lavoro-famiglia.
  • Asili nido e servizi educativi: oltre il 60% dei bambini sotto i tre anni accede a servizi formali di assistenza, e la rete di asili nido è giudicata positivamente dalle famiglie.
  • Sostegno economico: il sistema fiscale con il quoziente familiare alleggerisce la tassazione in base al numero di figli a carico, garantendo maggiore equità.

In entrambi i casi, il successo delle politiche familiari si basa non solo su sussidi economici, ma su una cultura che valorizza il sostegno alla genitorialità e l'equilibrio tra vita personale e professionale.

Anche l'immigrazione poi rappresenta una componente chiave per contrastare l'invecchiamento demografico e sostenere la natalità. L'immigrazione di qualità, cioè l'ingresso di lavoratori qualificati, può aiutare a mantenere una forza lavoro giovane e dinamica, compensando così l'invecchiamento della popolazione e contribuendo al sostegno del welfare. Inoltre, le politiche di integrazione efficaci possono favorire l'inserimento delle famiglie immigrate, supportando sia la natalità che l'equilibrio economico.

Secondo diversi esperti, come Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, migliorare le condizioni di immigrazione e integrazione è cruciale per stabilizzare la popolazione attiva e rafforzare la crescita economica, ma non è sufficiente: “L’unico possibile percorso al rialzo richiede, in generale, di allineare le politiche familiari italiane al meglio delle esperienze europee sui vari fronti integrati” spiega Rosina, “bisogna combinare politiche familiari con condizioni che portano al rialzo anche l’occupazione giovanile, la partecipazione femminile al mercato del lavoro, l’immigrazione di qualità (in grado di rinsaldare la forza lavoro). La natalità, infatti, non può aumentare se non migliora tutta la transizione scuola-lavoro e se non aumentano le opportunità di valorizzazione del capitale umano dei giovani nel mondo del lavoro.”

di Sofia Petrarca

 

Copertina: Christian Bowen/unsplash

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