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Migranti e rifugiati: nel Sahara il doppio delle vittime del Mediterraneo
In aumento le persone che, per raggiungere l’Europa, tentano pericolose traversate nel deserto. L’immigrazione aiuta in molti modi le nostre società, ma serve normalizzarne la narrazione. Dal Rapporto Oim, Unchr, Mmc 2024. 28/8/24
Morte, violenze sessuali, torture e violenza fisica, rapimenti a scopo di riscatto, tratta di persone, rapine, detenzioni arbitrarie, espulsioni collettive e respingimenti: questa è la lista non esaustiva degli “orrori inimmaginabili”che rifugiati e migranti sperimentano lungo le rotte che si estendono dall'Africa orientale, dal Corno d'Africa e dall'Africa occidentale verso le coste del Mar Mediterraneo e oltre, fino all'Europa. Lo illustra dettagliatamente il nuovo rapporto, pubblicato a luglio 2024, dall’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (Oim), dall’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, e dal Mixed migration centre (Mmc), intitolato “In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori” (Volume 2).
Tra gennaio 2020 e maggio 2024 circa 7.115 persone in movimento sono state segnalate come morte o disperse nel Mar Mediterraneo. Al tempo stesso, si sa che 1.180 persone sono morte attraversando il deserto del Sahara, ma gli esperti stimano che il numero sia molto più alto. Infatti, sembrerebbe che siano più le persone che attraversano il Sahara rispetto al Mediterraneo e che, sebbene i dati siano ampiamente sottostimati da media e governi, potrebbero esserci più incidenti nel deserto che in mare. Secondo Oim ed Mmc, dunque, il numero di coloro che muoiono nel deserto potrebbe essere almeno il doppio di quello nel Mar Mediterraneo.
Tra il 2018 e il 2022, tra le prime dieci nazionalità di coloro che sono arrivati in Italia attraverso il Mediterraneo centrale, alcune hanno avuto un alto tasso di riconoscimento delle domande di asilo: parliamo di siriani (95,23%), maliani (60,32%) e sudanesi (83,25%). Al contrario, il tasso di protezione di altre nazionalità è stato più basso, con tunisini e bengalesi rispettivamente al 12,26% e 13,40%. Questi dati stanno a indicare come i movimenti attraverso il Mediterraneo siano misti, comprendendo rifugiati che, per mancanza di accesso a canali sicuri, non vedono altra scelta che unirsi ad altri migranti in queste pericolose traversate marittime per poter richiedere protezione in Europa. Come se non bastasse, nel Sahel e nel Nord Africa, in molti casi, per evitare controlli di frontiera, posti di blocco o zone di conflitto attivo, le rotte del traffico di esseri umani si spostano verso aree sempre più remote, dove i migranti sono esposti a rischi ancora maggiori.
I principali pericoli
Nel complesso, i 1.300 tra rifugiati migranti che hanno risposto al sondaggio condotto da Mmc hanno identificato la violenza fisica come il rischio più grande che affrontano lungo la rotta, seguita da rapine, detenzione, corruzione ed estorsione, morte, rapimenti e violenza sessuale.
Inoltre, il 66% degli intervistati che si trovavano o erano transitati attraverso la Libia ha riportato il Paese come rischioso. Compaiono, rispettivamente al secondo e terzo posto, l'Etiopia (62%) e l'Algeria (55%), seguiti da altri Paesi della fascia sahariana come riportato nella figura di seguito.
Più precisamente, dato che molti dei luoghi identificati come pericolosi dagli intervistati si trovano nel deserto – come Agadez in Niger, Kidal e Sabha in Libia o Tamanrasset in Algeria – il Sahara è indubbiamente percepito come un luogo molto pericoloso da attraversare.
Le cause che spingono a migrare
Secondo quanto riportato dall’Oim nel World migration report 2024, a livello globale la stragrande maggioranza delle persone continua a vivere nei Paesi d’origine: solo una su 30 è migrante. Sebbene in termini assoluti, nel 2020 risultavano esserci 281 milioni di migranti, in termini relativi questi rappresentano solo il 3,6% della popolazione mondiale.
Ma negli ultimi due anni, oltre alle guerre in Ucraina e a Gaza, milioni di civili sono stati sfollati a causa di altri conflitti, come quello in Siria, nello Yemen, nella Repubblica Centrafricana, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan, in Etiopia e in Myanmar. Nel 2022 e 2023 ci sono stati anche numerosi sfollamenti su larga scala, dovuti a disastri naturali legati al clima e alle condizioni meteorologiche estreme, come quelli avvenuti in Pakistan, nelle Filippine, in Cina, in India, in Bangladesh, in Brasile e in Colombia. Inoltre, nel febbraio 2023, la Turchia sudorientale e la parte settentrionale della Repubblica araba siriana hanno subito potenti terremoti, che hanno provocato oltre 50mila vittime e quasi tre milioni di sfollati.
Le migrazioni come parte della soluzione alle sfide globali
Ricerche e analisi a lungo termine riconoscono inequivocabilmente che la migrazione è un motore di sviluppo umano e può generare significativi benefici per i migranti, le loro famiglie e i Paesi di origine. I salari che queste persone guadagnano all'estero possono infatti essere multipli di quelli che potrebbero guadagnare facendo lavori simili a casa. Le rimesse internazionali sono cresciute da 128 miliardi di dollari stimati nel 2000 a 831 miliardi nel 2022, e ora superano di gran lunga l'aiuto pubblico allo sviluppo per i Paesi del Sud del mondo, e gli investimenti diretti esteri.
La migrazione può anche dar vita a un importante incremento delle competenze, che può essere criticamente importante per i Paesi di destinazione che sperimentano un declino della popolazione. Oltre a migliorare il reddito nazionale e gli standard di vita medi, l'immigrazione può avere un effetto positivo anche sul mercato del lavoro, aumentando sia l'offerta in settori e occupazioni a bassa specializzazione che soffrono di carenza di manodopera, sia la domanda di lavoro, dato che può generare ulteriori opportunità per i lavoratori esistenti. Secondo la maggior parte della letteratura, eventuali impatti negativi (ad esempio, sui salari e sull'occupazione dei cittadini), tendono a essere piuttosto marginali.
La ricerca mostra anche che i migranti sono fonte di dinamismo a livello globale e sono sovrarappresentati in innovazione e brevetti, premi in arte e scienze, start-up e aziende di successo. L'immigrazione di giovani lavoratori può anche aiutare ad alleggerire le pressioni sui sistemi pensionistici dei Paesi ad alto reddito con popolazioni in rapido invecchiamento.
Dal momento che alcune narrazioni politiche e i mezzi di comunicazione tendono a enfatizzare solo gli aspetti negativi della migrazione, il Rapporto Oim ricorda che “normalizzare” la narrazione sul fenomeno è un fattore critico per poterne comprendere e capitalizzare i benefici.
Scarica il Rapporto “In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori”
Scarica il World migration report 2024