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La salute del 92% della popolazione dell’Asia e del Pacifico è in pericolo
Gli alti livelli di inquinamento della regione Asia Pacifico si ripercuotono non solo sulla salute, ma anche sulla produzione alimentare e il cambiamento climatico. Attuando 25 misure si garantirebbe aria pulita a un miliardo di persone. 12/11/2018
Circa 4 miliardi di asiatici rischiano la loro salute più di ogni altro essere umano al mondo. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel 2015 il 35% dei decessi mondiali da inquinamento atmosferico si è verificato nell’Asia orientale e nel Pacifico; il 33% in Asia meridionale. Oltre all’impatto sulla salute e sul benessere degli esseri umani, l'inquinamento atmosferico minaccia anche la produttività agricola e la sicurezza alimentare di tutta la regione, che ospita circa il 60% del totale mondiale di persone denutrite.
Nonostante le leggi e le politiche esistenti abbiano compiuto molti passi in avanti nella riduzione dell'inquinamento atmosferico, sono necessarie ulteriori azioni per portare la qualità dell'aria ai livelli di sicurezza stabiliti dall’Oms.
Il rapporto “Air pollution measures for Asia and the Pacific: science-based solution”, realizzato grazie alla collaborazione tra il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (United Nations Environment Programme – Unep), l’Asia Pacific Clean Air Partnership (Apcap), e la Climate and Clean Air Coalition (Ccac), individua 25 semplici misure politiche e tecnologiche in grado di ridurre del 20% il biossido di carbonio e del 45% le emissioni di metano, con effetti evidenti sul riscaldamento globale. “Ci sono numerose soluzioni collaudate che possiamo mettere in atto per migliorare la qualità dell’aria” dichiara Erik Solheim, Direttore esecutivo dell’Unep. “L'attuazione di queste misure non solo fa bene alla salute e all'ambiente, ma può anche stimolare l'innovazione, la creazione di posti di lavoro e la crescita economica”.
Con un costo stimato fra i 300 e i 600 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, l’attuazione delle 25 misure potrebbe ridurre la mortalità prematura nella regione di un terzo. Un beneficio sostanziale per la salute umana, per la produzione alimentare e la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Il Rapporto suddivide le misure in tre categorie ben distinte:
- controlli sulle emissioni che portano alla formazione di polveri sottili (PM2.5): questa categoria include norme sulle emissioni degli inquinanti a livello industriale e norme e controlli per rafforzare gli standard di emissioni per i veicoli;
- misure sulla qualità dell'aria per ridurre le emissioni che contribuiscono alla formazione di PM2.5 e ancora non sono oggetto di politiche in diverse parti della regione: in questa categoria rientrano le norme sulle emissioni di particolato nel settore delle spedizioni internazionali, la prevenzione degli incendi nelle foreste, la corretta gestione degli effluenti di allevamento, le norme sull’utilizzo di fertilizzanti azotati, il divieto assoluto di combustione all’aperto dei rifiuti;
- misure che contribuiscono allo sviluppo con benefici per la qualità dell'aria: incentivare la fornitura di energia rinnovabile, migliorare il trasporto pubblico e favorire la diffusione dei veicoli elettrici, migliorare l’efficienza energetica degli edifici, degli elettrodomestici e dell’illuminazione, fermare il flaring (ovvero bruciare senza recupero energetico il gas naturale in eccesso estratto insieme al petrolio) e ridurre le perdite di metano, migliorare la gestione dei rifiuti solidi urbani.
Si tratta di soluzioni scientifiche, applicate con successo in tutto il mondo, pronte da adottare con uno sforzo economico minimo, considerando la crescita di queste regioni. Uno sforzo economico che, conclude il Rapporto, potrebbe permettere a un miliardo di persone di raggiungere quei livelli minimi di qualità dell’aria necessari alla sopravvivenza.
di Tommaso Tautonico