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Le donne ai vertici delle Pmi sono più esposte ai rischi da Covid
Un rapporto Ocse-Banca mondiale-Facebook quantifica l'impatto del Covid sulle Piccole e medie imprese. Chiuse soprattutto quelle guidate da imprenditrici, più colpite dalle misure del lockdown e a causa dello sproporzionato dovere di cura della famiglia. 28/7/20
Il Covid-19 ha lasciato segni evidenti nella vita delle imprese in tutte le economie del mondo. Il primo rapporto che attraverso un sondaggio fotografa gli effetti sociali della pandemia sulle piccole e medie imprese in oltre 50 Paesi è stato pubblicato il 14 luglio da Facebook. Il Global state of small business report, redatto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dalla Banca mondiale, sostiene che la pandemia abbia coinvolto soprattutto le imprese con meno di 500 impiegati, divaricando le disuguaglianze e andando a colpire le categorie più esposte.
Nei Paesi che aderiscono all’Ocse, le piccole e medie imprese (Pmi) rappresentano circa il 99% del totale e impiegano il 65% della forza lavoro. Tra gennaio e maggio di quest'anno, più di un quarto di esse ha cessato l’attività, una cifra che in alcuni casi ha superato il 50%; mentre un terzo delle imprese che non ha dovuto chiudere ha ridotto il numero del personale. Tuttavia, non tutti sono stati colpiti allo stesso modo. Le aziende più piccole, in cui spesso il proprietario è anche l’unico dipendente, hanno chiuso a un ritmo maggiore rispetto alle altre. Una situazione che ha colpito soprattutto le donne. Il report spiega infatti che le chiusure hanno riguardate in modo “sproporzionato” le Pmi a guida femminile e che le imprenditrici sono maggiormente esposte al rischio di cessare la propria attività rispetto ai colleghi maschi, con una probabilità più alta del 7 per cento; tra le cause, le disuguaglianze esacerbate dalla crisi.
Sebbene lo sviluppo delle piccole e medie imprese determini generalmente inclusione, i risultati raccolti evidenziano come trasversalmente le donne potrebbero essere state colpite di più degli uomini dalle misure del lockdown. Infatti, ad aver chiuso maggiormente sono state le imprese senza dipendenti, che sono le più diffuse tra le donne, mentre quelle tradizionalmente guidate da donne sono concentrate nei settori maggiormente colpiti dalla pandemia.
La quarantena ha reso più complicata l’attività per le lavoratrici, che spesso hanno sopportato anche il peso delle faccende domestiche. Una percentuale significativa di tutti gli imprenditori intervistati ha riferito di dedicare sei o più ore al giorno a compiti domestici e a doveri di cura. Una situazione che riguarda soprattutto le donne. Infatti in tutti i Paesi che hanno partecipato all’indagine, le imprenditrici hanno maggiori probabilità statistica di doversi prendere cura dei figli o di altre persone a carico, oltre a registrare anche una bassa propensione a ricevere aiuto dal coniuge maschio. In alcuni Paesi con la maggiore disparità - Australia, Belgio, Ungheria, Paesi Bassi, Romania e Russia - la maggiore possibilità di dovere adempiere agli obblighi di cura ha raggiunto anche il 50%. Tra il 20 e il 30% di donne non potrà fare affidamento sul coniuge.
La pandemia da Covid-19 potrebbe aver esacerbato questa situazione, introducendo ulteriori responsabilità, come l'assistenza necessaria allo svolgimento della didattica a distanza. Circa due terzi (il 67%) degli imprenditori all'interno del campione, infatti, ha riferito che le responsabilità domestiche stavano avendo un impatto sul loro lavoro. Faccende domestiche (31%) e cura dei bambini (26%) sono state le azioni che più hanno interferito.
Tuttavia la durezza e quindi gli effetti socio-economici della quarantena non hanno visto ovunque la stessa risposta da parte della politica: alcuni governi, in particolare quelli nei Paesi ad alto reddito, sono stati in grado di offrire assistenza, come il sostegno agli stipendi e sussidi per compensare l'impatto della pandemia, mentre nei Paesi più poveri il lockdown è stato più duro anche in termini economici.
Secondo il Rapporto dell’Ocse e della Banca mondiale, i sistemi di sostegno all'occupazione e agli stipendi nei Paesi a più alto reddito, in particolare nella regione europea, potrebbero aver contribuito ad annullare parte dell'impatto della pandemia sui lavoratori, anche se il tipo di sostegno pubblico accessibile alle Pmi è stato significativamente diverso nei vari Paesi analizzati dal campione. L'impatto della pandemia sull'occupazione sembra essere stato particolarmente grave nei Paesi a basso e medio reddito. Nei Paesi dell'Africa sub-sahariana circa la metà delle imprese ha riferito di aver dovuto ridurre la propria forza lavoro in risposta alla pandemia al momento dell'indagine (28-31 maggio). In media, tra tutte le Pmi aperte nel periodo della rilevazione (esclusa l’Europa), oltre il 30% ha dichiarato di essere stato costretto a ridurre la propria forza lavoro a causa della pandemia.
di William Valentini