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La crisi sanitaria frena i progressi su pace, giustizia e istituzioni solide
Media sotto attacco, più violenze e maggiori esigenze legali per problemi economici. Sono alcuni degli effetti della pandemia sul Goal 16 dell’Agenda 2030, secondo l’SDG16DI Global report, che mostra a che punto è il mondo sul tema. 18/11/20
Progressi nel mondo su “Pace, giustizia e istituzioni solide”, il 16esimo Obiettivo di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, ma la pandemia che ha sconvolto il mondo frena i risultati ottenuti finora e intensifica le sfide poste del Goal. È quanto emerge dal quarto “SDG16DI Global Report”, pubblicato il 12 novembre dalla SDG16 Data initiative - rete di 17 organizzazioni impegnate nel monitoraggio dei progressi sul Goal 16 -, che fa il punto sullo stato di avanzamento nel mondo rispetto all’Obiettivo. Tra le questioni chiave analizzate in questa edizione: i dati disaggregati per sesso relativi alle morti violente, i flussi finanziari illeciti legati al commercio, la corruzione, l’accesso alle informazioni e la mancanza di dati su pace, giustizia e istituzioni responsabili.
Il Rapporto rileva come l'attuale crisi sanitaria abbia complicato ulteriormente il raggiungimento degli obiettivi su pace, giustizia e istituzioni solide: la quarantena ha aumentato i tassi di violenza domestica (Target 16.1); gli effetti economici della pandemia stanno aumentando le esigenze legali relative ad alloggi, insolvenze e spese mediche (Target 16.3); la situazione di emergenza sta creando ritardi nelle elezioni, impedendo un processo decisionale reattivo, inclusivo, partecipativo e rappresentativo (Target 16.7); il desiderio di controllare il flusso di informazioni sfavorevoli sulla pandemia sta portando ad attacchi ai media e agli informatori (Target 16.10).
Relativamente alle morti violente, dai dati dello Small arms survey emerge come nel 2018 abbiano perso la vita quasi 600mila persone per violenza letale; di queste, 93.700 erano donne, il dato più alto mai registrato dal 2005.
Per quel che concerne i flussi finanziari illeciti tra le nazioni, in mancanza di dati ufficiali sono state raccolte informazioni grazie al Global financial integrity (Gfi), un think tank con sede a Washington che ha esaminato 4.860 relazioni commerciali bilaterali in via di sviluppo e 36 Paesi avanzati per valutare la portata delle false fatturazioni. L’analisi ha identificato un gap del valore economico di 8,7mila miliardi di dollari tra le economie in via di sviluppo e quelle avanzate, tra il 2008 e il 2017.
In tema di corruzione, invece, il “Global corruption barometer” di Transparency International ha fornito periodicamente dati rappresentativi dell'esperienza dei cittadini in ambito politico a livello di tangenti ricevute o pagate e della percezione della corruzione, contribuendo a integrare la raccolta dei dati sui Target 16.5 “Ridurre sostanzialmente la corruzione e la concussione in tutte le loro forme” e 16.6 “Sviluppare istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti a tutti i livelli”.
Un sondaggio condotto in America Latina e Caraibi su un campione di 17mila cittadini, ad esempio, dimostra che i livelli di corruzione in questa regione sono relativamente alti. Ai cittadini è stato chiesto se negli ultimi 12 mesi erano entrati in contatto con alcuni servizi pubblici chiave nel loro Paese (polizia, tribunali, assistenza sanitaria, scuole e servizi pubblici) e il 76% ha risposto affermativamente. Di questi, più di una persona su cinque (21%) ha pagato una tangente per ottenere i servizi richiesti. Venezuela, Messico e Perù presentano i tassi di corruzione più elevati, rispettivamente con il 50%, il 34% e il 30%. Di contro, Costa Rica (7%), Barbados (9%) e Brasile (11%) sono i Paesi con i tassi di corruzione più bassi. Dal sondaggio è emerso anche come, nella regione America Latina-Caraibi, solo il 21% degli intervistati abbia fiducia nel governo, il 27% nei tribunali e il 33% nelle forze dell’ordine.
In merito al Target 16.7 “Assicurare un processo decisionale reattivo, inclusivo, partecipativo e rappresentativo a tutti i livelli”, il World values survey (Wvs) ha elaborato in collaborazione con l'Undp un nuovo indicatore, la “percentuale della popolazione che ritiene che il processo decisionale sia inclusivo ed efficiente”. Nella classifica dei 32 Paesi analizzati (vedere l'immagine sotto), Andorra, Argentina e Australia si trovano rispettivamente al 1°, 2° e 3° posto, mentre gli ultimi posti sono occupati da Tajikistan, Vietnam e Zimbabwe.
Il documento dedica ampio spazio al problema della carenza dei dati necessari per il monitoraggio dell’Obiettivo, evidenziando l’importanza di combinare dati ufficiali e non ufficiali. Infatti, dei 24 indicatori previsti per il Goal 16, 17 sono classificati come concettualmente chiari e con una metodologia consolidata a livello internazionale, ma i dati non sono prodotti regolarmente dai Paesi. In quest’ottica, sottolinea il Rapporto, la società civile riveste un ruolo cruciale nel sostenere e integrare il lavoro dei governi nella raccolta, nel monitoraggio e nella rendicontazione dei dati, con alcuni vantaggi: da un lato si può ridurre il carico di lavoro degli uffici nazionali di statistica, dall’altro si può agevolare la sperimentazione di nuove metodologie e la produzione più tempestiva e frequente dei dati.
di Tommaso Tautonico
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