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Rete #educAzioni: ecco come e perché investire sull’educazione dell’infanzia
In Italia calano gli iscritti alle scuole per i bambini 3-5 anni e l’accesso ai nidi è garantito solo al 25% di quelli sotto i tre anni. Fondamentale ampliare l’offerta educativa con il fondo Next Generation Eu. 17/12/20
L’Alleanza per l’Infanzia, in collaborazione con la rete #educAzioni, di cui anche l’ASviS fa parte, ha formulato una proposta di ampliamento, rafforzamento e integrazione dell’offerta educativa per i bambini tra gli zero e i sei anni di età, a cui dedicare una quota significativa del fondo Next Generation Eu.
Il documento diffuso l’11 dicembre dall’Alleanza, dal titolo “Investire nell’infanzia: prendersi cura del futuro a partire dal presente”, spiega che la situazione italiana dell’offerta formativa rivolta ai bambini tra gli zero e i tre anni è carente, dal momento che il livello di copertura tra asili nido privati, pubblici e convenzionati è sufficiente soltanto per il 25% dei bambini contro la soglia minima del 33% stabilita dall’Unione europea, rimarcando forti squilibri territoriali (Nord/Sud, ma anche grandi/piccoli comuni) e persistenti disuguaglianze sociali di accesso.
Nel Sud Italia, infatti, si riscontrano livelli più alti di povertà minorile e di esclusione scolastica rispetto al Nord, il tempo pieno non è assicurato come nel resto del Paese ed è molto diffuso il fenomeno dei bambini “anticipatari” che frequentano la scuola dell’infanzia prima di aver compiuto tre anni, a causa dell’elevato costo dei nidi privati. Inoltre, un bambino senza la cittadinanza italiana su cinque non frequenta la scuola a fronte di quasi il 95% dei bambini che ce l’hanno, rilevando una forte spaccatura nel funzionamento dell’intero sistema di istruzione italiano.
Per quanto riguarda le scuole dell’infanzia rivolte ai bambini tra i tre e i cinque anni, nel settore pubblico sono state chiuse 635 scuole tra il 2010 e il 2019, di cui 316 soltanto nell’ultimo quinquennio, e il numero degli iscritti totali nel 2019 si è ridotto in modo significativo, passando dal 96% del 2010 all’89%.
“Investire in educazione nella fascia di età 0-6 anni, a partire dai nidi - spiega il documento - è una leva importante per trasformare il futuro della società italiana”, poiché ha tre ricadute positive, determinando:
- l’aumento dell’integrazione, del benessere e delle competenze dei bambini con effetti di lungo periodo;
- il benessere della famiglia, favorendo la scelta di fecondità per chi lavora e la partecipazione dei genitori al mondo del lavoro (soprattutto femminile) con conseguente riduzione del gender gap (in termini di equilibrio dei ruoli nella coppia) e con ricadute positive sul contenimento della povertà infantile (materiale ed educativa);
- la coesione sociale, l’aumento dei livelli di benessere economico per le famiglie e lo sviluppo economico della comunità, grazie all’aumento dei posti di lavoro nel settore dell’educazione dell’infanzia.
La proposta elaborata dalla rete #educAzioni per raggiungere i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) anche nel campo dell’educazione per l’infanzia e per garantire a tutti i bambini gli stessi diritti all’istruzione in termini di universalità e gratuità, prevede un piano triennale in cui l’investimento consenta:
- una copertura pubblica di almeno il 33% dei bambini sotto i tre anni in ciascuna regione, assicurando la gratuità di accesso;
- una copertura della scuola dell’infanzia del 95% in tutte le regioni per i bambini tra i tre e i cinque anni, assicurando il tempo pieno e la parziale gratuità del servizio di mensa scolastica, come suggerito dall’Autorità Garante per l’Infanzia, favorendo così anche l’integrazione dei bambini di cittadinanza non italiana;
- il mantenimento e l’innalzamento delle professionalità richieste a chi lavora in questo campo garantendo condizioni di lavoro adeguate a livello contrattuale e salariale;
- l’attuazione dei Poli per l’infanzia, previsti dal Dlg. 65/2017 come ambito di coordinamento di tutti i servizi educativi per la fascia 0-6 anni, collocando al loro interno anche i Centri per bambini e famiglie.
Il documento stima che un tale investimento, realizzato in tre anni grazie ai fondi del Next Generation Eu che sostengono anche le spese infrastrutturali, porterebbe all’assunzione di 42.600 lavoratori a tempo pieno nei nidi, con un rapporto di uno a sette educatori per bambino, e 60.000 con un rapporto di uno a cinque, preferibile in termini di qualità dell’interazione; mentre con l’ampliamento del tempo pieno in tutte le regioni italiane, si prevede un incremento di 4.751 insegnanti.
“La qualità dell’educazione per l’infanzia ha un forte significato preventivo” - conclude il documento - perché consente al sistema neuro-psicologico dei bambini, nel loro cosiddetto “periodo sensibile”, di “strutturarsi meglio, in termini cognitivi, socio-emotivi e relazionali, sviluppando la capacità della resilienza”, con effetti di lungo periodo.
di Viola Brancatella