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Gestione sostenibile della pesca: passi avanti, ma obiettivo ancora lontano
Secondo un rapporto dell’Ocse, il 23% degli stock ittici non ha uno status biologico favorevole e molti Paesi non dispongono delle risorse per controllare le quantità di pescato. Progressi nella lotta alla pesca illegale. 29/12/20
Ridurre la pesca eccessiva, migliorare la gestione sostenibile degli stock ittici e riformare il settore a livello di controllo, gestione e sorveglianza. Senza queste tre componenti non riusciremo a raggiungere gli obiettivi fissati dal Goal 14 dell’Agenda 2030 (Vita sott’acqua), che punta a “conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”. È quanto emerge dal Rapporto “Oecd review of fisheries 2020”, la raccolta più completa di dati a livello nazionale sul sostegno dei governi alla pesca, pubblicato il 10 dicembre dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
La revisione 2020 sottolinea che almeno un quarto degli stock ittici mondiali è sovrasfruttato e un terzo dell'attività di pesca non è adeguatamente gestita. “I governi dovrebbero smettere di sovvenzionare gli input della pesca, indirizzando il sostegno a misure più idonee per aiutare i pescatori a gestire le loro attività in modo più efficace e sostenibile”, ha dichiarato Angel Gurría, segretario generale dell'Ocse.
Secondo il Rapporto, nel periodo 2016-18, i 39 Paesi che hanno trasmesso i dati sul sostegno governativo al settore della pesca hanno investito circa 9,4 miliardi di dollari all’anno, un trasferimento lordo pari a circa il 10% del valore medio del pescato. Una cifra in diminuzione rispetto al quadriennio precedente. Il supporto al carburante è stato, invece, la principale politica di sostegno diretto più ampia, rappresentando il 25% del sostegno totale al settore. Una misura che, secondo lo studio, distorce l'ambiente economico in cui operano i pescatori, creando i presupposti per una pesca eccessiva, illegale, non dichiarata e non regolamentata.
Misure più adatte come ad esempio polizze assicurative speciali o sostegni economici diretti, più efficaci nell’aumentare i redditi dei pescatori e con meno probabilità di generare una pesca eccessiva, trovano ancora poco spazio (circa un miliardo di dollari all’anno). Uno dei target del Goal 14 mira a “ripristinare tutti gli stock ittici almeno a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile determinato dalle loro caratteristiche biologiche entro la fine del 2020”, ma, continua il report, i Paesi non riusciranno a raggiungerlo. Dei 1.119 stock per i quali sono state riportate le informazioni necessarie dai Paesi che hanno partecipato alla revisione, solo il 66% ha uno status biologico favorevole, il 23% sfavorevole, mentre del restante 12% non si hanno notizie. Per favorire la diffusione di stock ittici sostenibili è necessario introdurre misure di gestione efficaci.
Tra il 2012 e il 2018 in molti Paesi la spesa per la gestione, il controllo e la sorveglianza della pesca è diminuita notevolmente rispetto alle dimensioni della flotta. Allo stesso tempo, evidenzia il Rapporto, la spesa infrastrutturale è aumentata solo in alcuni Paesi, accentuando il rischio di pesca incontrollata dove gli investimenti non sono stati sufficienti.
Per la revisione 2020 del documento sono state raccolte informazioni su 166 misure di gestione della pesca:
- circa due terzi di queste controllano direttamente le quantità pescate, sbarcate, le restrizioni sugli attrezzi da pesca, le aree e la capacità di raccolta;
- quasi un terzo dei Paesi ha utilizzato il totale ammissibile di cattura (Tac) in tutte le misure di gestione raccolte;
- poco più della metà dei Paesi (57%) ha utilizzato quote assegnate a individui o comunità.
La pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata (Inn) continua a minacciare la sostenibilità degli stock. Tuttavia negli ultimi quindici anni, grazie all’attuazione dell’Accordo sulle misure dello Stato di approdo, il primo trattato vincolante che ha introdotto controlli efficaci nei porti, sono stati compiuti progressi significativi nella lotta alla pesca illegale. Secondo il Rapporto, ci sono però tre aspetti su cui occorre intervenire: trasparenza sulla registrazione delle navi e sulle autorizzazioni; maggiore rigore sulle regole del trasbordo (trasferimento del pescato ad una imbarcazione più grande); misure di mercato mirate ad aumentare la tracciabilità così da impedire l'accesso agli operatori illegali.
Il Rapporto si conclude con una serie di raccomandazioni ai governi per affrontare gli obiettivi socioeconomici a breve termine e garantire la redditività del settore a lungo termine:
- Abbandonare le politiche che supportano gli input verso quelle che aiutano i pescatori a gestire le loro attività in modo più efficace e ad aumentare i loro profitti, ad esempio attraverso l'istruzione e la formazione.
- Nello stanziare finanziamenti pubblici, occorre garantire una capacità di gestione, controllo e sorveglianza sufficienti per gestire efficacemente la pesca, anche in alto mare, sradicando il fenomeno della pesca illegale.
- Gestire meglio gli stock con uno status biologico sfavorevole, quelli per i quali non esiste un controllo diretto sulle quantità pescate o degli sbarchi, né limiti di cattura totali.
- Per combattere la pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata, i singoli Paesi dovrebbero affrontare le attuali lacune normative e politiche.
- Infine, ogni Paese dovrà utilizzare il più possibile processi di governance trasparenti, continuare a condividere le informazioni dettagliate sullo stato degli stock, sulle misure utilizzate per la gestione, e dovrà impegnarsi ad introdurre meccanismi di revisione periodica delle politiche.
di Tommaso Tautonico