Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
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The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Rubrica: Europa e Agenda 2030

Stato delle regioni e della città nell’Unione europea

Settimana 7-13/10. Parlamento: confronto con la presidenza del Consiglio affidata ad Orban. Comitato delle regioni: raccomandazioni per Green deal e transizione industriale con forti ed ambiziose politiche di coesione.

Consulta la rassegna dal 7 al 13 ottobre

Le attività istituzionali europei della scorsa settimana sono state caratterizzate dalle sessioni plenarie del Parlamento europeo e del Comitato delle regioni.

In particolare il Comitato delle regioni ha presentato il suo annuale rapporto “Stato delle regioni e della città nell’Unione europea” in occasione della settimana europea delle regioni e delle città, mentre il Parlamento ha discusso di temi chiave, quali i risultati del vertice sul futuro e del relativo Patto sul futuro sottoscritto dalla maggioranza dei leader mondiali,  mentre il 9 ottobre ha avuto luogo un acceso confronto con il presidente ungherese Viktor Orban, intervenuto al Parlamento per presentare il programma del semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue allo stesso affidato.

La discussione tra Orban e i parlamentari europei, più che un confronto nel merito del suo programma, è stato di fatto un confronto sulle contestazioni pronunciate da parte di diversi esponenti della maggioranza parlamentare e della sinistra, in merito alle politiche del leader ungherese all’interno del suo Paese in particolare per mancanze nel rispetto dello Stato di diritto e in relazione ai rapporti internazionali intrattenuti dalla stesso anche nei confronti della Russia di Putin. Nel dibattito è intervenuta anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen con un suo puntuale discorso in cui ha esplicitato la propria disapprovazione di alcune scelte assunte dalla presidenza Orban, disallineate rispetto alle decisioni assunte dal Consiglio europeo nel suo insieme, in particolare sugli aspetti di sicurezza e integrità dei confini europei, in relazione a rapporti intrattenuti da Orban con la Russia e la Cina.

Stato delle regioni e della città 2024

La pubblicazione del rapporto annuale 2024 del Comitato delle regioni (Cdr) interviene in un momento di svolta rappresentato dall’avvio del nuovo ciclo politico del neo-eletto Parlamento e dal nuovo mandato 2024-2029 alla presidenza della Commissione affidata a von der Leyen. Riflettendo sulle sfide in atto e nelle prospettive future per l’Unione europea, il rapporto offre dunque raccomandazioni specifiche per il prossimo quinquennio, nel quadro del dibatto europeo aperto dagli orientamenti politici 2024-2029 di von der Leyen, i rapporti di Enrico Letta sul Mercato unico e di Mario Draghi sul futuro della competitività europea.

Il presidente del Cdr Vasco Alves Cordeiro ha illustrato i risultati del rapporto specificando il suo ruolo di rappresentanza a nome di oltre un milione di rappresentanti eletti a livello locale e regionale, ribadendo il ruolo cruciale delle regioni e delle città nell’attuare sul campo le politiche europee e la necessità di un maggior coinvolgimento delle stesse realtà locali nel disegno delle politiche: i leader europei qui a Bruxelles non possono chiedere continuamente all’Europa di essere più vicina ai suoi cittadini se continuano ad avvicinarsi ad essi dall’alto. Dobbiamo iniziare nelle nostre comunità locali e nelle nostre regioni nel contesto di un partenariato leale, franco e impegnato.

E ha pronunciato questo inciso: se vogliamo avere successo, dobbiamo capire che lo stato della nostra Unione inizia dallo stato delle nostre comunità regionali e locali.

In proposito, ha espresso il suo compiacimento per il fatto che la presidente von der Leyen abbia chiesto nelle lettere d’incarico dei nuovi Commissari d’impegnarsi maggiormente con i rappresentanti locali e regionali.

Il primo capitolo del rapporto è dedicato, per l’appunto, all’argomento “Più vicini alle persone. Rafforzare la democrazia in Europa”. Il Cdr evidenzia come i cittadini esprimono più fiducia al livello istituzionale locale rispetto al livello europeo e nazionale. Secondo i sondaggi Eurobarometro, questa fiducia, negli ultimi dieci anni, è stata in progressiva crescita dal 42,65% del 2014 al 60% del 2024.

Richiamando il rapporto Espas 2024, ove si evidenzia che le minacce alla democrazia sono tra le principali tendenze globali che influenzeranno l’Ue nel medio e lungo termine,  il Cdr fa propria l’indicazione sulla via da seguire, che sia basata sul rafforzamento delle infrastrutture democratiche e sulla promozione dell’impegno civico.

Specificamente il Cdr, in quanto assemblea politica dei rappresentanti locali e regionali, chiede che gli sia conferito un più forte ruolo nell’architettura istituzionale dell’Ue e nel processo legislativo, in particolare per le politiche con una dimensione territoriale, oltre a considerare in ogni futura riforma dell’Ue gli aspetti relativi alla governance multilivello e al ruolo sussidiario attivo svolto dagli enti regionali e locali.

Il secondo capitolo “Più forte, sostenibile, competitiva e resiliente” tratta specificamente il tema delle politiche del Green deal, della transizione industriale, digitale e delle politiche sociali.

Il Cdr evidenzia come le regioni e gli enti locali siano responsabili dell’implementazione del 70% delle politiche di mitigazione e del 90% delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, affrontando le diseguaglianze sociali e di genere, riducendo l’inquinamento, preservando la biodiversità, salvaguardando le risorse naturali, svolgendo un ruolo chiave anche per l’economia circolare attraverso la gestione dei servizi di raccolta rifiuti.

Il Cdr riporta il dato che l’inazione rispetto ai cambiamenti climatici avrà un costo del 10-12% del Pil dell’Ue entro fine secolo, mentre le azioni per accelerare la transizione verde possono incrementare il Pil europeo di 440 miliardi ogni anno, generando altri benefici sostanziali per l’economia, le persone, l’ambiente.

Considerato che l’Europa è il continente con il riscaldamento più rapido al mondo, il Cdr evidenzia che le azioni di adattamento nelle città e nelle regioni dovranno assumere una maggiore centralità nelle strategie di attuazione a livello europeo e nazionale.

Inoltre le azioni di regioni e città di riduzione delle emissioni di gas serra e l’incremento della produzione di energia rinnovabile saranno cruciali non solo per l’ambiente ma anche per la stabilità economica, l’indipendenza del mercato e sicurezza energetica all’interno dell’Ue e a livello locale.

Così anche nella pianificazione territoriale, in cui regioni e città sono chiamate a svolgere un ruolo cruciale per il ripristino e la tutela della biodiversità. Il Cdr riconosce il ruolo fondamentale della legge sul ripristino della natura per invertire la perdita di biodiversità in Ue.

Il Cdr chiede un quadro per il Green deal che sia stabile e ambizioso in linea con quanto indicato dalla scienza per il conseguimento della neutralità climatica al 2050. L’implementazione dovrà considerare un quadro di governance multilivello, e le specificità locali nella definizione delle politiche. Dovrà essere chiuso nel prossimo quadro finanziario pluriennale il gap della disponibilità economica per dare corso agli investimenti necessari.

Sviluppando l’argomento della transizione industriale, il documento si richiama alle valutazioni dei rapporti Letta e Draghi, evidenziando specificamente che le ambizioni del Green Deal europeo e in particolare gli sforzi volti a garantire fonti energetiche più economiche e sostenibili stanno diventando un elemento chiave per preservare la competitività economica dell'Ue, rendendo il Green Deal europeo non solo un imperativo ambientale ma anche economico.

Il Cdr chiede una trasformazione industriale con le regioni e le città al centro, come poli per l’innovazione, con il coinvolgimento della comunità locali nello sviluppo di piani di riqualificazione. Chiede che la transizione sia sviluppata attraverso le catene di approvvigionamento e del valore, con adeguati sostegni finanziari, con il rafforzamento dell’interconnessione di ecosistemi regionali collaborativi nella risposta alle sfide della transizione industriale, anche in relazione agli aspetti della transizione digitale e dell’intelligenza artificiale. Specificamente sulla dimensione locale, chiede lo sviluppo di strumenti per la produzione e lo stoccaggio dell’energia e di rimuovere le barriere per il mainstreaming delle comunità energetiche.

Sugli aspetti sociali, mette in evidenza la criticità del fatto che nella media Ue il livello di spesa nei servizi generali si è ridotto dal 9,5% del Pil nel 1995 al 6% nel 2022, mentre il dato consolidato europeo riporta che circa 100 milioni di europei sono a rischio povertà e che le diseguaglianze economiche sono una sfida persistente, con un Pil pro-capite nelle regioni più ricche fino a tre volte più alto che nelle regioni più povere all’interno degli stessi Paesi.

Richiamando ancora le indicazioni del rapporto Letta, il Cdr evidenzia la necessità d’introdurre più forti sistemi di protezione sociale, considerando che ogni sviluppo del mercato unico deve includere una dimensione sociale per l’equità e la coesione. Chiede specificamente che l’accessibilità ai servizi pubblici sia garantita universalmente in ogni luogo, accoglie con particolare favore l’iniziativa prevista negli orientamenti politici di von der Leyen di un piano per l’accessibilità economica di alloggi dignitosi.

Un punto d’attenzione specifico è sviluppato nel rapporto, in relazione alla capacità di risposta ai rischi per la salute rappresentati dagli effetti dei cambiamenti climatici. Il Cdr chiede di mettere in priorità la capacità adattativa di rispondere ai rischi attraverso la preparazione, la sensibilizzazione, la mobilitazione dei cittadini nello svolgere un ruolo attivo e collaborativo con la protezione civile.

In particolare, riportando il dato che il 70% della popolazione sperimenta situazioni di stress idrico stagionale, chiede il riconoscimento che il rafforzamento della sicurezza idrica si traduce in capacità competitiva e la preparazione e la prevenzione sono un investimento con un eccellente rapporto tra costi e ritorni economici.

Il capitolo 3 è dedicato al tema centrale e trasversale delle politiche di coesione “Nessun luogo e nessuna persona indietro”. Il Cdr unisce le politiche di coesione con le misure di transizione giusta e richiama l’attenzione sulle dinamiche demografiche.

Nelle prossime politiche di coesione chiede il rafforzamento dell’approccio basato sul luogo nella definizione delle politiche, e  in generale l’applicazione per tutte le politiche della verifica del rispetto del principio “non nuocere alla coesione” esteso anche alla dimensione delle politiche nazionali, affinché le stesse contribuiscano a ridurre le diseguaglianze economiche, sociali e territoriali.

Il Cdr sostiene che politiche migratorie ben gestite possono offrire parte della soluzione alla crisi demografica e alla domanda occupazionale non soddisfatta. A tal fine ritiene necessario adottare strategie d’integrazione su misura coinvolgendo tutti i livelli di governo. Ciò comporta un cambio di visione rispetto al fenomeno della migrazione, prevenendo la politicizzazione delle percezioni sociali negative.

Il Cdr valuta che le regioni e le città sarebbero le prime a beneficiare di un cambio di prospettiva verso più coerenti politiche migratorie. Riporta come buona pratica l’iniziativa “Città e regioni per l’integrazione dei migranti” a cui hanno aderito 180 realtà in Ue.

Il Cdr considera il tema dello spopolamento delle campagne evidenziando il dato drammatico secondo cui ogni giorno scompaiono 800 aziende agricole in Europa. Tra il 2010 e il 2020 un’impresa su quattro ha cessato le proprie attività, manca sostanzialmente un ricambio generazionale, le attività agricole mediamente rendono economicamente la metà degli altri settori produttivi, mentre resta vitale per l’Ue mantenere prospero il settore agricolo.

Il Cdr chiede impegno nel garantire che servizi pubblici e infrastrutture siano garantite a supporto delle aree rurali, promuovendo attività di business innovativi e lavoro dignitoso. Nel contesto il lavoro di pianificazione e coordinamento delle regioni deve essere rafforzato. Il Cdr ritiene necessario che la visione a lungo termine al 2040 per le aree rurali sia trasformata in un’Agenda per le aree rurali, con specifici target e indicatori, con un budget dedicato introducendo un approccio multi-fondo, con uno stanziamento minimo di fondi europei per progetti agricoli e non agricoli nelle zone rurali.

Il quarto capitolo è dedicato alle “Ambizioni - investire nel nostro futuro”. Gli argomenti trattati riguardano la prospettiva dell’allargamento dell’Ue, processo nel quale il Cdr chiede di essere coinvolto poiché gli effetti avranno impatti anche su città e le regioni. Il Cdr approva l’allargamento dell’Ue da 27 fino anche a 37 Stati membri, ma in particolare ravvisa la necessità di assicurare un budget adeguato a tutte le regioni, di mantenere alti gli standard di democrazia, preparare le regioni e le città dei Paesi dell’allargamento a gestire i fondi per la coesione e le riforme necessarie, evidenziando che il 70% delle norme europee sono gestite dalle autorità locali e regionali. Nel contesto il Cdr puntualizza sulla necessità d’insistere su di un approccio basato sul merito nel valutare i Paesi candidati e sul valutare il bisogno di riforme della stessa Ue.

In merito al budget europeo, il Cdr evidenzia che dal 2004 al  2022 le regioni e le città hanno gestito tra il 54-58% degli investimenti pubblici dell’Ue.

Al fine di rispondere alle sfide delineate nei precedenti punti, il Cdr chiede l’impegno da parte dell’Ue nel trovare fonti di finanziamento alternative che riducano la dipendenza dai budget nazionali, d’incrementare le risorse destinate alle politiche di coesione per assicurare che nessun luogo venga lasciato indietro perseguendo il benessere di tutte le persone, promuovendo una cultura di mutua fiducia e collaborazione tra i diversi livelli di governo per coordinare gli investimenti in maniera trasversale tra le politiche, a tutti i livelli.

di Luigi Di Marco

 

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mercoledì 16 ottobre 2024

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