Cop 28: una finestra quotidiana sul grande incontro sul clima
2 dicembre, il giorno di Giorgia Meloni
A Dubai la premier italiana ha annunciato 100 milioni di euro per il fondo Loss and damage, come la Germania e più della Francia. Condiviso il messaggio di Papa Francesco. Nuovi interventi dei leader, tra cui gli Stati Uniti. 3/12/23
Per la prima volta ad una Cop, l'Unfccc ha pubblicato l'elenco completo dei partecipanti in un foglio di calcolo, rendendoli molto più facili da analizzare. 84.101 persone sono registrate per partecipare, 3.074 delle quali partecipano virtualmente. Le cifre sono provvisorie ma è quasi certo che questa sarà la più grande Cop di sempre in termini di numero di partecipanti. Per fare un confronto, la Cop 27 l’anno scorso a Sharm ha ospitato poco meno di 50mila delegati, mentre la Cop 1 a Berlino nel 1995 ne ha ospitati appena 3.969.
Ombre della guerra a Gaza sulla Cop 28
Diversi leader hanno utilizzato i loro discorsi per attirare l'attenzione sul conflitto, e dietro le quinte i funzionari stanno incontrando le loro controparti su Gaza. Il presidente israeliano Herzog ha trascorso gran parte della mattinata in riunioni raccontando ai colleghi leader come Hamas viola palesemente gli accordi di cessate il fuoco. Alla fine ha rinunciato al suo intervento in Assemblea generale. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman era assente, nonostante fosse indicato come uno dei primi oratori. E anche Mahmoud Abbas, il leader dell’Autorità Palestinese, è scomparso dalla lista degli oratori finali dopo che inizialmente era stato programmato che parlasse poco dopo Herzog. La delegazione iraniana ha annunciato che se ne sarebbe andata, secondo il ministro dell’Energia a causa della presenza politica, parziale e irrilevante del falso regime sionista.
L’appello sul nucleare
Ventidue Paesi hanno lanciato un appello per triplicare l’energia nucleare entro il 2050, lo stesso che si chiede per le rinnovabili, per raggiungere gli obiettivi delle zero emissioni nette. Le premesse scientifiche di tale opzione non sono state chiarite, anche se Kerry ha detto che la scienza e la realtà dei fatti e delle prove ci dicono che non è possibile arrivare allo zero netto nel 2050 senza il nucleare. Queste sono solo realtà scientifiche. Nessuna politica e nessuna ideologia sono coinvolte in questa iniziativa. Dalla platea un inviato giapponese ha detto: “Non c’è spazio per una pericolosa energia nucleare per accelerare la decarbonizzazione necessaria per raggiungere l’obiettivo climatico di Parigi… non è altro che una pericolosa distrazione. Il tentativo di un rinascimento nucleare spinto delle industrie nucleari a partire dagli anni 2000 non ha mai avuto successo: è semplicemente troppo costoso, troppo rischioso, troppo antidemocratico e richiede troppo tempo. Abbiamo già soluzioni più economiche, più sicure, democratiche e più rapide alla crisi climatica, e queste sono le energie rinnovabili e l’efficienza energetica”. I firmatari della dichiarazione sono stati: Bulgaria, Canada, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Finlandia, Francia, Ghana, Giappone, Moldavia, Mongolia, Marocco, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ucraina, Ungheria, Regno Unito e Stati Uniti. Non c’è la firma dell’Italia.
L’intervento della premier italiana
È il giorno di Giorgia Meloni, che il 1° dicembre, nel corso di un convegno sull’alimentazione, aveva promesso un generoso contributo di 100 milioni di euro per il fondo loss and damage esplicitando l’intenzione che questi fondi, come i tre milioni promessi al Green climate fund, siano impegnati al 70% per l’Africa, nella linea del suo Piano Mattei. Al contempo ha trovato il modo di promuovere a tutto campo il food made in Italy, la dieta mediterranea e di rivendicare il fresco divieto di commercializzazione in Italia della carne “coltivata”, come la chiama lei. Sempre nella giornata del 1°dicembre, Giorgia Meloni è intervenuta anche nel panel di alto livello del Global Stocktake sull’adattamento, dove ha detto che lavorerà con determinazione per raddoppiare la finanza per l’adattamento entro il 2025 come da impegno preso alla Cop 26 di Glasgow. Ha rilanciato la necessità di una riforma delle Banche multilaterali di sviluppo che proporrà anche al G7.
Nel suo intervento all’Assemblea generale, come riportato da la Repubblica, ha detto: “La mia idea è che se vogliamo essere efficaci, se vogliamo una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale”, ciò che dobbiamo perseguire è una transizione ecologica, e non ideologica. “L'Italia sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione in modo pragmatico” con un “approccio tecnologicamente neutro, libero da inutili radicalismi sull’ambiente”, ha proseguito. L'Italia, ha specificato, è anche impegnata a garantire, attraverso il programma Ue Fit for 55, un approccio multisettoriale che rafforzi i mercati del lavoro e mitighi l'impatto sui nostri cittadini. E questo è un punto essenziale, perché se pensiamo che la transizione verde possa comportare costi insostenibili, soprattutto per i più vulnerabili, la condanniamo al fallimento.
Meloni ha definito il vertice in corso un momento chiave negli sforzi per contenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5 °C. Siamo arrivati al primo Global stocktake e ci sono ragioni per essere ottimisti. Ma l'obiettivo rimane ancora lontano. La Cop 28 deve essere un punto di svolta. Siamo chiamati a dare una direzione chiara e ad attuare azioni ragionevoli ma concrete, come triplicare la capacità mondiale di generazione di energia rinnovabile entro il 2030 e raddoppiare il tasso globale di miglioramento annuale dell'efficienza energetica. Con questo intervento e con gli impegni finanziari Giorgia Meloni ha schierato il Paese nella fascia del rispetto leale degli obiettivi di Parigi, dell’Europa e della Cop 28. Il suo intervento sembra però posizionare l’Italia tra i prudenti, gli scettici o i pragmatici (lasciamo ai lettori l’ascolto dell’intervento del 2 dicembre), ma non più tra i Paesi ad alta ambizione, gruppo al quale avevamo aderito a Glasgow.
Il discorso di Papa Francesco
Papa Francesco sta male e ha dovuto farsi sostituire a Dubai dal cardinale Parolin che ha letto in Assemblea il suo intervento: “Sono con voi perché ora più che mai il futuro di tutti noi dipende dal presente che scegliamo. Sono con voi perché la distruzione dell’ambiente è un’offesa a Dio, un peccato non solo personale ma anche strutturale, che mette in grande pericolo tutti gli esseri umani, soprattutto quelli più vulnerabili tra noi, e rischia di scatenare un conflitto tra generazioni. Sono con voi perché il cambiamento climatico è una questione sociale globale e intimamente legata alla dignità della vita umana. Sono con voi per sollevare la domanda a cui dobbiamo rispondere ora: stiamo lavorando per una cultura della vita o per una cultura della morte? A tutti voi rivolgo questo accorato appello: scegliamo la vita. Scegliamo il futuro. Siamo attenti al grido della terra, ascoltiamo la supplica dei poveri, siamo sensibili alle speranze dei giovani e ai sogni dei bambini. Abbiamo una grave responsabilità: garantire che non venga loro negato il futuro”.
Nuovi interventi dei leader
Il primo ministro greco Mitsotakis ha detto che le prove della crisi climatica non sono mai state così chiare, e che i benefici della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio non sono mai stati così evidenti. Ha parlato degli incendi e delle inondazioni che hanno devastato la Grecia negli ultimi anni e affermato che il Paese ha tagliato l’uso del carbone dell’80%, facendo crescere l’economia più velocemente di altri Paesi dell’eurozona. Secondo lui la decarbonizzazione del trasporto marittimo – di cui la Grecia è una potenza mondiale – deve essere realizzata in condizioni di parità.
La Colombia, per dichiarazione del suo presidente, ha aderito al trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. È il decimo Paese ad unirsi al gruppo (notizie dell’Italia?), ma solo il secondo membro produttore di combustibili fossili, dopo Timor Leste, che si è unito all’inizio di quest’anno. La Colombia ha importanti riserve di carbone, gas e petrolio. Ha detto che sebbene sia l’uso di combustibili fossili a causare emissioni, non vi è alcuna menzione diretta dei combustibili fossili nell’accordo di Parigi o negli accordi successivi. Ciò che è spaventoso è che i governi pianifichino di aumentare lo sfruttamento dei combustibili fossili. Abbiamo bisogno di un piano per eliminare gradualmente i combustibili fossili.
Anche la Repubblica Ceca e il Kosovo, entrambi fortemente dipendenti dal carbone, hanno aderito oggi alla Powering past coal alliance (Ppca) per il phase-out del carbone. L’alleanza conta ora più di 50 nazioni come membri, inclusi gli Stati Uniti e l’Italia che non ha niente da perdere, e 35 dei 43 Paesi dell’Ocse, un club di Paesi ricchi. Gli Stati Uniti hanno aderito il 2 dicembre alla Ppca impegnandosi a chiudere tutte le loro centrali elettriche a carbone, in una mossa salutata alla Cop 28 come una notizia enorme che mette pressione sul più grande consumatore di carbone del mondo, la Cina. La scadenza fissata dagli Stati Uniti per l’abolizione del carbone sembra essere il 2035, cinque anni dopo la data del 2030 considerata compatibile con il mantenimento del riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C. La Cina ha oltre la metà del carbone mondiale e quasi il 75% dei nuovi progetti di carbone a livello mondiale. Manca anche il Giappone che ha oltre 170 centrali a carbone e non esiste alcun piano o tabella di marcia per eliminarle gradualmente.
Il 2 dicembre è stata annunciata anche una nuova iniziativa diplomatica, guidata dalla Francia e denominata Coal Transition Accelerator. Si concentrerà sulla fine dei finanziamenti privati per il carbone, sul sostegno alle comunità che in precedenza facevano affidamento su quel combustibile e sull’accelerazione dello sviluppo dell’energia pulita in quelle regioni. La maggior parte dei progetti relativi al carbone sono nel Sud del mondo e nessuno di essi ha alcun senso dal punto di vista economico. Sono anche una pessima idea per lo sviluppo e per il clima. Quindi porre fine ai finanziamenti privati per questi soggetti è estremamente importante.
Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti che partecipa al posto di Joe Biden, ha dichiarato alla conferenza che il Paese sta investendo molto nell'adattamento, con un'attenzione particolare alle comunità emarginate. Harris ha annunciato un significativo impegno di tre miliardi di dollari a favore del Green climate fund, ma non ha detto che questo stanziamento sarà soggetto all’approvazione del Congresso, che è diviso. Ha sottolineato che la nostra azione, o peggio, la nostra inazione oggi avrà un impatto sulla vita di miliardi di persone per i decenni a venire. I progressi futuri non avverranno senza contrasti. In tutto il mondo c’è chi cerca di rallentare o fermare il nostro progresso. Leader che negano la scienza del clima, ritardano l’azione sul clima e diffondono disinformazione. Grandi aziende che ripuliscono la loro inazione climatica e fanno pressioni per ottenere miliardi di dollari in sussidi ai combustibili fossili. È chiaro: dobbiamo fare di più. Va detto che gli Stati Uniti, che sono il Paese più ricco del mondo e il più grande inquinatore, sono stati finora ampiamente criticati per la relativa modestia delle loro offerte di finanziamenti per il clima.
Il primo ministro delle Fiji ha tenuto un discorso intenso parlando del gran numero di disastri naturali che hanno colpito l'isola-nazione negli ultimi anni. È chiaro che siamo a un punto di rottura non solo per il Pacifico, ma per l’umanità… abbiamo bisogno di una transizione giusta che garantisca il picco delle emissioni globali prima del 2025. Ha concluso con un appello: “Per favore, cooperate per la nostra sopravvivenza, per la nostra identità”.
Il Turkmenistan ha aderito al Global Methane Pledge, un passo importante per il quarto maggiore emettitore di metano al mondo. L’impegno richiede una riduzione delle perdite del 30% entro il 2030. Il potente gas serra è responsabile di un terzo del riscaldamento globale che oggi determina la crisi climatica. Le fughe di metano del Paese sono considerate tra le più facili da risolvere riparando le infrastrutture del gas obsolete.
Il primo ministro di Tuvalu ha fatto presente che ogni anno ci troviamo a dibattere sugli stessi temi e a combattere le stesse battaglie. Questa Cop deve produrre una decisione sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili contro ciò che molti pensano che sia un compito impossibile: o è troppo ambizioso o è troppo tardi. Non abbiamo più tempo di stare a guardare mentre le nostre isole affondano, mentre le nostre foreste bruciano e mentre la nostra gente soffre. Al momento, l’eliminazione dei combustibili fossili è in gran parte non gestita.
Nella stessa occasione Ghebreyesus, direttore generale dell'Oms, ha paragonato i combustibili fossili al tabacco. Per affrontare il cambiamento climatico è necessario affrontare il ruolo dei combustibili fossili, così come non possiamo affrontare il cancro ai polmoni senza affrontare l’impatto del tabacco. Inoltre, ha dato il suo sostegno a un trattato di non proliferazione dei combustibili fossili.
Mentre Sunak è tornato a casa col suo jet dopo aver trascorso solo otto ore a Dubai, il suo segretario all'Energia ha annunciato che il Regno Unito impegnerà più di 85 milioni di sterline in finanziamenti per iniziative sul clima e firmerà nuovi accordi sull’energia pulita con partner internazionali, tra cui Brasile, Stati Uniti e Paesi di tutta Europa. Il finanziamento comprende 35 milioni di sterline per proteggere la foresta amazzonica. Collaboreremo con il Brasile alla Cop 28, ha detto, e attingeremo alle nostre forze combinate per sviluppare combustibili alternativi come l’idrogeno, far avanzare le tecnologie green e guidare l’azione globale per ridurre le emissioni.
Dal negoziato arriva l’impegno “cruciale” di 118 governi nel triplicare la capacità mondiale di energia rinnovabile e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro la fine del decennio. Le due azioni da sole possono garantire l’85% delle riduzioni di combustibili fossili necessarie entro il 2030 per evitare che il pianeta superi gli 1,5 °C di anomalia. Insieme, questi due obiettivi consentirebbero profonde riduzioni di combustibili fossili in tutta l’economia e garantirebbero che la domanda di petrolio, carbone e gas non solo raggiunga il picco in questo decennio, ma veda un calo significativo. Questa dichiarazione non sottintende un accordo globale, ma apre la strada all’opportunità storica di includerlo nel testo finale.
Gli Stati Uniti hanno annunciato che ridurranno le emissioni di metano provenienti dalla loro vasta industria del petrolio e del gas dell’80% rispetto ai livelli che ci si aspetterebbero senza la regola per un totale di 58 milioni di tonnellate entro il 2038.
L'industria fossile
Nei corridoi il Financial Times ha intercettato gli umori dell’industria fossile. L'amministratore delegato della ExxonMobil, per la prima volta ad una Cop, ha detto che il vertice si concentra troppo sulle energie rinnovabili senza dare priorità all’idrogeno, ai biocarburanti e alla cattura del carbonio. I colloqui pongono troppa enfasi sull’eliminazione dei combustibili fossili, petrolio e gas, e non sulla gestione delle emissioni ad essi associate, aggiungendo che la domanda di petrolio e gas non diminuirà. La cattura e lo stoccaggio del carbonio e l’idrogeno blu sono tecnologie favorite dall’industria del petrolio e del gas in quanto consentono di utilizzare i combustibili fossili e le infrastrutture ad essi associate per un periodo più lungo durante la transizione green. La transizione non può limitarsi solo all’energia eolica, solare e ai veicoli elettrici. La cattura del carbonio avrà un ruolo importante. Sappiamo come farlo e possiamo contribuire, ha detto. Intanto però non investono il loro denaro e sperano che siano i governi a investire nella cattura e nello stoccaggio del carbonio per annullare le emissioni degli impianti di combustibili fossili. Tuttavia, l’efficacia e i costi della tecnologia sono dubbi e gli scienziati sono scettici sul suo ruolo al di fuori delle industrie pesanti che hanno poche alternative. La presenza di dirigenti dell’industria petrolifera e del gas alla conferenza è stata criticata da molti che sostengono che lo scopo della loro presenza è ritardare la transizione, fare greenwashing e non assumere impegni. 50 compagnie petrolifere e del gas hanno firmato una carta di decarbonizzazione che gli analisti hanno criticato per aver ignorato le emissioni emesse quando i clienti bruciano i combustibili.
di Toni Federico, coordinatore del Gruppo di lavoro "Energia e Clima" (Goal 7-13) dell’ASviS e del Comitato tecnico-scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Gli approfondimenti completi sono disponibili sul sito della Fondazione.
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Fonte copertina: Ansa (2023)